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L’ex renziano escluso dice: i dem hanno rinnegato il garantismo E la senatrice prima rifiuta, poi reagisce: «Uno schiaffo ma mi batterò»
Clima tesissimo in casa Pd dopo la direzione che fissa le candidature per la prossima legislatura.
La bufera esplode non appena Luca Lotti, ex braccio destro di Renzi, viene a sapere di non essere nei piani del segretario dem, Enrico Letta. «è una scelta politica, il Pd ha abbandonato il garantismo».
Ma è nulla in confronto alla reazione della senatrice uscente Monica Cirinnà che prima rifiuta un collegio “perdente”, e poi decide di accettare ma non senza sparare bordate: «Io presa a schiaffi, ma ho deciso di lottare».
Il Nazareno ha preferito blindare i vari Fratoianni, Casini, Di Maio e Crisanti
La Notte dei lunghi coltelli nella politica italiana non è un evento unico ma una specie di appuntamento fisso. Ce ne sono state tante, a sinistra come a destra: una per ogni tornata elettorale, per ogni composizione delle liste. Stavolta nei corridoi e nelle stanze del Nazareno il bagno di sangue non poteva che essere più copioso del solito: per il taglio dei parlamentari, per i pronostici che profetizzano per il Pd un bottino da carestia, per la voracità delle formazioni alleate, che di voti ne portano pochi o pochissimi ma di posti ne hanno reclamati una quantità. Le aspettative non sono state deluse. Di teste nobili ne sono rotolate eccome, i malumori nel partito di Letta crescono in misura esponenziale, la partita del segretario diventa ogni giorno di più una di quelle in cui ci si gioca il tutto per tutto. Se i risultati elettorali saranno al di sotto delle pur già grame previsioni il conto gli verrà presentato subito e sarà molto salato.
Comprenderà un biglietto di sola andata per la sua Parigi, stavolta senza ritorno.
Per azzardare un'analisi precisa su quale logica abbia guidato la divisione tra i sommersi e i salvati probabilmente è presto, non essendo il quadro ancora noto nei particolari e in alcuni dettagli più che significativi. Un primo esame tuttavia s'impone. Monica Cirinnà, che ha deciso di correre comunque, è tra le vittime eccellenti: niente collegio blindato per lei. Il Pd si gioca molto sull'immagine del “partito dei diritti” della quale la parlamentare romana si era imposta come principale testimonial. È vero che rimane piazzato con rielezione sicura Zan, padre dell'omonima legge, notoriamente malscritta per restare nell'understatement, approdato al Pd dopo una serie vorticosa di giri di valzer tra una lista e l'altra. Ma l'esclusione resta difficilmente spiegabile: è possibile che abbiano pesato quei 25mila euro ritrovati nella cuccia del cane, dei quali pochi giorni fa la senatrice uscente aveva chiesto invano la restituzione. Ma il sacrificio della bandiera dei diritti lgbt rimane lo stesso un enigma.
Anche meno spiegabile la scelta di mettere alla porta il costituzionalista numero uno del partito Ceccanti, passando il suo seggio semisicuro di Pisa al segretario di Si Fratoianni. In una legislatura nella quale le riforme istituzionali saranno il fronte più rovente privarsi del principale esperto in materia non sembra un'idea astuta. Tanto più che proprio l'esigenza di coprire quel fronte nevralgico giustifica, secondo Letta, la decisione di regalare Bologna a Pier Casini, parlamentare da troppe legislature per tenerne il conto: si fa prima con gli anni che vanno per i 40 tondi. Senza nulla togliere all'autorevolezza del Pier, la competenza, quando si tratterà di entrare nel labirinto delle regole costituzionali, non è quella di un tecnico, che al Pd sarebbe invece più che mai necessaria.
Nessun dubbio invece sui motivi che hanno portato alla esclusione di Luca Lotti: ex renziano, capo della minoranza di Base riformista.
Meglio perderlo che trovarlo e a Letta probabilmente scappa da ridere quando assicura che non si è trattato di una decisione politica. La cose sono più complesse quando si passa al rapporto con la sinistra.
Letta, dopo le sparate iniziali sull' “agenda Draghi” ha cercato di connotare il Pd orientandolo maggiormente a sinistra e la stessa candidatura Fratoianni in uno dei collegi più sicuri va in questa direzione e in realtà anche l'ingresso a sorpresa del virologo Crisanti nella circoscrizione Esteri piacerà alla base più di sinistra. Allo stesso tempo, però, il segretario mette in campo in postazione chiave, come capolista in Lombardia, Cottarelli, segnale che va in direzione invece opposta e non è chiara la sorte di una esponente di punta della sinistra come Giuditta Pini, la cui defenestrazione risulterebbe clamorosa comunque ma tanto più se al suo posto a Modena dovesse essere candidato Luigi Di Maio.
Nel complesso Letta sembra essersi fatto guidare in parte da considerazioni di potere interno, come era inevitabile dopo che negli ultimi 4 anni il Pd aveva scontato quotidianamente lo scarso controllo su gruppi parlamentari selezionati, soprattutto al Senato, da Renzi. Ma anche da quella volontà di non scegliere mettendo in campo tutto e il suo contrario che distingue da sempre il Pd e che, scambiato per elemento di forza, ne costituisce invece la massima debolezza.