Pur non avendo mai svolto funzioni direttive prima della nomina a capo della procura di Reggio Calabria (ora da rifare), Giovanni Bombardieri avrebbe di fatto sostituito il procuratore e diretto vari reparti, coordinando magistrati e polizia giudiziaria, vantando, inoltre, una conoscenza della criminalità organizzata di tipo mafioso di gran lunga superiore a quella di Raffaele Seccia, attuale sostituto procuratore generale della Cassazione. Dice questo, in buona sostanza, la relazione del consigliere del Csm Ernesto Carbone, con la quale Palazzo dei Marescialli “sfida” i giudici amministrativi ribadendo, per la terza volta, la propria preferenza per l’attuale procuratore reggino. La nomina, infatti, verrà portata nuovamente in plenum dopo due sentenze di annullamento che hanno dato ragione a Seccia, una sentenza di ottemperanza e un rigetto di una revocazione per ottemperanza in cui i giudici amministrativi dettavano in maniera calligrafica al Csm il percorso da seguire.

Il 3 maggio, la V Commissione - con quattro voti contro due - ha dunque deciso di proporre nuovamente Bombardieri, suscitando le perplessità del togato indipendente Andrea Mirenda, che al Dubbio aveva definito «sorprendente questa decisione, in quanto difficilmente riconducibile (se non inconciliabile) al giudicato amministrativo», col rischio «di un atteggiamento ribellista del Csm». Tale considerazione rientra in un dibattito più ampio, una guerra sotterranea (in verità sempre negata da Palazzo dei Marescialli) tra l’organo di autogoverno e i giudici amministrativi e in corso già nella scorsa consiliatura, quando il caso Palamara deflagrò facendo traballare diverse nomine.

Dalla caduta di Michele Prestipino dallo scranno più alto della procura di Roma in poi, le partite delle nomine si sono giocate tutte attorno alla presenza, nei curricula dei candidati, di esperienze direttive, non necessariamente determinati, secondo i giudici amministrativi, se il Csm si dimostra in grado di produrre una motivazione rafforzata a sostegno della propria scelta. Una “forza” che, secondo i giudici amministrativi, non avrebbe avuto la scelta di Bombardieri, ormai alla guida della procura dello Stretto dal 2018. Ma tale “motivazione rafforzata” - questa la critica di Mirenda in plenum - rischia di rappresenterebbe una comoda via d’uscita per “interpretare” le regole del Testo unico - scritte, peraltro, dagli stessi magistrati -, aprendo la strada a scelte “politiche”. Un errore, secondo il togato, che ha ricordato il «ruolo di alta amministrazione» del Consiglio, che deve agire «in coerenza e rispetto delle decisioni delle altre istituzioni», in questo caso Palazzo Spada.

Per superare le obiezioni del Consiglio di Stato, Carbone, nella sua relazione, ha evidenziato la «prolungata, variegata nonché significativa esperienza nella trattazione (in funzioni requirenti) di reati» di criminalità organizzata da parte di Bombardieri, «in quattro diverse realtà criminali (Locri, Reggio Calabria, Roma e Catanzaro)» e «complessivamente per oltre 15 anni». Esperienze durante le quali il magistrato ha acquisito «ampia e incontestabile conoscenza e padronanza del fenomeno in argomento, di proteiforme matrice (non solo ‘ ndranghetista), per eterogeneità geografica dei trascorsi, risultando così superata l’obiezione argomentativa» di Palazzo Spada, secondo cui «il solo fatto della maggiore conoscenza del fenomeno criminale ‘ ndranghetista» non può essere considerato un elemento di prevalenza rispetto a Seccia. Ma non solo: Bombardieri, evidenzia la relazione, ha svolto effettivamente attività di coordinamento investigativo in tale materia, non solo da procuratore aggiunto, ma anche da procuratore facente funzioni e da vicario, «figura che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, d. lgs. n. 106/ 06, “esercita le medesime funzioni del procuratore della Repubblica per il caso in cui sia assente o impedito ovvero l’incarico sia rimasto vacante”».

A ciò si sommano le intermittenti sostituzioni del Dirigente presso la procura di Locri e l’esperienza da aggiunto, caratterizzata da «un rilevantissimo coinvolgimento nelle attività organizzative dell’intero Ufficio giudiziario per effetto delle deleghe ricevute e dell’ampia collaborazione prestata al procuratore», coordinando vari settori e misurandosi «con le più rilevanti problematiche organizzative tipiche di un Ufficio requirente». E nonostante il «meritorio percorso requirente», gli atti contenuti nel curriculum di Seccia, nominato in sequenza procuratore di Lucera e Fermo, fanno menzione «di soli due provvedimenti giurisdizionali inerenti al settore, a fronte dei 18 procedimenti elencati in autorelazione quali istruiti presso la Dda di Bari, risultando le residue allegazioni documentali relative a differenti tipologie di reato».

I due profili risulterebbero dunque equivalenti, ma a far prevalere Bombardieri è dunque l'esperienza nella trattazione di procedimenti di criminalità organizzata. Una conclusione totalmente diversa rispetto a quella raggiunta dalla consigliera laica Daniela Bianchini, secondo cui «l’obiettiva prevalenza sul piano qualitativo derivante dal maggior rango delle funzioni svolte» da Seccia non può essere sovvertita, «tenuto conto della natura direttiva dell’Ufficio da conferire e delle conseguenti esigenze funzionali da soddisfare». E «anche qualora si volesse pervenire ad un giudizio di sostanziale equivalenza dei due profili professionali», Seccia «prevarrebbe comunque per la maggiore anzianità». La palla ora passa al plenum, dove il dibattito si preannuncia già caldo.