«L’ufficio del giudice di pace di Trieste rischia, con una scopertura del personale amministrativo che ha ormai superato il 50%, di andare totalmente in paralisi». Lo afferma il presidente degli avvocati di Trieste e vicepresidente dell’Unione triveneta degli avvocati del Nordest Alessandro Cuccagna, in vista della assemblea dei legali di Friuli - Venezia Giulia, Veneto e Trentino - Alto Adige che si è tenuta ieri presso la Sala degli Incanti Riva Nazario Sauro a Trieste.

«Dopo che la competenza per valore del giudice di pace è stata innalzata lo scorso anno e aumenterà ulteriormente nel 2025, a Trieste si rischia, con una scopertura del personale amministrativo che ha ormai superato il 50%, di andare totalmente in paralisi – spiega Alessandro Cuccagna - Ci sono carenze di personale giudicante, amministrativo e di risorse strumentali considerato che il processo telematico, in questo ufficio, è ancora molto in fieri, nonostante le previsioni ottimistiche del ministero. Ricordo i dati resi noti alla inaugurazione dell’anno giudiziario. Nel settore civile si sono registrati importanti incrementi nelle iscrizioni: + 68% nel contenzioso ordinario (607 iscrizioni attuali contro le 362 del periodo pregresso); + 25% nei procedimenti monitori (973 contro 776); + 333% nei procedimenti speciali (10 contro 3)».

Preoccupante anche la situazione del tribunale. «Il personale in servizio al tribunale continua ad andare in pensione e, se è vero che ci sono state assunzioni realizzate con il Pnrr, è anche vero che, se questi ultimi decidessero di fare un concorso per altri rami della pubblica amministrazione e non venissero riconfermati, ci troveremo in una situazione ben più grave di quella attuale. Esiste – spiega Cuccagna - una forbice molto ampia nei livelli retributivi tra chi lavora presso il ministero della Giustizia e chi lavora, ad esempio, alla Agenzia delle entrate che è una delle più gettonate. Il rischio è che i molti concorsi pubblici economicamente appetibili, possano richiamare il personale in forza al tribunale favorendo uno svuotamento degli uffici del foro Ulpiano».

Capitolo a parte, il carcere, dopo la rivolta dello scorso 11 luglio e la denuncia delle inaccettabili condizioni igieniche in cui versa la casa circondariale per la presenza, tra l’altro, di cimici. «Come avvocati siamo molto preoccupati per il sovraffollamento della struttura e riteniamo che anche le nuove misure recentemente adottate dal governo non siano idonee a risolvere il problema. Ormai, ma il dato accomuna molte altre strutture, la capienza è stata superata del 100%. Il 40% della popolazione carceraria del Coroneo è rappresentata da detenuti in attesa di giudizio – sottolinea Cuccagna - ed elevato è il numero di soggetti che scontano pene detentive relativamente brevi, al di sotto dei 4 anni. Bisognerebbe pensare per loro, tout court, a misure diverse dalla carcerazione, o almeno fare in modo che quelle già esistenti e previste dalla riforma Cartabia vengano applicate dai tribunali. Ma ci si scontra con la carenza di personale dell’Ufficio esecuzione penale esterna (UEPE)».

Sul fronte della professione il presidente denuncia infine la situazione insostenibile del patrocinio a spese dello Stato. «All’atto pratico gli avvocati attendono il pagamento dei compensi loro riconosciuti, con un arretrato di molti anni. Parliamo di un “gratuito patrocinio” a favore dei meno abbienti, che di fatto, si rivela “gratuito” per chi effettua l’attività difensiva perché non viene retribuito. Questa situazione - evidenzia Cuccagna - riguarda non solo gli avvocati, ma anche interpreti e consulenti tecnici. Segnalo che negli ultimi tempi molti interpreti si rifiutano di accettare nuovi incarichi perché attendono inutilmente da anni e anni di venire pagati per il lavoro già svolto».

«Si tratta di una situazione inaccettabile che intacca alla radice la funzione sociale dell’avvocato quale difensore dei diritti dei più deboli – sottolinea il presidente dell’Unione triveneta degli avvocati, Andrea Pasqualin – È innegabile che ormai esiste un numero importante di persone che per ottenere giustizia deve essere sostenuto dallo stato: purtroppo, se da un lato si garantisce il principio del sacrosanto diritto alla difesa, dall’altro lo si “svuota” di contenuto nelle sue implicazioni pratiche. La carenza di organico è da troppo tempo un problema che sta sostanzialmente paralizzando l’attività in più sedi».

Tra i paradossi, si registra anche il fatto che alcuni avvocati triestini hanno chiesto di portare in compensazione con le imposte da pagare gli onorari non corrisposti. Questo, però, non è stato possibile, perché le relative fatture risultano, anche se da anni, in pagamento. «Se non vogliamo essere ipocriti, e, soprattutto, se vogliamo che il sistema del patrocinio a spese dello stato funzioni correttamente, tutto deve diventare, quantomeno, più snello - conclude Cuccagna - Ricordo che ogni settimana l’ordine esamina molte decine di domande di ammissione al patrocinio a spese dello stato presentate da stranieri che ricorrono contro il provvedimento di diniego dello status di rifugiato: situazione davvero pesante non solo per il tribunale, ma anche per i cinque membri del consiglio che ormai si dedicano a questo a tempo pieno. Pur avendo destinato, in pratica, la metà dei componenti il consiglio (5 su 11) a questa attività, sovente non si riesce ad evadere immediatamente le richieste. I numeri sono enormi. Dal 1 gennaio 2024 ad oggi, sono 2168 le istanze pervenute al consiglio in materia di protezione internazionale: 1619 provenienti da rifugiati, 195 relative a minori e 354 generiche. Escludendo sabato e domenica, si parla di 12 istanze al giorno».