Il presidente della Commissione bicamerale Antimafia del tempo, Nicola Morra, lo aveva definito “impresentabile”, e nel blitz del procuratore Nicola Gratteri era descritto come uno che attraverso il voto di scambio aveva favorito dall’esterno la cosca mafiosa Grande Aracri. Ma oggi Giandomenico Mimmo Tallini è finalmente un uomo libero, dopo quattro anni, 1.385 giorni ha contato lui. E può rivendicare una soddisfazione in più, perché la procura di Catanzaro ha rinunciato a ricorrere in Cassazione contro la sentenza d’appello che l’aveva assolto, in conformità con quella di primo grado, «perché il fatto non sussiste», la formula più ampia prevista dal codice penale. Sarà perché a Catanzaro non c’è più il numero uno, il procuratore Nicola Gratteri, l’uomo dei blitz e delle conferenze stampa, ma anche dei flop, colui che il giorno degli arresti, quel 18 novembre del 2020, aveva dichiarato di aver messo le mani su “una cosca di serie A”.

All’interno, o all’esterno della quale il presidente del Consiglio regionale della Calabria era la vera ciliegina sulla torta. La sua presenza tra i 19 arrestati era utilissima per dimostrare il coinvolgimento delle istituzioni con la ‘ ndrangheta e magari anche per la speranza da parte degli investigatori di conquistare qualche prima pagina sui quotidiani nazionali. Non va dimenticato che tutto quanto il periodo della presenza del dottor Gratteri al vertice della procura di Catanzaro è stato caratterizzato, a partire dal suo capolavoro, il famoso processo “Rinascita Scott” di cui si attende la data dell’appello, da blitz, conferenze stampa e poi spesso annullamenti degli arresti da parte di gip, tribunali del riesame e cassazione.

È stato così anche per Mimmo Tallini. Il primo a puntargli il dito contro, con quella pessima e illiberale usanza degli ultimi anni della Commissione parlamentare antimafia, era stato Nicola Morra, che lo aveva definito “impresentabile” alla vigilia delle elezioni. I cittadini nell’urna si erano pronunciati in modo opposto. Pochi mesi dopo però, il 18 novembre del 2020, l’esponente di Forza Italia viene posto ai domiciliari, strana scelta, visto che veniva considerato così fondamentale per lo sviluppo della cosca calabrese “di serie A”. Gli si contesta di aver favorito nel 2014, nella sua veste di assessore al personale, la società Farmaeko, che intendeva lanciarsi nella distribuzione di medicinali in farmacie e parafarmacie. Tentativo non riuscito, tra l’altro. Ma per i pm della Dda il contributo di Tallini alla cosca era “concreto, specifico e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione”. E gli avrebbe valso l’aiuto elettorale. Un vero voto di scambio mafioso.

L’inchiesta aveva mostrato aspetti paradossali, il che non deve stupire perché a quei tempi in Calabria tutto era possibile. Per esempio, era strano che il fatto che nessuna intercettazione fosse stata disposta sui cellulari del presidente del Consiglio regionale. Poi per il fatto che in una captazione ambientale qualcuno avesse pronunciato la parola “assessore” e a nessuno fosse venuta la curiosità di verificare se Tallini avesse le competenze alle attività produttive, cioè il settore che eventualmente avrebbe dovuto dare le autorizzazioni per la distribuzione di farmaci. Oppure il considerare comportamento sospetto il fatto che il politico preferisse sempre usare la propria auto piuttosto che quella di altri, quasi come se sapesse di frequentare persone intercettate dalla magistratura.

Singolare era stata, per contenuti e linguaggio, più ancora che le ipotesi della procura, l’ordinanza del gip Giulio De Gregorio, che pure aveva giustificato il proprio copia e incolla con la giurisprudenza della Cassazione che lo consentiva. Il magistrato aveva definito Tallini come «un’ombra dietro le ombre», uno che non veniva mai «beccato» a intrattenere rapporti diretti con esponenti mafiosi perché era moto furbo e stava sempre dietro le quinte, al massimo dialogando con un gruppo di affaristi. Anche se mai con esponenti della ‘ ndrangheta. Un poeta però, il gip De Gregorio, con le sue 357 pagine dell’ordinanza, la gran parte delle quali rispecchiava le richieste della procura di Gratteri. Ma la parte artistica era tutta sua e val la pena ricordarla. Perché spiega che il magistrato «si muove rivolgendo l’attenzione ai margini dei vari avvenimenti che si susseguono, come accade quando si analizzano le luci e le ombre di un grande dipinto dai diversi angoli della sala di un museo. Si scopre così che vi sono ombre che lambiscono la scena e che, solo apparentemente, si vanno a perdere nell’oscurità, per restare invece visibili, come ombre dietro le ombre». Ecco come si scopre il mafioso, ecco come si individuano gli autori dei reati. Ombre dietro le ombre.

Non avevano apprezzato la vena artistica del gip però, per primi, i giudici del Riesame, che erano andati giù piatti. E avevano annullato la custodia cautelare di Tallini, motivando nel modo più semplice e più chiaro: non c’era nessun elemento che dimostrasse il rapporto diretto tra Tallini e gli esponenti delle cosche. Ma allora perché è stato arrestato? Poco sensibili a cercare le ombre dietro le ombre si erano mostrati in seguito i giudici della Cassazione che avevano rigettato il ricorso della procura, poi il giudice monocratico del primo grado e i suoi colleghi dell’appello. Per tutti coloro non c’erano ombre, ma solo chiarezza: «Il fatto non sussiste».

Per fortuna gli è stata evitata anche la Cassazione. Tallini non è mai stato mafioso e gli sono stati inferti 1.385 giorni di tormenti inutili. È proprio lui, oggi, mentre porta a casa qualcosa di più che una vittoria processuale, nel momento in cui i procuratori che lo hanno inseguito per quattro volte hanno finalmente rinunciato all’ennesimo ricorso, a invitare alla riflessione. Non mostra rancore, ma intelligenza politica. «Se oggi posso guardare con fiducia alla Giustizia vera, lo debbo a magistrati che non si sono fatti abbagliare dalle luci dei talk show e tentare dal demone del giustizialismo mediatico, ad avvocati che credono nella loro insostituibile funzione, alla mia meravigliosa famiglia e ai tanti amici che non hanno mai dubitato di me, nemmeno un attimo, nemmeno nei momenti più bui» .