L’ufficio del Giudice di pace di Trento rischia di andare incontro a un blocco delle attività. Il motivo risiede sia nell’ampliamento delle competenze che nel numero ridotto di risorse umane. L’allarme è stato lanciato dal presidente dell’Ordine degli avvocati di Trento, Antonio Angelini, nell’ultima assemblea dell’Unione Triveneta dei Coa tenutasi sabato scorso.

«L’ufficio del giudice di pace di Trento – evidenzia Angelini - entrerà in affanno a partire dal prossimo mese di novembre, quando la relativa competenza verrà ampliata sia in termini di valore economico delle cause sia per quanto riguarda le materie trattate, includendo tra l’altro le controversie condominiali e le esecuzioni mobiliari. A Trento città sono presenti solo 5 dei 13 giudici di pace previsti in organico, che al momento riescono a reggere il carico di lavoro. Oltretutto, di questi cinque, nessuno è a tempo pieno, ma prestano servizio per due giorni a settimana. È del tutto evidente che l’ampliamento di competenze porterà l’ufficio in affanno. Anche per questo, l’avvocatura civile è contraria all’assegnazione alla competenza del Giudice di pace delle controversie condominiali e di parte della materia tavolare perché sono materie complesse, che richiedono specializzazione».

L’avvocatura trentina chiede di essere ascoltata, considerato che i problemi che riguardano gli uffici giudiziari non sono recenti e negli ultimi tempi si sono acuiti. «Il problema delle carenze di organico, negli uffici giudiziari di Trento – afferma Angelini -, ha effettuato un salto di qualità. Non si tratta più e solo di riempire i posti in organico, ma di ampliare la pianta nel suo complesso. Siamo l’unico Tribunale distrettuale in Italia che non ha né una Sezione lavoro né una Sezione immigrazione. E su un organico di soli 22 posti tra settore penale e settore civile vi sono, ad oggi, quattro scoperture. Al contenzioso lavoro è assegnato un solo magistrato in via esclusiva, mentre un altro lo tratta non in esclusiva. Per non parlare della sezione penale del Tribunale: il numero ridotto di magistrati fa sì che, quando si celebra un processo con un alto numero di imputati che ha visto l’emissione di provvedimenti cautelari reali o personali, ci si trova a corto di giudici. Infatti, il giudice che ha partecipato alla decisione su una misura cautelare, ad esempio come giudice del Tribunale del riesame, non può poi far parte del collegio che giudicherà il merito della stessa causa e diventa incompatibile. Esattamente quello che è accaduto col processo “Perfido” per infiltrazioni della ndrangheta calabrese in Trentino, dove, per necessità, la corte d’Assise ha avuto come presidente un magistrato dirottato da Bolzano e come giudice a latere, un giudice civile».

Sulla carenza d’organico negli uffici giudiziari interviene anche Andrea Pasqualin, presidente dell’Unione Triveneta degli avvocati, secondo il quale occorre essere lungimiranti e non pensare solo nell’ottica delle emergenze del presente. «Se è vero – commenta Pasqualin - che nei prossimi due anni saranno assunti duemila nuovi magistrati ordinari ciò non risolverà ogni problema, poiché non basta coprire le attuali piante organiche, essendo proprio queste ultime che vanno riviste e ampliate per un doveroso adeguamento agli standard europei per numeri di magistrati rispetto agli abitanti. L’Italia è agli ultimi posti delle classifiche europee, con circa 12 giudici professionali ogni 100 mila abitanti, a fronte della media europea di circa 22 e con 4 pubblici ministeri per 100 mila abitanti a fronte dei circa 11 della media europea. Va più in generale rimarcata la diffusa situazione disastrosa degli uffici del Giudice di pace, drammaticamente sotto organico e non più in grado di garantire un funzionamento accettabile. A Venezia ho recentemente avuto quattro rinvii al 2028: non credo che siano necessari particolari commenti».

Un tema che sta molto a cuore al Coa di Trento è anche quello della situazione carceraria. Il presidente Angelini a tal proposito rilancia sulla richiesta dell’istituzione di un provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria. «Il problema – conclude - è di vicinanza: l’organizzazione carceraria di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino alto Adige è centralizzata a Padova. E questo non è sufficiente. Serve un provveditorato per la nostra regione in quanto tale struttura si occupa pure del lavoro penitenziario e dei rapporti con gli enti locali. Si tratta di un’iniziativa che, a mio parere, può essere portata a compimento in base alle prerogative che abbiamo in forza dell’autonomia, attivando la “Commissione dei 12” per vedere se si riesce a riportare in primo piano il problema».