Non si placano le polemiche dopo che due giorni fa in Cdm è stata approvata la norma che cambia l’art 114 del codice penale, impedendo la pubblicazione anche solo di estratti delle ordinanze di custodia cautelare. Per Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, «l’informazione per essere libera deve essere anche chiara e completa. Non è un privilegio dei giornalisti, ma un diritto costituzionale dei cittadini. Descrivere con precisione, citando i documenti, perché una persona viene arrestata non viola la presunzione di innocenza».

Molto critico anche il senatore Walter Verini, capogruppo Pd in commissione Antimafia e segretario della commissione Giustizia: «Nonostante ci sia chi - come il deputato Costa - si arrampica sugli specchi in nome di un principio fondamentale (la presunzione di innocenza, che però per l’ennesima volta viene usato strumentalmente), la sostanza è purtroppo molto chiara. Ed è che si assesta un colpo alla libertà di informazione, al diritto dei cittadini di essere informati».

Nella mattinata di ieri proprio il responsabile giustizia di Azione aveva replicato alle polemiche del giorno prima con due post su X. Il primo: «Nessun bavaglio, il contenuto degli atti sarà pubblicabile. Ma ad indagini aperte non saranno pubblicabili le ordinanze dalla A alla Z, centinaia di pagine piene di intercettazioni neanche ancora vagliate dal riesame che può annullarle. È rispetto della presunzione di innocenza». E il secondo: «A proposito della mia proposta sulla pubblicazione delle ordinanze cautelari approvata ieri in Cdm. Avs: “deriva orbaniana”. M5S: “eutanasia della democrazia”. Pd: “ceffone a libertà di stampa”. # regionali2024».

Nel pomeriggio Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm, a Radio Popolare, ha detto: «Parlare di bavaglio non credo sia corretto perché la norma non vieta che si dia notizia di un’ordinanza di custodia cautelare e addirittura che se ne riassumano i contenuti». Tuttavia, ha concluso il leader delle toghe, la norma «è irragionevole perché vieta la pubblicazione integrale dell’ordinanza e quindi va contro una corretta informazione perché ci si deve affidare in un campo molto tecnico ai riassunti di un giornalista che può sbagliare o essere incompleto».

Positivo, invece, il giudizio di Francesco Petrelli, presidente dell’Unione Camere Penali italiane, che parla di «un primo passo importante con il quale si ripristina un principio di diritto che era già presente nel nostro codice e che non incide affatto sul diritto di cronaca e di informazione, ma può al contrario certamente contribuire a limitare il fenomeno della gogna mediatica».

Per il presidente dell’Ucpi è «assurdo gridare allo scandalo perché il divieto di pubblicazione di atti giudiziari è connaturato al nostro sistema processuale ed è in vigore in maniera severa in molti altri paesi europei, in quanto funzionale sia alla tutela delle indagini che della presunzione di innocenza. Si tratta dunque di un condiviso principio di civiltà».