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«Non ho suggerito o convinto nessuno». Luciano Gallorini, 48 anni nell'Arma, difende se stesso e il suo operato dopo la richiesta di revisione firmata dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser che parla di errore giudiziario nei confronti Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all'ergastolo per la strage di Erba.
L'allora comandante della stazione dei carabinieri, oggi in pensione, è tra i primi ad arrivare in via Diaz la sera dell'11 settembre 2006 ed è protagonista delle indagini. In ospedale incontra l'unico sopravvissuto della mattanza, Mario Frigerio, ma la sua annotazione di servizio del 20 dicembre 2006 «è costellata di stranezze» si legge nell'istanza per provare a riaprire il caso. Non solo: viene indicato come "l'onnipresente" nell'interrogatorio ai coniugi Romano, reso dagli indagati nell'immediatezza del fermo. Parole a cui Gallorini, contattato dall'Adnkronos, risponde. «Come risulta agli atti, io ho sentito i coniugi Romano la notte stessa dell'evento, successivamente alla perquisizione. Noi facciamo la perquisizione e in quella occasione li abbiamo accompagnati in caserma e li abbiamo sentiti a spontanee dichiarazioni testimoniali su quello che avevano fatto. Quei verbali li abbiamo mandati in procura e quella è stata l'unica occasione in cui ho parlato con i coniugi Romano» precisa.
L'incontro con Frigerio è legato a un'altra esigenza investigativa. «Nel pianerottolo dell'androne dove fu rinvenuto il corpo senza vita di Raffaella Castagna erano stati trovati alcuni oggetti, tra cui un ponte dentale e bisognava risalire al proprietario. Fui autorizzato dal pm a un colloquio investigativo: il colloquio è tutto registrato, anche se è difficilmente udibile perché Frigerio parlava male» a causa della ferita alla gola inferta dall'aggressore. «Nella registrazione dico che avrei ripetuto quello che Frigerio diceva per rendere chiaro il colloquio. Il colloquio durò un tempo sufficientemente lungo, è registrato, e rientrato in sede ho redatto un'annotazione con le modalità del colloquio e quello che Frigerio disse, cioè “poteva essere l'Olindo”. Nel momento in cui io ho udito questa cosa interruppi il colloquio, perché ritenni la cosa così importante che era necessario che il pm sapesse e valutasse» spiega Gallorini.
«Ciascuno ha diritto di dire quello che ritiene opportuno, ma in tutta questa storia mi sorprende che vengano inseriti elementi di falsità. Si possono attaccare le indagini, ma non le persone e la loro correttezza: non ho suggerito o convinto nessuno. Io ho servito l'Arma per 48 anni e questo non si fa per cercare carriera, ma perché si ama il proprio lavoro, si cerca e si crede nella giustizia» conclude Luciano Gallorini.