Si è avvalso della facoltà di non rispondere Giovanni Toti, comparso davanti alla gip Paola Faggioni, che ha firmato una nuova ordinanza di custodia cautelare per il governatore della Liguria. Toti, ai domiciliari dal 7 maggio per corruzione, è accusato ora di finanziamento illecito, per più di cinquemila passaggi pubblicitari elettorali sul pannello posizionato sulla Terrazza Colombo sul tetto del grattacielo di piazza Dante a Genova in occasione delle elezioni comunali del 2022 del valore di 55.600 euro, passaggi «offerti da Esselunga spa in modo occulto», secondo gli inquirenti.

Toti è co-indagato insieme all’ex capo di Gabinetto della Regione Matteo Cozzani, all’ex membro del cda di Esselunga Francesco Moncada e a Maurizio Rossi, editore genovese, rappresentante legale di Ptv Programmazioni televisive srl - soggetto “erogatore” dei passaggi pubblicitari, destinati a “supportare” la campagna elettorale del sindaco Marco Bucci - e Terrazza Colombo.

Convocato nella caserma della Guardia di Finanza della Spezia, il governatore, video collegato con la procura di Genova e con lo studio legale del suo avvocato Stefano Savi, non ha risposto alle domande e non ha rilasciato dichiarazioni spontanee. E non chiederà di essere sentito, dal momento che, come chiarito dall’avvocato Stefano Savi, le nuove contestazioni non aggiungono nulla alla precedenza ordinanza.

Toti, ha sottolineato Savi, si è detto «stupito» per la nuova misura, «visto che i fatti erano già noti, che erano stati depositati gli atti, che se ne era discusso in sede di Riesame. È stata fatta una ulteriore contestazione, ma su fatti che conosciamo già: è difficile processualmente capire che senso abbia questa contestazione e perché in questo momento - ha osservato l’avvocato -. Che in questa fase, per fatti di due anni fa, ci sia un pericolo tale e urgente da far scattare una nuova misura per una persona per altro già sottoposta alla stessa misura è difficile da capire». L’ordinanza si basa, infatti, su documenti che erano già stati acquisiti in atti, sui quali Toti aveva già risposto. «È una scelta - ha dunque ribadito Savi - che faccio fatica a comprendere nei tempi e nei modi, processualmente si spiega veramente poco».

La difesa ha intanto depositato il ricorso in Cassazione contro il provvedimento del Riesame che aveva rigettato l’istanza di revoca dei domiciliari per l’accusa di corruzione. «Con ogni probabilità - ha spiegato Savi - per questa nuova misura cautelare ai domiciliari faremo un ricorso direttamente in Cassazione. Più o meno i problemi sono gli stessi e li faremo viaggiare in parallelo».

Il gip ha però autorizzato nuovamente tutti i colloqui concessi in precedenza, compreso quello con il leader della Lega Matteo Salvini, che era fissato per ieri ma che è stato rinviato data la concomitanza con l’interrogatorio di garanzia. Tra gli argomenti all’ordine del giorno anche l’ipotesi dimissioni, che stando alla lettura delle 42 pagine di ordinanza di custodia cautelare sembrano rimanere la condizione imprescindibile per la scarcerazione di Toti. L’ordinanza, infatti, riprende argomenti che anche il Riesame - che pure ha respinto la richiesta della difesa - aveva cassato, come la permanenza e attualità del pericolo di reiterazione del reato in relazione agli appuntamenti elettorali, «tenuto conto - si legge nell’ordinanza - anche del fatto che nel 2025 sono calendarizzate le elezioni regionali e che la campagna per la raccolta dei fondi è già iniziata. Tale pericolo - si legge nell’ordinanza - si configura vieppiù concreto ove si consideri che il predetto continua tuttora a rivestire le medesime funzioni e le cariche pubblicistiche, con conseguente possibilità che le stesse vengano nuovamente messe al servizio di interessi privati in cambio di finanziamenti».

Insomma, per Faggioni Toti deve dimettersi. «Di fatto il discorso ormai si riduce, oltre che alla possibilità di inquinare le prove, che appare un argomento vago e tardivo, alla funzione e quindi alla possibilità, in forza del ruolo, di commettere altri reati - spiega Savi -. Del tutto, però, astrattamente rispetto ai requisiti di concretezza e di attualità richiesti dalla legge». Nel suo ricorso per Cassazione Savi ha ripercorso e approfondito proprio «l’assenza» dei presupposti e la «necessità che ci sia un supporto di tipo etico-morale rispetto alla norma, cosa che sta fuori dal nostro sistema giuridico. L’interrogatorio ha costituito un fatto nuovo che non può essere ignorato, perché comunque sono stati forniti degli elementi concreti per la ricostruzione del fatto. Il rischio di reiterazione sembra basarsi sul solo ruolo e questo non è sufficiente, ma è anche fuori dalla logica, perché in questo momento non c’è possibilità concreta che nella realtà ci possa essere una reiterazione di quei comportamenti. E poi c’è una critica al fatto che si continui a parlare di mancanza di consapevolezza, che è un elemento assolutamente eccentrico rispetto al nostro ordinamento».

Nell’ordinanza, la gip Faggioni lega le esigenze cautelari anche alla «personalità dell’indagato», da leggersi, secondo Savi, come «scelta politica, perché quello che viene messo sotto la lente dell’accusa è un sistema di far politica, che per l’accusa è mercantilistico e che si concretizza nell’aver permesso che determinate pratiche - quelle per le quali veniva chiesto - seguissero un iter burocratico più veloce, senza che però questo iter burocratico bypassasse le norme di legge».

Rimane sul piatto la possibilità delle dimissioni, argomento, dunque, che verrà valutato nei prossimi incontri politici autorizzati, ma come già evidenziato da Toti nella sua lettera «è un argomento complesso, che riguarda sia il processo, e potrebbe essere una scelta soggettiva, sia il fatto, come abbiamo anche cercato di spiegare, che deve essere valutato anche alla luce dell’interesse della Regione, della politica, quindi in accordo con gli alleati, l’intera amministrazione e la giunta».