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Carlo Nordio, ministro della Giustizia
Tutte le correnti della magistratura si compattano contro la decisione del ministro della Giustizia Carlo Nordio di avviare un’azione disciplinare nei confronti dei giudici milanesi che avevano concesso i domiciliari ad Artem Uss. In parallelo alla dura nota con cui mercoledì sera l’Anm ha evocato rischi per la stessa «democrazia», si registra la mobilitazione dei singoli gruppi associativi. Ieri è arrivato un documento anche da parte di Magistratura indipendente: «L’azione disciplinare non è e non deve essere uno strumento per criticare e mettere in discussione il merito dei provvedimenti giudiziari, che può e deve essere contestato soltanto con gli ordinari strumenti di impugnazione che il nostro ordinamento prevede», ribadisce la corrente moderata. «Il confine tra azione disciplinare e merito non è un mero cavillo, ma un imprescindibile paletto a difesa della giurisdizione», e le ulteriori informazioni che «si traggono dall’intervento del ministro della Giustizia dinanzi alla Camera purtroppo non ci rassicurano sul fatto che questo confine non venga nuovamente valicato.
Comprendiamo», aggiunge il gruppo guidato da Angelo Piraino, «lo sconforto dei colleghi milanesi che si sono trovati al centro di questa spiacevole vicenda per aver esercitato le loro funzioni».
Poco prima era arrivata la nota di Unicost: «Desta forte preoccupazione l’iniziativa disciplinare del ministro della Giustizia», premette la corrente presieduta da Rossella Marro, «l’atto di incolpazione, che ritiene il provvedimento frutto di una “grave ed inescusabile negligenza”, ricalca nella sostanza il contenuto di un atto giudiziario di impugnazione e rappresenta un’inedita forma di ingerenza nell’attività di interpretazione di norme di diritto».
Da qui un clamoroso appello ai magistrati distaccati come fuori ruolo a via Arenula: «L’iniziativa, gravemente lesiva del principio costituzionale di autonomia e indipendenza, non può lasciare indifferenti tutti i magistrati, compresi quelli che ricoprono ruoli di collaborazione all’interno del ministero, che auspichiamo assumano posizioni di netta contrarietà rispetto alla stessa, con tutte le determinazioni conseguenti».
Nella giornata precedente si era fatta sentire Magistratura democratica, secondo cui l’iniziativa del ministro «non può che destare sconcerto e viva preoccupazione, rappresentando una inedita, non consentita e pericolosa interferenza nell’esercizio della giurisdizione». Secondo la corrente “di sinistra” capitanata da Stefano Musolino, «non è prerogativa del ministro entrare nel merito di una decisione pacificamente inserita nei binari della fisiologia giudiziaria, e anzi pregevolmente motivata nel segno del bilanciamento tra esigenze cautelari e principi di garanzia. Piuttosto, il ministero farebbe bene a chiedersi cosa non ha funzionato nel meccanismo di controllo elettronico, la cui applicazione è proprio funzionale a impedire l’evasione del detenuto».
Molto duramente si era espresso anche il segretario di Area Dg, Eugenio Albamonte: quello di Nordio «è un esercizio dell’azione disciplinare a furor di popolo, anzi di governo, che crea un precedente molto grave in termini di invadenza del potere esecutivo sull’autonomia e indipendenza della giurisdizione». E rappresenta anche «un modo per scaricare sugli altri le proprie responsabilità». Ma particolarmente severa, come detto, era stata la stessa giunta dell’Anm, che mercoledì sera aveva espresso «forte e viva preoccupazione» per quella che è stata letta come una «inaccettabile intromissione sul sindacato interpretativo delle norme e sulla valutazione degli elementi di fatto, che non possono essere oggetto di azione disciplinare, se non a costo di minare autonomia e l’indipendenza dei giudici».
Infine anche per tutti i rappresentanti di ArticoloCentouno al direttivo dell’Anm l’azione disciplinare di Nordio «è semplicemente estranea ai binari costituzionali, tanto più che proviene da chi poteva chiedere un aggravamento del regime cautelare e non l’ha fatto». Secondo Andrea Reale e colleghi «è un precedente allarmante, che mette a rischio le prerogative della giurisdizione e, con esse, le libertà di tutti. La speranza è che il ministro torni sui suoi passi, ma l’Anm ha il dovere di attivarsi a supporto dei colleghi e della giurisdizione, oltre che con la scontata solidarietà verbale, con efficaci iniziative concrete».