Dove non arriva il Parlamento a disciplinare il sequestro degli smartphone, arriva invece la Cassazione. La Sesta Sezione penale, presidente Orlando Villani, estensore Enrico Gallucci, con la sentenza 31180 depositata lo scorso 30 luglio, è tornata nuovamente, in tema di prove, ad affrontare il sequestro degli smartphone e del loro contenuto, a iniziare dalla messaggistica.

In particolare, si è stabilito che è illegittimo il decreto di ispezione informatica con il quale il pubblico ministero, prima di disporre la restituzione della “copia forense” dei dati acquisiti tramite il sequestro probatorio di telefoni cellulari, annullato dal Tribunale del Riesame, acquisisca nuovamente i medesimi dati. Si tratta, infatti, di un provvedimento inosservante della decisione giurisdizionale, con conseguente venir meno del potere dell’organo inquirente di incidere ulteriormente sul bene, neppure quando soggetto a confisca obbligatoria.

L'acquisizione di tali dati, quindi, configura la violazione della sfera di libertà e segretezza della corrispondenza, al di fuori dei presupposti stabiliti dall’articolo 15 Costituzione. Sul punto, in motivazione, la Cassazione ha precisato che le varie ' chat” in tal modo acquisite, affette da “inutilizzabilità patologica”, non sono utilizzabili nella fase delle indagini e neppure a fini cautelari. Con tale pronuncia, anticipata ieri dal Sole- 24 Ore, i giudici di piazza Cavour hanno affermato ancora una volta che la corrispondenza è un concetto quanto mai ampio, “idoneo ad abbracciare ogni comunicazione umana”, in cui rientra anche la messaggistica digitale.

L’ITER DELLA NUOVA LEGGE

In commissione Giustizia alla Camera, a tal proposito, è pendente dallo scorso aprile, dopo il voto dell’aula di Palazzo Madama, la proposta di legge a firma dei senatori Giulia Bongiorno (Lega) e Pierantonio Zanettin (FI) sul sequestro dei telefonini, messa a punto d’intesa con via Arenula e in particolare con il viceministro Francesco Paolo Sisto. In considerazione dei dati altamente sensibili che vi sono contenuti, il sequestro degli smartphone necessita di garanzie al pari delle intercettazioni. La selezione dei dati deve essere assistita da un contraddittorio tra le parti per decidere cosa sia rilevante a fini processuali, anche in relazione alla conservazione degli stessi nell'archivio delle intercettazioni.

All'interno di un dispositivo, come ricorda sempre il ministro Carlo Nordio, “c’è la nostra vita”. Le chat, poi, consentono di ricostruire, anche a distanza di tempo, le conversazioni intercorse fra il possessore dell’apparato e altri soggetti. La riforma ha allora previsto il nuovo articolo 254 ter del codice di procedura penale: “Sequestro di dispositivi e sistemi informatici, smartphone e memorie digitali”.

A dare manforte all’iniziativa parlamentare, come detto, la Cassazione, che ha più volte stabilito, riguardo al sequestro di tali dispositivi, l’ illegittimità, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, in caso di mancata indicazione “di specifiche ragioni a un’indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute”. La Cassazione in passato aveva anche respinto il sequestro 'a strascico' di tutti i file contenuti nel cellulare di un indagato, dal momento che il pm deve procedere all'immediata restituzione dopo aver proceduto alla ricerca di quanto d'interesse.

L'Autorità giudiziaria, con la nuova disposizione, deve indicare le ragioni che rendono necessario il sequestro “in relazione al nesso di pertinenza fra il bene appreso e l’oggetto delle indagini”, specificando le operazioni tecniche da svolgere sullo smartphone e i criteri che verranno utilizzati per selezionare, nel rispetto del principio di proporzione, i soli dati effettivamente necessari per il prosieguo delle indagini.

La riforma Bongiorno-Zanettin, infine, dispone che se vi sia il sospetto che il contenuto dei dispositivi possa essere cancellato, alterato o modificato, l’autorità giudiziaria debba impartire le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedirne a chiunque l’analisi e l’esame sino all’espletamento, in contraddittorio con gli interessati, delle operazioni di selezione dei dati. Entro 5 giorni dal sequestro, il pm deve poi avvisare la persona sottoposta alle indagini, la persona alla quale il telefonino è stato sequestrato, la persona alla quale dovrebbe essere restituito e la persona offesa dal reato e i relativi difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissato per l’affidamento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici.

Sulle eventuali questioni concernenti il rispetto dei principi di necessità e di proporzione nella selezione dei dati, il pubblico ministero decide entro 48 ore con decreto motivato. Ed entro le 48 ore successive il giudice per le indagini preliminari, con decreto motivato, convalida in tutto o in parte il provvedimento del pubblico ministero, eventualmente limitandone gli effetti solo ad alcuni dei dati selezionati, ovvero dispone la restituzione del dispositivo e della eventuale copia informatica nel frattempo realizzata.

«Speriamo che alla Camera, alla ripresa dei lavori, venga impressa una accelerazione per l’approvazione definitiva del testo», ha dichiarato Zanettin.