Sicuramente sarà stata una coincidenza. Può succedere. In caso contrario, quanto accaduto al Consiglio superiore della magistratura ha tutti i contorni di una vera beffa. Con il voto all’unanimità del plenum, il Csm ha infatti provveduto ad una maxi archiviazione per una ventina di toghe che erano incappate, loro malgrado, in un procedimento penale per abuso d’ufficio.

A far iscrivere giudici e pm nel registro degli indagati erano stati alcuni cittadini i quali avevano ritenuto che il comportamento tenuto da costoro, con cui verosimilmente erano entrati in contatto per ragioni giurisdizionali, configurasse gli estremi dell’allora reato di abuso d’ufficio. Il Csm era stato notiziato dell’avvio delle indagini penali in quanto organo di autogoverno delle toghe. Tralasciando gli eventuali risvolti disciplinari, la pendenza di un procedimento penale impatta sulla vita professionale del magistrato che, ad esempio, non può ottenere un incarico fuori ruolo oppure far parte di una commissione ministeriale.

La pendenza di un procedimento è poi oggetto di valutazione ai fini della progressione di carriera, venendo comunque esaminata in caso il magistrato faccia domanda per un posto direttivo o semi direttivo. Palazzo Bachelet, con una motivazione “stampone”, ha deciso dunque di azzerare tutto. «Proposte di archiviazione non essendovi provvedimenti di competenza del Consiglio da adottare a seguito dell’intervenuta abrogazione del reato di cui all’art. 323 c.p. ai sensi della L. n. 114/2024 (G.U. n. 187 del 10.08.2024), non emergendo peraltro ulteriori profili di competenza del Consiglio», è quanto si legge nell’ordine del giorno.

La condotta tenuta dal Csm, va detto, è ineccepibile in quanto il reato di abuso d’ufficio è stato abrogato ormai da due mesi e non aveva senso insistere oltre. La decisione dell’organo di autogoverno delle toghe stride, però, con ciò che sta accadendo in decine di uffici giudiziari del Paese dove diversi pm chiedono ai tribunali di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio davanti alla Consulta. 

Per i pm, infatti, la sua abrogazione avrebbe comportato il mancato rispetto dei vincoli derivanti dal diritto internazionale ed in particolare della Convenzione Onu di Merida contro la corruzione del 2003. Il Tribunale di Firenze è stato il primo a spedire gli atti alla Consulta, parlando sostanzialmente di scelta legislativa arbitraria.
La Corte costituzionale dovrà ora valutare l’ammissibilità delle questioni di legittimità e, in caso positivo, la loro fondatezza. Obiettivo neppure tanto nascosto è quello di “risuscitare” un reato abrogato dal Parlamento. In attesa della decisione della Consulta, l’effetto di tali pronunce è il dilatarsi dei tempi processuali, con rinvii, riserve e sospensioni dei dibattimenti.

L’ultimo caso in ordine di tempo di un pm che ha sollevato la questione di legittimità è avvenuto la scorsa settimana durante l’udienza preliminare al tribunale di Cagliari che vede imputato per abuso d’ufficio l’ex presidente della Regione Sardegna Christian Solinas (Lega). Il giudice ha preso tempo fissando una nuova udienza il prossimo 8 novembre per le repliche della difesa.

Tornando invece ai nomi che il Csm ha archiviato spicca quello di Luigi Patronaggio, già procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, attualmente procuratore generale presso la Corte di Appello di Cagliari, e Simona Faga, già sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, attualmente sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, denunciato da Giuseppe Arnone. Pratica archiviata dal Csm, a seguito di precedente archiviazione del giudice, per Massimo Palmeti, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Enna. A denunciarlo era stata la giudice catanese Maria Fascetto Sivillo.

Fra i nomi noti quello di Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Catania iscritto a seguito di denuncia di Salvatore Celano, per fatti relativi ad indagini svolte quale procuratore aggiunto presso il Tribunale di Messina. Il cambio di sede ha comportato l’archiviazione di una eventuale pratica per incompatibilità ambientale. «Trovo singolare che si possa abrogare una legge che abroga un reato», aveva affermato il ministro Carlo Nordio rispondendo a chi gli chiedeva un commento al riguardo. Per Nordio, poi, il ricorso era manifestamente inammissibile: «Non si può dichiarare anticostituzionale una legge che elimina il reato a meno che si attenda che ci sia un vuoto normativo».

In attesa allora che la Consulta si esprima, i beneficiati dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio paiono essere proprio le toghe e non i famigerati «colletti bianchi», come da più parti indicato, ad iniziare dall’Associazione nazionale magistrati.