Torna in appello il processo a Alex Cotoia, il giovane che, a soli 18 anni, il 30 aprile 2020, uccise il padre Giuseppe Pompa con 34 coltellate inferte con sei coltelli diversi. La Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati Claudio Strata ed Enrico Grosso, nonché del procuratore generale Marco Dall’Olio, che in aula ha chiesto di rifare il processo d’appello criticando le motivazioni della condanna. «La Corte d’Assise d’Appello di Torino sostiene, in sintesi, che se si danno 34 coltellate, non c’è legittima difesa. Lo comprendo, ma non lo condivido.

Manca una ricostruzione del contesto. Il fatto è di per sé semplice, ma è complesso per una serie di ragioni. L’imputato è stato assolto in primo grado perché il fatto non costituisce reato, poi in secondo grado è stato condannato a una pena contenuta ( sei anni, due mesi e 20 giorni, ndr). Un ribaltamento eclatante.

Il giudice di primo grado ritiene del tutto attendibili le testimonianze della madre e del fratello di Alex, il secondo non li giudica attendibili e chiede anche la trasmissione degli atti per falsa testimonianza. La motivazione della sentenza d’Appello dovrebbe essere rafforzata, invece in questo caso ha un unico intento demolitorio nei confronti della prima», ha detto il pg.

Per l’avvocato Strata, «fu legittima difesa. L’imputato non è un vendicatore. Siamo riusciti a ricostruire cosa succedeva in quella casa dal 5 aprile 2016: ci furono più di 200 liti. Quella sera non c’era la solita routine ampiamente governabile, come dice la Corte d’appello, ma in quella casa era scoppiata una bomba atomica. Era una serata fuori scala».