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Ufficio Stampa/LaPresse
Arenula tra il guardasigilli Carlo Nordio e la giunta dell’Anm. Un «confronto aperto e franco», come lo ha definito il ministro della Giustizia, svolto in un «clima collaborativo nonostante alcune divergenze», per citare il vertice delle toghe Cesare Parodi. Tuttavia, come sottolinea il segretario generale dell’Associazione magistrati Rocco Maruotti, interpellato dal Dubbio, «col ministro c’è convergenza sull’esame dei problemi, ma divergenza sulle soluzioni».
Ad esempio, «a fronte di un organico di magistrati pari a un quarto rispetto alla media europea», spiega Maruotti, «i magistrati italiani hanno un carico di lavoro di sei volte superiore: avremmo perciò bisogno di 1.000 nuove assunzioni all’anno per i prossimi 5 anni, nel rispetto delle procedure concorsuali ordinarie. Il guardasigilli, invece, oltre a ritenere astrattamente percorribile anche la strada del concorso straordinario, a cui noi siamo contrari perché non garantisce una selezione accurata, ha anche ipotizzato di affrontare il problema nel breve periodo facendo rimanere in attività i magistrati fino a 72 anni, soluzione che non condividiamo», ci dice ancora il numero due dell’Anm, «anche perché con lo stipendio di un magistrato di fine carriera si possono assumere tre magistrati di prima nomina, molto più veloci a sveltire le pratiche».
«Siamo contrari», aggiunge Maruotti, «anche alla riapertura dei piccoli tribunali, come quelli di Lucera o Bassano del Grappa: gli uffici giudiziari di piccole dimensioni sono disfunzionali. Ormai nel processo civile si fa quasi tutto telematicamente, e le distanze si coprono in pochi minuti di macchina. La giustizia di prossimità pre-Severino era riferita alla giustizia di inizio ’900, quando ancora ci si muoveva col calesse», ha detto direttamente a Nordio il segretario dell’Anm. E pure sulla questione del penale telematico, «abbiamo chiesto di ripristinare il doppio binario, digitale e cartaceo, ma ci è stato risposto che non è possibile, altrimenti si rischia di perdere i fondi Ue».
Altro tema che divide il guardasigilli e le toghe è l’Ufficio per il processo: «Il ministro ci ha detto di essere pronto a stabilizzare 6.000 addetti, mentre per gli altri 6.000 bisogna che passi un emendamento alla prossima legge di bilancio. Ma così si rischia di aver formato delle persone, riorganizzato il lavoro degli uffici e poi vanificare tutto».
Una questione su cui non si trova convergenza è poi quella penitenziaria. «L’Anm – ha risposto Parodi a una nostra domanda – ha avanzato delle ipotesi come soluzioni temporanee, dirette e lineari: una di queste è l’amnistia. Su questo non c’è una volontà del governo». «Il ministro – riferisce al Dubbio il vicesegretario dell’Anm Stefano Celli – non ha negato le condizioni di sovraffollamento e le conseguenze che questo ha sulle condizioni di vita. Tuttavia quanto alle misure straordinarie, la risposta è stata negativa. Ci è stato detto che lo Stato manderebbe un messaggio diseducativo se procedesse a tagli lineari della durata della detenzione. Ho fatto notare al guardasigilli – prosegue ancora Celli – che in questo modo si fanno pagare ai detenuti le conseguenze di una condotta dello Stato, che non assicura condizioni di vita accettabili in carcere. I reclusi si vedono negato il rispetto di diritti fondamentali perché lo Stato non fa il proprio dovere. La risposta è stata sostanzialmente evasiva e si è indirizzata verso la costruzione di nuove carceri».
Nordio ieri si è presentato all’incontro con una cartellina: all’interno i punti segnalati dall’Anm già all’incontro a Palazzo Chigi dello scorso 5 marzo e qualche suo appunto. Ma per adesso si è preso tempo per riflettere: invierà una relazione più dettagliata ai suoi ex colleghi, dopo forse si rivedranno, sempre «in uno spirito collaborativo», come hanno sottolineato entrambe le parti.
Durante il faccia a faccia non si è parlato di separazione delle carriere. Ormai gli eserciti sono schierati e pronti a combattere per la vittoria finale del referendum. Ma all’uscita i cronisti hanno sollecitato Parodi sulla possibilità di istituire un comitato referendario, di cui si parla da tanto tra i magistrati: «Siamo pienamente attivi con l’obiettivo di diffondere le nostre ragioni contro la riforma della separazione delle carriere: al momento non ci può essere un comitato – ha risposto – perché ancora non c’è un referendum, ma sicuramente considereremo in futuro la prospettiva di creare noi una struttura che possa relazionarsi con modalità che stiamo ancora valutando per opportunità e per efficacia». Quanto all’ipotesi di includere anche le opposizioni nel comitato, Parodi ha detto: «Ne stiamo parlando con tutti per qualche ragione, evidentemente», facendo riferimento agli incontri tenuti dall’Associazione in questi giorni con tutti i gruppi parlamentari.
Proprio ieri, dopo aver incontrato la scorsa settimana i gruppi di opposizione, l’Anm ha visto una delegazione di Fratelli d’Italia in un «clima cordiale e rispettoso delle rispettive parti», hanno fatto sapere le toghe. Presenti i capigruppo Lucio Malan e Galeazzo Bignami, insieme ai parlamentari delle commissioni Giustizia di Camera e Senato.
Sergio Rastrelli, che della seconda commissione di Palazzo Madama è il segretario, spiega: «Il confronto ha avuto l’indubbio merito di consentirci di ribadire reciprocamente le rispettive posizioni, e a noi di rappresentare tutte le ragioni che rendono quanto mai urgente e necessario approvare la riforma della separazione delle carriere. In quest’ottica, la sindrome dell’assedio, o l’arroccamento strumentale e fazioso, da parte delle toghe rischia solo di privare la politica e il dibattito pubblico del qualificato contributo dei magistrati. Con o senza il quale, noi andremo comunque avanti, poiché non si può consentire alle correnti politicizzate della magistratura, tese solo a preservare posizioni di potere e privilegio, di interdire o condizionare l’attività legislativa del Parlamento sovrano».