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Il verdetto arriverà il 10 luglio prossimo. Nel frattempo, il procedimento aperto per decidere se è possibile una revisione del processo sulla strage di Erba, per la quale sono stati condannati all’ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, ha riservato non pochi spunti di riflessione.
Oggi è stato il giorno della difesa, che ha messo in fila, uno dietro l’altro, gli elementi di criticità della condanna di Rosa e Olindo, che secondo tre gradi di giudizio l’11 dicembre 2006 avrebbero massacrato senza pietà Raffaella Castagna, il suo bambino Youssef, di due anni, Paola Galli, madre di Raffaella e la vicina di casa Valeria Cherubini. Il tutto per beghe di vicinato, risolte con spranghe e coltelli, secondo l’accusa.
«Le macchie di sangue del povero bambino - ha spiegato l’avvocata Patrizia Morello - non sono compatibili con la dinamica raccontata da Rosa Bazzi: gli schizzi di sangue sarebbero dovuti essere diversi rispetto a quelli che restituisce la scena del crimine, distanti mezzo metro se non di più» rispetto a dove si trovavano. Ma non solo: secondo la difesa, Mario Frigerio, unico sopravvissuto e morto anni dopo, avrebbe sofferto di amnesia arterograda, determinata dall’aver respirato monossido di carbonio, prodotto dall’incendio appiccato dagli assassini dopo la strage.
Morello ha poi evidenziato che la moglie di Frigerio, Valeria Cherubini non sarebbe morta al piano di sotto, ma nel proprio appartamento, dove poi è stata trovata priva di vita. La donna, secondo l’accusa, «con lesioni al muscolo psoas della gamba fece sedici rampe di scale (16 scalini, ndr) per poi morire in casa - ha sottolineato l’avvocato Fabio Schembri -. Stiamo parlando di un’ipotesi fantascientifica. La nostra consulenza dice che è impossibile. Aveva la lingua recisa. Non poteva gridare aiuto, come hanno sentito i primi soccorritori Bartezzaghi e Ballabio».
Inoltre, l’unica traccia di sangue trovata dagli inquirenti, quella sul battitacco dell’auto di Romano, secondo i difensori semplicemente non c’è mai stata: c’è solo una foto con un cerchietto rosso, ma «non c'è luminol, ci vorrebbe Houdinì» per vedere una macchia di sangue.
Ma non solo: intercettati in carcere l’8 gennaio 2007, «Olindo e Rosa si dichiarano innocenti. Vengono messi a disposizione del gip. Rispondono a tutto: sulle liti con Raffaella Castagna e su tutto il resto. La mattina del 10 due carabinieri, Finocchiaro e Castelletti, entrano in carcere. Siccome Olindo sosteneva che sua moglie non c’entrava nulla, Finocchiaro gli dice: “Se tu dici così vuol dire che tu qualcosa sai, hai visto. Parla con il pm e, se lei non ha fatto niente, se ne va a casa”. Così Olindo chiama i magistrati e a loro dirà che vuole vedere Rosa che non vede da due giorni. I pm gli dicono: “Basta, sua moglie viene trasferita di carcere e lei non la vedrà mai più”. Subito dopo a Olindo verrà fatta vedere Rosa. E lui, intercettato, dice alla moglie: “Il maresciallo mi ha spiegato che qui dentro si può perfino lavorare”.
Insomma - ha sottolineato Schembri -. Olindo sta costruendo il suo futuro, come se fosse un viaggio alle Maldive. E Rosa gli risponde: ma se non siamo stati noi che cosa confessi?». Tant’è che intercettati in auto i due si sono dimostrano tranquilli, augurandosi anche la guarigione di Frigerio, che in ospedale non riconosce subito Olindo, ma descrive un uomo alto e olivastro, «non uno di qui». Eppure, ha sottolineato Schembri, secondo la scienza un volto familiare si riconosce subito.
Nelle loro confessioni, i due coniugi avrebbero commesso «243 errori». E c’è il dubbio, da parte di Schembri, che i due abbiano subito delle pressioni da parte degli investigatori, che li avrebbero anche convinti di poter dar loro una «cella matrimoniale». Altra prova nuova, non valutata, secondo la difesa, «è che la casa di Raffaella era frequentata anche quando lei non c’era» e le minacce a lei ed al marito, nonché l’accoltellamento del cugino di Azouz per questioni legate al traffico di droga. «Abbiamo un testimone che dice che c’era una faida interna e ci dà esattamente un movente alternativo», ha concluso Schembri. «Rosa non sa prendere un autobus, non sa leggere e non sa scrivere, non sa digitare un numero di telefono. E l’unica preoccupazione di Olindo era quella di mandare Rosa a casa. Compiono entrambi un atto generoso, ciascuno per salvare l’altro. Rosa non appena sa che il marito vuole andare a confessare per salvarla, dirà a un agente penitenziario "può dire a mio marito che me la prendo io la responsabilità anche se non è vero?". Rosa è incapace da sola di fare tutto. Questa è la realtà delle cose».