Otto condanne e un’assoluzione per la strage ferroviaria di Pioltello del 25 gennaio 2018, in cui morirono tre donne e un altro centinaio di passeggeri rimasero feriti. Il tribunale di Milano ha assolto i manager di Rete Ferroviaria Italiana, Maurizio Gentile (ex ad), Umberto Lebruto e Vincenzo Macello, dalle accuse di omicidio e lesioni colpose. Per il disastro ferroviario è stato condannato a 5 anni e 3 mesi solo Marco Albanesi, responsabile dell’Unità manutentiva di Brescia.
Le assoluzioni dei manager ed ex manager di Rfi sono arrivate per non aver commesso il fatto. Le giudici della quinta penale hanno dichiarato invece il non doversi procedere per difetto o remissione di querela sulle imputazioni di lesioni e omicidio colposi, perché, dopo aver escluso l'aggravante della violazione delle norme per la prevenzione e gli infortuni sul lavoro, i reati non sarebbero più stati procedibili d'ufficio. Dalle accuse di rimozione e omissione dolose di cautele contro gli infortuni sul lavoro sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste.

Assolti anche i tecnici Andrea Guerini, Moreno Bucciantini, Ivo e Rebai e Marco Gallini. All'unico condannato per disastro, omicidio e lesioni colpose, il tecnico Marco Albanesi, sono state concesse le attenuanti generiche ed è stato interdetto dai pubblici uffici per 5 anni e condannato a risarcire 47 parti civili in solido con Rfi, assolta dagli illeciti amministrativi ma ritenuta la responsabile civile. 

I pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, coordinati dalla procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano, avevano chiesto di condannare Gentile e Lebruto a 8 anni e 4 mesi di reclusione. Sette anni e 10 mesi per Macello mentre 6 anni e 10 mesi per Guerini e Albanesi). Gli stessi rappresentanti della pubblica accusa avevano già sollecitato l'assoluzione per Moreno Bucciatini, l'allora capo del reparto programmazione e controllo dell'unità territoriale linee sud di Rfi, Ivo Rebai, ex responsabile della struttura operativa ingegneria della Dtp di Milano e Marco Gallini, all'epoca dirigente della struttura organizzativa di Rfi - servizi per i rotabili e per la diagnostica.

La assoluzioni, si legge in una nota del Tribunale di Milano firmata dal presidente Fabio Roia, “si sono fondate sull'assenza di prova in ordine alla realizzazione di condotte commissive od omissive ad essi rimproverabili, in considerazione dei rispettivi ruoli ricoperti all'interno dell'assetto organizzativo di Rete Ferroviaria Italiana, nonché degli effettivi flussi informativi circa l'ammaloramento del giunto e l'inadeguatezza della manutenzione che ne ha determinato la rottura la mattina del 25 gennaio 2018”, provocando il deragliamento del treno regionale. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. All’unico condannato, invece, viene contestata “la colposa sottovalutazione del rischio, a lui noto, di rottura del giunto isolante incollato ammalorato, all'altezza del Km 13+400, lungo la linea Dd, binario pari, Milano/Venezia”. 

Per l’avvocata Ambra Giovene, che insieme al professore Ennio Amodio difendeva l'ex ad Maurizio Gentile, l'allora direttore della direzione produzione Umberto Lebruto e la società Rfi, tutti assolti, è stata una «sentenza sorprendente rispetto a quella che è stata una scelta da parte del Tribunale che denota una totale indipendenza di giudizio rispetto alla procura che come sapete si è battuta per questo processo fin dal primo giorno individuando subito dei responsabili, partendo dai vertici. Quella del Tribunale è una scelta giusta che ci entusiasma perché, da certo un punto di vista, è un'inversione di tendenza rispetto a tanti altri processi, anche in campo ferroviario».

«Non mi ha detto nulla di particolare, era evidentemente amareggiato», ha dichiarato l'avvocato Giuseppe Alamia parlando della reazione del suo assistito Marco Albanesi. «Fa parte della vita processuale, leggeremo le motivazioni e prepareremo l'appello. Siamo convinti di avere ancora molto da argomentare», ha aggiunto il legale.