PHOTO
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera dei deputati durante il Question time. Roma, Mercoledì, 27 marzo 2024 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Minister of Justice Carlo Nordio in the Chamber of deputies during the Question time. Rome, Wednesday, March 27, 2024 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha annunciato un significativo incremento dei fondi destinati alla prevenzione dei suicidi in carcere, con l'obiettivo di contrastare il drammatico fenomeno che colpisce la popolazione detenuta. Nordio ha dichiarato: «Ho firmato un decreto che prevede per il corrente anno l'assegnazione di 5 milioni di euro all'amministrazione penitenziaria per il potenziamento dei servizi trattamentali e psicologici negli istituti, attraverso il coinvolgimento di esperti specializzati e di professionisti esterni all'amministrazione».
Per David Lazzari, presidente dell’Ordine degli psicologi, si tratta di «un segnale molto importante. Al ministero della Giustizia c’è un tavolo di confronto aperto a cui partecipiamo come ordine degli Psicologi e stiamo collaborando con il Dap, ma non possiamo dire che con questi fondi è stato risolto il problema ma registriamo sicuramente una volontà di investire rispetto e di prendersi carico di questo problema».
Di tenore diverso la posizione di Ivan Scalfarotto, capogruppo di Italia viva - Il Centro - Renew Europe, in commissione Giustizia del Senato, che parla del «classico pannicello caldo. Ciò che servirebbe invece è un approccio completamente nuovo alla sanzione penale: meno carcere, più formazione e lavoro, minore affollamento togliendo dai penitenziari tutte quelle persone che in galera non avrebbero mai dovuto entrarci, a partire dai tossicodipendenti e dalle persone con malattie psichiatriche. Tutto il contrario di ciò che sin qui hanno fatto governo e maggioranza».
Anche Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, ha dato una diversa lettura, vedendo tale annuncio come un semplice spot, sottolineando che tale incremento non migliorerà effettivamente il servizio offerto ai detenuti. De Fazio ha affermato che l'aumento dei fondi è necessario per mantenere lo status quo, e che non porterà a un reale potenziamento dell'assistenza offerta ai detenuti. «Proprio a seguito dell’aumento della paga oraria degli esperti psicologi, dal febbraio scorso, se non fosse intervenuto l’adeguamento delle risorse, il servizio sarebbe stato dimezzato. È di ogni evidenza, tuttavia, che ciò non muoverà nella direzione del potenziamento dell’assistenza offerta agli ormai oltre 61mila detenuti presenti nelle carceri, a fronte di poco più di 47mila posti effettivamente disponibili, di cui ben 28 si sono suicidati nei primi 93 giorni dell’anno», ha spiegato De Fazio.
In effetti, proprio agli inizi di febbraio, è stato proprio il capo del Dap Giovanni Russo, in Parlamento, a riferire del taglio dei fondi per psicologi e criminologi. «Protestavano giustamente per le paghe orarie – ha raccontato Russo in Parlamento – il cui ammontare era di 17 euro l'ora. Il Parlamento è intervenuto e ha portato il compenso orario tra i 30 e i 40 euro». Ma s'è pretesa l'invarianza di spesa, con il disarmante risultato che «avremo il 42% in meno di ore di psicologi». Ora questo gap, con lo stanziamento dei fondi, dovrebbe risolversi.
Ma parliamo del minimo sindacale, un atto dovuto. Per questo lo stesso De Fazio ha chiesto al ministro Nordio e al governo di adottare provvedimenti più incisivi e urgenti per affrontare il grave problema dei suicidi in carcere, inclusi interventi straordinari di assunzione di personale da affiancare al deflazionamento della densità detentiva e al potenziamento, reale e concreto, dell’assistenza sanitaria. Dall'altra parte, l'associazione Antigone ha auspicato provvedimenti più radicali per affrontare la questione dei suicidi in carcere. Secondo l’associazione, è necessario ridurre il sovraffollamento carcerario e incentivare l'adozione di misure alternative alla detenzione per le persone non pericolose, garantendo nel contempo maggiori attività e contatti con le famiglie.
La situazione reale è ben diversa, come ad esempio le politiche di reinserimento dei detenuti. Sì, ricordiamo che i suicidi avvengono anche a pochi giorni dalla libertà. L’incognita del dopo crea angoscia. A tal proposito, il ministro Nordio, ha risposto all'interrogazione parlamentare di Maria Chiara Gadda e Roberto Giachetti di Italia Viva, fornendo chiarimenti riguardo alle politiche di reinserimento sociale post-detentivo. Parliamo dei Consigli di Aiuto Sociale (Cas) ai quali sono affidati una serie di importanti compiti relativi all'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria. Ricordiamo che dell’argomento si è più volte discusso nella trasmissione di Radio Radicale condotta da Riccardo Arena, con ospite fissa Rita Bernardini. A quanto risulta dall’interrogazione parlamentare, ad oggi non esistono Cas costituiti e attivi, se non il tentativo fatto a Palermo nell'ottobre 2021 dall'allora presidente del Tribunale Antonio Balsamo, oggi Sostituto procuratore generale della Cassazione.
Il guardasigilli, nella sua risposta scritta, ha evidenziato il notevole potenziamento degli interventi finalizzati all'inclusione post-detentiva, sottolineando gli sforzi del suo ministero nel collaborare con la rete locale per attuare un nuovo modello di esecuzione penale volto al reinserimento sociale. La Cassa delle Ammende, secondo Nordio, ha svolto un ruolo cruciale, soprattutto dopo il nuovo mandato istituzionale derivato dal D.P.C.M. 102/17. In collaborazione con i Dipartimenti preposti alla gestione dell'esecuzione penale, la Cassa è impegnata a promuovere una serie di interventi integrati per favorire il reinserimento sociale delle persone in esecuzione penale.
Questi interventi coinvolgono enti pubblici e privati, nonché la società civile, e mirano a valorizzare e differenziare i percorsi di recupero, migliorando l'efficienza ed efficacia dei servizi di inclusione socio-lavorativa. Il ministro ha sottolineato il consolidamento di tale approccio attraverso l'Accordo della Conferenza unificata del 28 aprile 2022, che coinvolge il Governo, le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali. Tale accordo mira a realizzare un sistema integrato di interventi e servizi sociali per il reinserimento delle persone sottoposte a provvedimenti dell'Autorità giudiziaria. Nordio ha evidenziato inoltre il ruolo delle Cabine di regia interistituzionali presso le Regioni, che lavorano per garantire servizi rispondenti alle esigenze differenziate delle persone e dei contesti territoriali, contribuendo alla realizzazione di un nuovo modello di giustizia di comunità.
Rita Bernardini, portavoce di Nessuno Tocchi Caino, ha però espresso dubbi sul reale impatto dei programmi descritti dal ministro Nordio. Per Bernardini, nonostante l'ampia esposizione dei fondi e dei programmi, manca un vero focus sui diritti e sui bisogni delle persone coinvolte. Grazie alla critica di Bernardini si giunge a delle conclusioni. I Cas sono previsti dall'ordinamento penitenziario e dovrebbero facilitare il reinserimento sociale dei detenuti. Ma Nordio ammette che non sono mai stati attivati. Al loro posto, il ministero ha stipulato intese con la rete locale, utilizzando la Cassa delle Ammende come copertura finanziaria. È emerso anche la disparità di trattamento tra i detenuti. I programmi triennali per il reinserimento sociale escludono 9 regioni: Valle d'Aosta, Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria e Sardegna. I detenuti in queste regioni non hanno accesso agli stessi servizi e opportunità di reinserimento sociale rispetto ai detenuti nelle altre regioni. Questo crea una disparità di trattamento che viola il principio di uguaglianza di fronte alla legge.
Sempre dall’analisi critica di Bernardini, emerge che il sistema basato sulle intese con la rete locale appare frammentario e privo di una regia nazionale. I fondi stanziati sono insufficienti a garantire un adeguato reinserimento sociale dei detenuti. Il metodo adottato dal ministero non risulterebbe quindi efficace e non risponderebbe alle esigenze dei detenuti. Se da un lato ha fornito dettagliate informazioni sui programmi di reinserimento sociale, dall'altro la critica di Bernardini solleva importanti questioni riguardo alla necessità di una maggiore attenzione verso i risultati e i reali bisogni delle persone coinvolte in tali programmi.