Un ufficio di procura non più «ripiegato su se stesso», ma aperto all’esterno, soprattutto all’avvocatura. È questo uno dei punti che i togati del Consiglio superiore della magistratura, dove mercoledì prossimo si attende il voto sulla nuova circolare che regola la vita degli uffici, tengono a sottolineare con un doppio tratto di penna, in un periodo in cui il rapporto tra le due parti è carico di tensione per via della riforma sulla separazione delle carriere.

La circolare rimarca ciò che già la legge primaria, almeno in linea di principio, prevede: l’obbligo, per il pubblico ministero, di cercare elementi anche a favore della difesa. Un punto che è stato evidenziato più volte durante la discussione di mercoledì scorso, quando il voto è sfumato per mancanza del numero legale, e che per quanto scontato è stato ribadito con uno scopo ben preciso: sottolineare il ruolo di parte pubblica dell’accusa, necessariamente diverso da quello dell’avvocato, che invece rappresenta un interesse privato senza l’onere di presentare prove che incriminano l’assistito.

Il concetto rappresenta uno snodo fondamentale nella battaglia delle toghe contro la riforma, che nella sua filosofia di base mira a stabilire un rapporto di eguaglianza tra le due parti del processo nel rapporto con il giudice terzo ed imparziale. Proprio per tale motivo è apparsa strategica la volontà di rimarcare questo aspetto. L’obbligo di cercare prove a discarico, ha infatti spiegato il togato Marco Bisogni, uno dei relatori della pratica, è un modo per rivendicare «la peculiarità del ruolo del pubblico ministero, che è un soggetto che si colloca fermamente all’interno della giurisdizione, con delle peculiarità e delle caratteristiche lo distinguono in maniera chiara e netta dalla parte privata e questo la circolare lo rivendica con forza».

Il riferimento all’interlocuzione funzionale, tempestiva e trasparente con i difensori e con l’utenza, si legge nella circolare, risponde dunque «all’esigenza di propugnare una visione ad ampio spettro della procura della Repubblica, quale ufficio che, non più ripiegato su se stesso, volga lo sguardo all’esterno, ed in particolare alla classe forense e ai cittadini, a cui occorre assicurare un approccio comunicativo adeguato alla primaria rilevanza dei diritti, dei valori e degli interessi che vengono in gioco nell’esercizio della funzione requirente».

La novità più importante di questa circolare deriva direttamente dalla riforma Cartabia, con la scelta di estendere alle procure il procedimento tabellare previsto prima solo per gli uffici giudicanti. Stando alla nuova circolare, i progetti organizzativi devono essere elaborati nell’ambito di un procedimento a cui partecipano tutti i magistrati dell’ufficio con i contributi anche del presidente del tribunale e del consiglio dell’ordine degli avvocati, progetti soggetti all’esame, unitamente alle relative osservazioni, del consiglio giudiziario e che devono poi essere approvati dal Csm.

Il riferimento alla difesa parte sin dall’articolo 1, con il richiamo ai «principi del rispetto dei termini di durata delle indagini preliminari, della loro completezza, anche con riferimento alla ricerca degli elementi a favore della persona sottoposta alle indagini e della necessità di calibrarle sullo standard probatorio della ragionevole previsione di condanna». Un obbligo accentuato dalla riforma Cartabia e, in particolare, al più stringente criterio «cui deve protendere la prognosi sottesa all’esercizio dell’azione penale, individuato nella “ragionevole previsione di condanna” che tiene luogo del più tenue criterio previgente della sostenibilità dell’accusa in giudizio». Un modo per mettere in risalto «l’approccio giurisdizionale entro cui va incanalata la funzione requirente, tanto più all’indomani del solco tracciato dalla già citata c. d. Riforma Cartabia», appunto.

Una volta redatto il progetto, il procuratore ne dà comunicazione ai sostituti, al presidente del Tribunale, al procuratore generale della Corte d’Appello nonché al presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, momento che innesca un secondo segmento procedimentale nel quale possono trovare spazio le osservazioni dei magistrati. Il progetto viene poi trasmesso al Consiglio giudiziario, che dovrà dare un parere. In seno al Consiglio giudiziario, dunque, anche gli avvocati possono fare rilievi sull’adeguatezza del documento. Un procedimento partecipato sul quale i magistrati della settima commissione puntano molto.

«Abbiamo posto l’attenzione sulla necessità del dialogo costante e fluido con l’avvocatura e con i singoli avvocati - ha sottolineato in plenum Roberto Fontana, altro relatore, oltre a Bisogni, insieme a Eligio Paolini e Maurizio Carbone della pratica) -, anche di questo ci si deve far carico nel progetto organizzativo. Tutte cose scontate, ma enunciarle in una circolare, a mio avviso, ha un significato che non è solo di rafforzamento, ma anche di veicolazione di un modello di magistrato, perché enunciando queste regole si delinea e si rafforza un modello di magistrato che, a mio avviso, è il modello di magistrato e di pubblico ministero che si iscrive pienamente in quella che è la prospettiva costituzionale».

Passaggi, ha aggiunto Fontana, che «si caricano di significati nella prospettiva di uffici che non sono rinchiusi su se stessi in maniera autoreferenziale e hanno una capacità di concepire la propria funzionalità, l’efficienza e l’efficacia nella prospettiva esterna dei destinatari del servizio giustizia - ha sottolineato -. In questa prospettiva si dialoga, per quelle che sono le ricadute organizzative, con chi rappresenta l’organo giudicante, il presidente del Tribunale, si dialoga con l’avvocatura, si dialoga con la procura generale».

Dunque sto agli uffici giudiziari intesi come «monadi» : le procure «non devono essere un corpo avulso dal contesto sociale, ma sono chiamate ad assolvere una funzione sociale fondamentale, che è quella di rispondere alle aspettative dei cittadini sapendo coniugare razionalità, pacatezza, equilibrio della risposta giudiziaria, approfondimento scientifico con il rispetto dei tempi e la consapevolezza della centralità del tempo nella vita delle persone».