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FULVIO GIGLIOTTI DIRETTORE UFFICIO STUDI CSM
Escluso senza un perché. È quanto accaduto all’avvocato calabrese Fulvio Gigliotti, ordinario di diritto privato presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro ed ex componente del Csm, noto per essere stato l’estensore della sentenza disciplinare che ha disposto la radiazione dalla magistratura dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara.
Tutto nasce dall’attuazione della riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario che ha modificato la composizione dell’Ufficio studi del Csm, prevedendo che vi possano essere assegnati fino a dodici componenti esterni, selezionati attraverso una procedura di valutazione dei titoli e un colloquio, aperta non solo a magistrati ma a professori e ricercatori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno dieci anni di esercizio.
Per procedere alla selezione, la legge ha disposto la costituzione di una Commissione tecnica di cinque membri, due magistrati di legittimità e tre professori ordinari in materie giuridiche, individuati dal Comitato di Presidenza del Csm. Riguardo l’individuazione dei tre docenti, il Csm, seguendo le circolari in materia, si è affidava allora ad un interpello pubblico, pubblicato anche sul portale web del Consiglio, nel quale veniva specificato che, oltre alle competenze specifiche, sarebbero state valutate pregresse esperienze ordinamentali, come l’aver fatto parte di Consigli giudiziari, Consiglio direttivo della Cassazione o della Scuola superiore della magistratura, o di aver svolto docenze per il Csm o per la stessa Ssm. Dopo la valutazione dei titoli era poi previsto un colloquio.
Gigliotti, forte del suo cv, essendo stato componente del Consiglio giudiziario di Catanzaro e componente laico del Csm dove aveva ricoperto anche il ruolo di direttore dell’Ufficio studi, pensava che la strada per far parte della Commissione tecnica fosse tutta in discesa. Non avendo però ricevuto notizie relative allo sviluppo della procedura, l’ex componente del Csm ha deciso di richiedere informazioni al Comitato di presidenza precisando - nell’ipotesi che si fosse già conclusa la procedura con l’individuazione dei tre docenti - di «assegnare alla richiesta anche valore di formale istanza di accesso agli atti». Dal Comitato di presidenza, composto dal vice presidente del Csm, dal Primo presidente e dal Procuratore generale della Cassazione, arrivava una doccia fredda. Dopo deliberato il “non luogo a provvedere”, asserendo una pretesa mancanza di motivazione della richiesta, il Comitato di presidenza comunicava infatti che aveva già individuato i componenti laici della Commissione tecnica. Essendo rimasta sostanzialmente inevasa l’istanza di accesso agli atti, Gigliotti ha reiterato la richiesta.
Ma ancora una volta, tuttavia, il Comitato di presidenza gli ha negato l’accesso, deliberando il “non luogo a provvedere”, questa volta con la motivazione che l’accesso non sarebbe consentito “trattandosi di procedura non ancora definita”, anche se la scelta era stata effettuata. A Gigliotti non rimaneva che segnalare la vicenda al capo dello Stato Sergio Mattarella, presidente del Csm, riservandosi di denunciare l’accaduto nelle competenti sedi giudiziarie sull’illegittimo diniego opposto. Il regolamento del Csm è dalla parte di Gigliotti. «Contro ogni diniego, anche parziale, di autorizzazione è ammesso reclamo al Consiglio che delibera entro trenta giorni», sottolinea il professore calabrese, chiedendo la scorsa settimana che «il Consiglio voglia comunque deliberare, in riforma dell’illegittimo diniego opposto dal Comitato di Presidenza, il rilascio degli atti richiesti, in quanto necessari per la compiuta tutela giudiziale dei propri interessi».