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Non ce n’è una che vada bene e non una critica che non fosse ampiamente prevista: il debito sale e salirà, lo spread è troppo alto, la riforma delle pensioni è in retromarcia, il Prodotto interno lordo è fermo, e nel 2020 sfonderemo il tetto del 3% sul deficit. Perdipiù le misure prese, il reddito di cittadinanza e quota 100, più l’ipotesi di una flat tax senza coperture ma con un ulteriore sfondamento dei conti è quanto di peggio la Commissione Europea si aspettava.
E’ così che dal penultimatum siamo passati all’ultimatum al governo Conte: la regola del debito «non è stata rispettata» nel 2018, nel 2019 e non lo sarà nel 2020, e quindi «è giustificata» una procedura per debito eccessivo. Più che uno schiaffo è la durissima legge dei numeri di fronte ai quali non si può mentire. E pesa moltissimo anche lo scarto tra quanto era stato promesso e quanto viene realizzato, che la Commissione sottolinea malignamente. Dunque gli spazi di manovra per Tria sono miseri, e il vicolo cieco che ha di fronte alimenta i rumors che vanno dal prom oveatur ut amoveatur come commissario Ue, fino alle sue dimissioni da ministro, schiacciato dalla sordità dei vicepremier.
L’unica buona notizia, si fa per dire, è che la procedura «è giustificata, ma non stiamo aprendo la procedura oggi, perché prima devono esprimersi gli Stati membri», ha spiegato Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione. Il collegio ha adottato relazioni ex articolo 126.3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea «nei confronti di Belgio, Francia, Italia e Cipro, in cui esamina la conformità` di questi paesi con i criteri relativi al disavanzo e al debito previsti dal trattato».
Il problema è che l’Italia è in cima alla lista nera. Dombrovskis insiste: per l'Italia esiste un «cammino per la ripresa, altri lo hanno già intrapreso», cammino che prevede di «non spendere quando non c'è spazio per farlo». Avvertimento diretto a Salvini e Di Maio paladini delle spese in deficit, il primo, e dell’utilizzo del miliardo non utilizzato per il reddito di cittadinanza, il secondo, per finanziare altre spese invece che ridurre il deficit. «L'Italia deve riconsiderare la sua traiettoria di bilancio e metterla chiaramente su un percorso di discesa, perché quello attuale ha creato danni all'Italia: la crescita va giù, è quasi al palo, gli interessi sul debito salgono e c'è un impatto negativo sugli investimenti». la retromarcia delle riforme pro- crescita del passato, come quella delle pensioni, e il deficit proiettato oltre il 3% nel 2020, rappresentano «fattori aggravanti».
Per tutto ciò la Commissione scrive: «Il debito italiano resta una grande fonte di vulnerabilità per l'economia» e «le nuove misure e il trend demografico avverso capovolgono in parte gli effetti positivi delle riforme pensionistiche del passato e indeboliscono la sostenibilità a lungo termine» delle finanze, danneggiata anche dall'aumento dei tassi d'interesse dei titoli di Stato osservato nel 2018 e 2019. L’ultima critica di Bruxelles, e non certo la meno importante, è la nostra inadeguatezza delle competenze nel settore pubblico che limita le capacità di valutare, selezionare e gestire i progetti d'investimento. «Questo mina anche l'assorbimento dei fondi Ue, dove l'Italia è in ritardo rispetto alla media dell'Unione. La qualità più bassa della governance nel Sud Italia limita seriamente la sua spesa e la sua capacità di elaborare politiche». La Pubblica amministrazione è debole «soprattutto a livello locale», la «complessità delle procedure, la sovrapposizione di responsabilità e la cattiva gestione del pubblico impiego» ci frenano.
Il carico da undici ce lo mettono i tedeschi: il commissario tedesco Ue, Guenther Oettinger, critica l'intervento esitante della Commissione: «Avremmo dovuto intervenire prima in alcuni paesi dell'Eurozona perché il nuovo indebitamento è aumentato troppo. Ora per l'Italia è troppo tardi». «Abbiamo rinviato i procedimenti con i Primi Ministri europeisti Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, perché le elezioni erano pendenti». Adesso basta regali, visto che l’Italia va anche peggio. Il ministro delle Finanze Scholz è più dialogante: «Il dialogo è stato nel corso dell'ultimo anno la strada giusta. Lo sarà di nuovo».
Mentre Moscovici incoraggia: «Siamo pronti a ulteriori scambi sui dati, se le autorità italiane lo desiderano». L’ 11 giugno il prossimo confronto con Bruxelles. La Commissione, di fronte a risposte non soddisfacenti di Conte e Tria, consiglierebbe una manovra aggiuntiva da 3,6 miliardi per evitare la procedura d’infrazione e ed evitare di finire poi il 9 luglio sotto leforche caudine davanti all’Ecofin, la riunione dei ministri delle finanze. Mai un Paese, fino ad oggi, è stato sanzionato per sfondamento dei conti e mancato rispetto della regola del debito finendo sotto una sorveglianza rafforzata, con l’alito sul collo di Bruxelles e del Fondo monetario.