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Un bambino rinchiuso in carcere e al freddo. Non funziona il riscaldamento della sezione femminile del carcere “La Dozza” di Bologna dove c’è anche un bambino piccolo dietro le sbarre. A denunciare l’accaduto è Antonio Ianniello, il garante per i diritti delle persone private della libertà del Comune, esprimendo “seria preoccupazione”. In questo contesto, preoccupa, in particolare, l'incidenza che l'esposizione prolungata al freddo può avere sulle condizioni di salute del bambino presente al seguito della madre. Una situazione insostenibile dato l’imperversare delle basse temperature nella città con gelate nelle ore notturne a al primo mattino. Sul tema è stata inviata una nota alla direzione della Casa circondariale e per conoscenza anche al provveditorato dell'Amministrazione penitenziaria Emilia- Romagna e Marche. ' L'auspicio è che, anche al fine di evitare eventuali situazioni di tensione, possano realizzarsi tempestivi interventi tecnici per la risoluzione delle criticità in essere', denuncia il garante visto che il mancato riscaldamento interessa non solo la sezione femminile dove c’è anche il bambino, ma anche alcune celle della sezione maschile dell’alta sicurezza.
Parliamo di un carcere particolare dove oggi si affollano 800 persone contro una capienza di 500. Nella sola sezione femminile, dove non funziona il riscaldamento, ci sono 80 donne. Ad ovviare al problema, invece di ragionare sul ricorso alla custodia cautelare o imporre pene alternative almeno per le condanne più lievi, sono in programma i lavori per costruire un nuovo padiglione da 200 posti. Quindi la soluzione è ancora, sempre, ampliare le carceri e costruirne di nuove. Così come appunto il mancato ricorso ai domiciliari, o strutture alternative come le case famiglia, per evitare che un bambino viva recluso.
Dopo la vicenda di Rebibbia in cui una madre detenuta ha causato la morte dei suoi bambini, era tornata alla ribalta il tema di mamme e figli in carcere: come e dove vivono i piccoli, cosa succede tra le sbarre, dove vanno ' dopo' e perché vivono in carcere? Tanti articoli di giornale, convegni, promesse, poi si ritorna nel silenzio, in attesa di qualche notizia di cronaca. Sono 12 gli istituti carcerari italiani che ospitano i piccoli - alcuni con veri nidi, cioè spazi attrezzati ad hoc - e in cinque casi si stratta di Icam ( Istituti a Custodia attenuata per detenute Madri), cioè carceri più simili a case che a luoghi di detenzione, anche se rientrante sempre nel perimetro penitenziario e uno di loro, ovvero a Cagliari, non è nemmeno aperto. C’è anche il caso di Firenze, dove l'amministrazione penitenziaria non ha proprio avviato l'apertura dell’Icam nonostante fosse stata individuata la struttura già nel lontano 2010 e con tanto di 400mila euro stanziati dalla regione toscana. A riferirlo è l'esponente del Partito Radicale Massimo Lensi, fondatore dell'Associazione Progetto Firenze. ' C'è solo l'immobile in via Fanfani della Madonnina del Grappa – ha spiegato Lensi - in uno stato fatiscente, mai utilizzato'. Ora c’è una mozione presentata dal gruppo “Sì Toscana a Sinistra”, dal titolo “Madri in carcere con minori”. Il documento, in caso di approvazione, impegnerebbe la giunta regionale a intervenire, nell’ambito delle proprie competenze, affinché si proceda, entro tempi certi e senza nuovi ritardi, alla ristrutturazione dell’edificio di via Fanfani già destinato ad ospitare l’Icam a Firenze. Ma, per ora, sono ancora una trentina i bambini che sono proprio dentro il carcere. Qualcuno di loro, anche a morire di freddo.