«Sanzione disciplinare della perdita di un anno di anzianità».  Tanto hanno chiesto i sostituti pg della Cassazione Simone Perrelli e Luigi Cuomo per il pm di Milano Paolo Storari, sottoposto a procedimento disciplinare davanti al Csm per aver consegnato, nell’aprile 2020, i verbali dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Verbali coperti da segreto e per i quali Davigo è stato condannato in appello a un anno a due mesi per rivelazione di segreto. La difesa di Storari interverrà domani, mentre la sentenza del “tribunale delle toghe” è prevista per la fine di questo mese.

«Le condotte di Storari (difeso dall’avvocato Paolo Della Sala) sono state caratterizzate da grave negligenza, imprudenza e imperizia» e «si tratta di condotte materiali provate», ha evidenziato la procura generale della Suprema Corte. Quello di Storari, secondo i pg della Cassazione, è stato un «comportamento gravemente colposo e affermare il contrario sarebbe un precedente pericolosissimo per la tutela dell'ordine giudiziario: tutte le condotte sono di assoluta gravità, hanno avuto una rilevanza mediatica senza eguali e creato un grave danno alle indagini sulla Loggia Ungheria, all'ufficio giudiziario dove lavora e alle persone menzionate dall'avvocato Amara nei verbali».

Nel processo penale Storari è stato assolto a Brescia sia in primo grado che in appello dall’accusa di rivelazione di segreto, sentenza diventata definitiva.

Intervenendo nel corso del procedimento, il pm milanese aveva spiegato la ragione delle sue azioni. Secondo il magistrato, i colleghi Fabio De Pasquale, Giuseppe Spadaro e l’allora procuratore Francesco Greco volevano «togliersi di mezzo un presidente del collegio», ovvero Marco Tremolada, che assolse tutti gli imputati del processo Eni-Nigeria. Una mazzata per i pm  De Pasquale e Spadaro (condannati in primo grado a Brescia per rifiuto d'atti d’ufficio proprio in relazione a quel processo) che, secondo Storari, avrebbero tentato di usare le dichiarazioni di Amara per screditare il collega autore di quella sentenza.

All’udienza del 5 febbraio 2020, infatti, i pm chiesero di ascoltare Amara, a conferma delle dichiarazioni di Vincenzo Armanna, ex manager della compagnia petrolifera e grande accusatore dei vertici del cane a sei zampe, suoi coimputati. Tra le richieste dell’accusa c’era anche quella di verificare eventuali interferenze degli imputati o dei loro difensori su magistrati milanesi. Il Tribunale decise di respingere l’istanza perché «dopo due anni di processo - ha spiegato Tremolada, sentito ieri dal Csm - sentire Amara su circostanze che se andavano bene erano de relato, perché c’erano anche i de relato de relato, era totalmente, per noi, irrilevante».

In quel momento, però, Tremolada non conosceva il contenuto dei verbali di Amara, che lo aveva tirato in ballo: secondo il suo racconto, infatti, il giudice era stato avvicinato dalle difese del processo, alle quali avrebbe assicurato un’assoluzione completa entro marzo 2020. Fatti per i quali Brescia - dopo aver ricevuto i verbali da Milano - aveva poi aperto un fascicolo, chiusosi con un’archiviazione. Tremolada scoprì tutto solo dai giornali. E non la prese benissimo, al contrario di quanto raccontato da De Pasquale ai giudici di Brescia. «Le lascio immaginare - ha detto testimoniando nel procedimento a carico di Storari davanti al Csm -, non ho mai fatto niente di tutto questo. E mi sono arrabbiato più che con Amara con i pm di Milano. Loro avevano la prova documentale, nel processo, che quelle dichiarazioni non potevano essere vere, anche dal punto di vista temporale: Amara aveva detto che io avrei promesso una sentenza di assoluzione entro marzo 2020, perché Descalzi ad aprile doveva essere riconfermato come amministratore Eni».

Ma ancora prima della richiesta di sentire Amara come testimone, il presidente aveva stilato un calendario d’udienza che si allungava fino al 2021. Tremolada aveva inizialmente associato l’iniziativa dei pm di Eni- Nigeria anche a chi aveva raccolto le dichiarazioni di Amara, ovvero Storari, al quale aveva parlato della Loggia nel procedimento “Falso complotto”, che seguiva con l’aggiunta Laura Pedio. «Tant’è vero – aveva aggiunto Tremolada - che ho smesso di salutarlo», pur avendolo sempre stimato, «perché io lo associavo a quelli che avevano organizzato questo, se mi passate il termine, tentativo di… non so che cosa. Certamente fuori da tutti gli schemi processuali e dimostrazione di assoluta, secondo me, incapacità professionale di comprendere che era qualcosa che non aveva riscontri nella realtà». E solo dopo avrebbe capito che il pm non era al corrente di nulla, anzi, di più: aveva negato ai colleghi l’utilizzo di quei verbali, che però hanno comunque agito. «Questi (i colleghi di Milano, ndr) mi hanno preso in giro», ha sottolineato Storari. Secondo cui, nonostante quanto messo nero su bianco dai vertici della procura, nessuna attività d’indagine era stata effettuata sulla presunta loggia Ungheria, quella descritta da Amara. Ed è stato proprio per questi sentimenti, per «il muro di gomma» di fronte al quale si è trovato, che poi ha consegnato i verbali all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, lamentando il lassismo della procura. A lui si era affidato, consapevole di doversi rivolgere all’allora Palazzo dei Marescialli, ha spiegato. E fu l’ex pm di Mani Pulite, che non conosceva personalmente, a rassicurarlo. «Davigo mi ha detto: “ci penso io, li porto al comitato di presidenza”. Ed io che faccio, non gli credo?», ha spiegato Storari.

Pedio aveva, tra le altre cose, inserito le intercettazioni effettuate, nell’ambito dell’inchiesta “Falso complotto”, a carico di Denis Verdini - indicato da Amara come affiliato alla loggia - tra le indagini svolte in per appurare la veridicità del racconto su Ungheria. Ma la violazione della legge Anselmi, ha sottolineato il pm, non è un reato che consente di fare intercettazioni. «Ma secondo voi, se intercetto per il reato A posso usare le intercettazioni per il reato B, che non consente le intercettazioni?», ha chiesto retoricamente Storari. «Loro oggi vi vengono a raccontare che erano fatte per un’altra cosa, ma non è vero e ve lo dimostro», ha aggiunto.

«Vi hanno preso in giro, stanno prendendo in giro la gente. Ed io questo lo devo dire e lo dirò fino alla fine», ha proseguito. «Fino a febbraio i miei rapporti con Greco e Pedio erano ottimi. Ero amico di Laura, Greco per me era un Cristo in terra. Per cui le mie sollecitazioni a fare qualcosa rientrano nell’assoluta normalità. Quando inizio a capire che c’è qualcosa che non va? Con la vicenda Tremolada», ha sottolineato. «Io e Pedio diamo i verbali di Amara a De Pasquale e Spadaro, salvo le parti su Tremolada», che andavano omissate. Ma ad un certo punto «De Pasquale, Spadaro e Greco si vogliono togliere di mezzo un presidente del collegio. E Amara avrebbe dovuto rispondere alla seguente domanda: lei sa di interferenze sul collegio? E Amara, in mondovisione, perché parliamo del processo a Descalzi, avrebbe detto quanto segue: sapete cosa c’è, io sono a conoscenza che il presidente Tremolada è stato avvicinato da due avvocati per aggiustarsi il processo. Circostanza palesemente falsa. E secondo voi Tremolada cosa faceva in quel momento? Si alza e se ne va, essendo stato infangato coram populo. Su che cosa? Sul nulla - ha aggiunto -. Tutta questa operazione viene fatta per togliersi di mezzo un giudice sgradito e a mia insaputa tradendo pacificamente un accordo. Questo avete agli atti».