È noto come i fenomeni di criminalità organizzata, a iniziare da quelli di stampo mafioso, sempre più utilizzino sofisticati strumenti finanziari, come è noto che la corruzione sia funzionale a obiettivi di economia illegale. Ed è chiaro che il contratto con le mafie, a tutte le latitudini del nostro Paese, sarà più appetibile quanto maggiori saranno gli ostacoli burocratici ed economici che il sistema legale imporrà alla libera iniziativa.
Uno Stato che affligga il cittadino, l’imprenditore, l’investitore estero, con una serie infinita di formalistici controlli preventivi è uno Stato che rischia di aprire, suo malgrado, spazi a chi garantisca scorciatoie e una celere risoluzione, seppur illegale, ai molti, spesso drammatici, problemi.
Penso che in questo periodo storico il ruolo della Corte dei conti possa rivelarsi davvero fondamentale per favorire i giusti equilibri nei rapporti tra Stato, Pubblica amministrazione, cittadini.
Faccio riferimento alla necessità di affrontare e attualizzare i temi della spesa pubblica, del contratto tra Stato e cittadino, delle devianze illecite che possano coinvolgere il sistema pubblico.
Molto si è discusso, in questi ultimi anni, di concorrenza sleale derivante dal fenomeno della corruzione e da quello delle infiltrazioni mafiose nel sistema economico italiano, e molto si è cercato conseguentemente di fare, istituendo l’Autorità Indipendente di contrasto alla corruzione, moltiplicando le forme di controllo e di indagine, introducendo nuove ipotesi di reato, rimodulandone altre.
Forse, però, è necessario porci la domanda di quale sia l’Ordinamento statale che vogliamo e, per contro, da quale “ordinamento” ( ordinamento tra virgolette) pericolosamente alternativo dobbiamo guardarci.
È noto come i fenomeni di criminalità organizzata, a iniziare da quelli di stampo mafioso, sempre più utilizzino sofisticati strumenti finanziari, come è noto che la corruzione sia funzionale a obiettivi di economia illegale.
Se è così, la questione è se le associazioni criminali si stiano sempre più proponendo come veri e propri ordinamenti alternativi, con forme di autogoverno e regole proprie, tali da rendersi competitivi rispetto all’Ordinamento Legale, ovvero rispetto alla nostra organizzazione del Pubblico, e quindi se il contratto illecito proposto al cittadino rischi di risultare più attrattivo e vantaggioso di quello stipulato con lo Stato.
Chiaro che il contratto con le mafie, a tutte le latitudini del nostro Paese, sarà più appetibile quanto maggiori saranno gli ostacoli burocratici ed economici che il sistema legale imporrà alla libera iniziativa di impresa. Uno Stato che affligga il cittadino, l’imprenditore, l’investitore estero, con una serie infinita di formalistici controlli preventivi, che imponga tempi lunghi e costi rilevanti anche solo per l’apertura di un negozietto di pochi metri quadrati, che non saldi i propri debiti con le imprese, votandole alla crisi, che, con una legislazione confusa e confondente, finisca con il rendere inevitabile il ricorso al giudice, è uno Stato che rischia di aprire, suo malgrado, spazi a chi garantisca scorciatoie e una celere risoluzione, seppur illegale, ai molti, spesso drammatici, problemi.
Da qui la necessità di procedure di semplificazione e sburocratizzazione a opera del Legislatore, ma anche la centralità del ruolo consultivo e di analisi della Corte dei Conti e, mi permetterei di aggiungere, dell’Anac, che sempre più dovrebbero essere valorizzate nella loro funzione di supporto competente e di indirizzo per il cittadino e per la Pubblica amministrazione.
Va detto che sotto l’ aspetto delle semplificazioni il Governo ha iniziato un proprio percorso, che però deve trovare un importante e non timido ampliamento.
Da quanto esposto deriva anche la necessità di un approccio alla figura del pubblico amministratore e del pubblico dipendente che rifugga dalla sopravvalutazione delle situazioni patologiche, per basarsi su quella che è la regola: una categoria di soggetti che operano in piena onestà e trasparenza, pur spesso tra mille difficoltà e carenza di mezzi, e però probabilmente necessitanti di linee organizzative omogenee su tutto il territorio nazionale, onde evitare il formarsi di tante piccole repubbliche a sé stanti.
Lo stesso approccio deve valere verso quei cittadini che a vario titolo si trovino a interagire con la Pubblica amministrazione, nei confronti dei quali deve valere un atteggiamento di fiducia e di favor per le iniziative imprenditoriali, senza peraltro mai far retrocedere la qualità e la natura fiduciaria della prestazione, professionale o impren- ditoriale, a criterio da sacrificarsi in nome di una esasperata e controproducente economicità. Un contratto tra Stato e Cittadino fondato e realizzato sul reciproco affidamento è probabilmente il miglior strumento di prevenzione nei confronti dei fenomeni di criminalità economica.
Questo significa anche riflettere sulla necessità di mettere il pubblico amministratore nella condizione di poter operare serenamente, senza il “terrore” di apporre una firma con lo spettro di incappare in un procedimento penale o di altra natura, magari destinato a risolversi positivamente, ma comunque motivo di ansia e sofferenza psicologica. Insomma sarebbe importante soffermarsi su riforme che possano tranquillizzare ed evitare ogni inerzia difensiva precauzionale da parte del Pubblico: penso, ad esempio, ad un ripensamento del reato di abuso di ufficio, così come bisognerebbe avere la serenità di ridare razionalità ed equilibrio a istituti quale l’ attuale accesso civico.
Poi vi è il tema della concezione di spesa, da inquadrarsi come strumento di sviluppo del Paese e non sempre e innanzitutto come possibile spreco: certamente non bisogna spendere male, ma altrettanto certamente bisogna che lo Stato sappia investire, anche con coraggio, e che lo faccia in tutto ciò che possa essere veicolo di sviluppo.
La spesa pubblica, peraltro, non può più parametrarsi su investimenti di corto respiro, dovendosi guardare ad ampi orizzonti temporali: pensiamo solo alla messa in sicurezza del territorio, alla tutela del patrimonio artistico, alla edilizia scolastica, a quella giudiziaria, alle infrastrutture di ogni dimensione, alla ricerca. Tutti interventi che necessitano di progetti di amplissima visione prospettica e durata, da realizzarsi in collaborazione tra le diverse forze politiche inevitabilmente destinate, in democrazia, ad alternarsi come maggioranza e minoranza.
Infine, ci sono i progetti socialmente rilevanti, che non debbono mai considerarsi, con visione prettamente mercatista, antieconomici: si tratta degli interventi in favore dei più bisognosi. La nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, sulla dignità della persona, e soprattutto sul dovere di solidarietà da parte dello Stato: non credo sia un buon amministratore colui che risparmi, per esempio, sul diritto alla salute, o alla istruzione, o alla difesa, a scapito dei non abbienti. Vi sono poi campi di investimento culturalmente “nuovi”, come l’educazione al linguaggio sui social e la conseguente tutela dei dati personali, che vanno strutturati da subito, con il rischio, diversamente, di giungere a un pericoloso punto di non ritorno.
In conclusione, la Corte dei Conti probabilmente dovrà sempre più tracciare gli indirizzi sulla corretta definizione di spesa, e l’Avvocatura italiana, come componente della giurisdizione, come corpo sociale responsabile, darà il proprio contributo per la piena attuazione dell’articolo 97 della nostra Costituzione.