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Nell'epoca dei social, della moltiplicazione incontrollata delle fonti, dell'Intelligenza artificiale, quando ci si trova di fronte a un qualcosa di iperbolico, il riflesso condizionato è che sia una fake news. D'altra parte, negli ultimi tempi, uno degli spettri più terrorizzanti che si aggirano per le redazioni è proprio l'inciampare nella più classica delle bufale messa in circolazione dai sempre più diabolici e numerosi avvelenatori dei pozzi dell'informazione, il cui unico obiettivo è screditare il lavoro dei giornalisti. E' per questo che, di fronte ad alcune frasi surreali contenute nelle note a piè di pagina di un noto manuale di diritto privato, il sospetto che ci si trovi davanti a una trappola è grande, tanto che tale sensazione di poter cadere vittima di un enorme raggiro non abbandona il redattore nemmeno quando quest'ultimo ha deciso di rompere gli indugi e prendere dopo le dovute verifiche, s'intende – per buona la notizia.
Ma di fronte a un comunicato dell'Anm che stigmatizza tali frasi e al conseguente montare di un caso politico, non c'è altra strada che constatare mestamente che la logica da social, che tende all'impoverimento dei concetti e alla contrapposizione barbara tra un'opinione e l'altra, sta colonizzando anche autorevoli testi accademici.
Pare ( vogliamo continuare ad essere oltremodo prudenti) sia il caso dell'ultima edizione del Manuale di diritto privato, edito dalla Esi e curato da Francesco Gazzoni, giurista peraltro riconosciuto, in quanto professore emerito di diritto privato e civile alla Sapienza di Roma. Ebbene, Gazzoni, che rilascia alle stampe il suo manuale da ben 21 edizioni, nell'ultima ha creduto bene di aggiungere delle frasi a margine che paiono copiate e incollate da un infuocato thread di Facebook o X. Di quelli, per intenderci, dove dopo qualche riga si perde ogni aderenza al confronto e ai fatti e si parte per la tangente. Le vittime,
in questo caso, sono i magistrati come categoria e il sesso femminile. Leggere per credere: «I magistrati», si legge, «appartengono in maggioranza al genere femminile, che giudica non di rado in modo eccellente, ma è in equilibrio molto instabile nei giudizi di merito in materia di famiglia e figli».
«Essi», prosegue, «non di rado appartengono alla categoria degli ' psicolabili', che manifestano nelle sentenze quello squilibrio, male oscuro, tipico della funzione. Male che giustifica il disegno di legge, presentato a suo tempo dal sen. Francesco Cossiga, volto a introdurre la visita psichiatrica per i candidati al concorso in magistratura». Un'entrata a gamba tesa, che riporta in auge antichi pregiudizi sulle toghe e, soprattutto, teorie mediche viziate da sessismo che sembravano sepolte per sempre. Gazzoni parla anche di “ubris” dei magistrati, che come nella tragedia greca si vogliono sostituire a Dio, con riferimento alle sentenze sul suicidio assistito.
E fatalmente, la vicenda non poteva non trovare una corsia preferenziale sui social network, diventando in poco tempo virale. Tanto che l'Anm, verificata la genuinità delle informazioni, ha ritenuto di fare una dura nota di condanna. L'associazione di categoria dei magistrati ha parlato di «inaccettabili insulti presenti in un manuale universitario di Diritto privato». «Espressioni misogine e di stupido dileggio dell'ordine giudiziario», ha aggiunto, «che con amara sorpresa ci tocca leggere in un testo dedicato soprattutto alla formazione dei giovani giuristi. Espressioni che al contempo avviliscono e indignano», conclude la nota, «mortificando chi le ha pensate, chi le ha scritte e chi ha ritenuto di pubblicarle».