L’Inchiesta sul dossieraggio scoppiata a Milano qualche giorno fa e che vede coinvolti nomi della finanza, non solo non rappresenta un caso isolato bensì è solo l'ultimo di una serie di episodi analoghi accaduti dall'inizio dell'anno nel nostro Paese. Si è cominciato a marzo con il cosiddetto “Caso Striano/Laudati”. Il primo Tenente della Guardia di Finanza, il secondo un magistrato in pensione, già in funzione alla Dna: entrambi finiti nella maxi inchiesta della Procura di Perugia, condotta da Raffaele Cantone, per presunti accessi abusivi alle banche dati della Direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo, e la conseguente rivelazione di documenti segreti e veri e propri dossier su vip e politici.

A dare il via alle indagini la denuncia del ministro della Difesa, Guido Crosetto, uno dei principali bersagli dell'attività dei presunti spioni. Ma con lui ci sarebbero i ministri del governo Meloni Gilberto Pichetto Fratin, Marina Calderone, Giuseppe Valditara, Francesco Lollobrigida, Adolfo Urso, Maria Elisabetta Alberti Casellati, i deputati Chiara Colosimo, Andrea Delmastro, Tommaso Foti, Marta Fascina. Ma anche Matteo Renzi, così come il presidente della Federazione gioco calcio Gabriele Gravina, l’imprenditore Andrea Agnelli, l’ex dirigente del Miur Giovanna Boda, l’imprenditore Fabrizio Centofanti (già conosciuto per il Palamaragate), l’ex ministro Vittorio Colao, l’ex assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato, il sottosegretario della Lega Claudio Durigon, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, e ancora Claudio Velardi, Tommaso e Francesca Verdini, l’ex vice presidente del Csm Michele Vietti, e molti altri. Comunque le informazioni, tramite wetransfer, sarebbero state inviate per email ai giornalisti del Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, indagati anche loro. Gli invii coprirebbero un arco temporale di tre anni e mezzo, dal maggio 2018 all’ottobre del 2022.

Il secondo è più recente. Poche settimane fa la è stato arrestato un giovane hacker, Carmelo Miano, insospettabile e incensurato, al termine di una indagine coordinata dalla Direzione nazionale Antimafia e dal pool reati informatici della Procura di Napoli. Il ventiquattrenne, un informatico originario di Gela, ma domiciliato a Roma, è accusato di aver violato ripetutamente i sistemi informatici del ministero della Giustizia e di diverse aziende di rilevanza nazionale. Gli investigatori sostengono che Miano abbia avuto accesso alle comunicazioni di 46 magistrati di diverse procure italiane, compresi alcuni magistrati che stavano indagando sul suo conto, oltre a computer di funzionari, militari della Guardia di Finanza e agenti di polizia giudiziaria.

Tra le altre, avrebbe violato le comunicazioni dei procuratori di Perugia, Firenze e del procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri. Da chiarire ancora gli scopi di tali attività. In primis, come da stessa ammissione dell’indagato, lo avrebbe fatto per capire cosa la magistratura avesse in mano contro di lui. Si vocifera già che una volta definita la sua posizione processuale, Miano potrebbe essere assoldato dai nostri Servizi segreti: l’Italia vorrebbe evitare che un giorno un hacker così esperto finisca per lavorare per altri Paesi.

Sempre ad ottobre viene indagato dalla procura di Bari il cinquantaduenne Vincenzo Coviello, un ex dipendente della filiale Agribusiness di Bisceglie (gruppo Intesa), per accessi abusivi - oltre seimila - ai conti correnti di vip, politici, ufficiali dell’Arma e della Finanza, giornalisti e altri personaggi pubblici, compresi alti prelati del Vaticano. Tra le persone di interesse dell’uomo licenziato in tronco (decisione impugnata) ci sarebbero la premier Giorgia Meloni, la sorella Arianna, i ministri Crosetto e Santanchè, il vicepresidente esecutivo in pectore della Commissione Ue Raffaele Fitto, il presidente del Senato Ignazio La Russa. E ancora i governatori Michele Emiliano (Puglia) e Luca Zaia (Veneto), il procuratore di Trani Renato Nitti e il capo della Dnaa Giovanni Melillo. L’uomo ha dichiarato di aver agito «per mera curiosità ». E nel procedimento disciplinare si è difeso producendo anche la relazione di uno psicologo, che attesta il suo essere affetto da “Disturbo di adattamento misto” ovvero disturbi emotivi e della condotta.

E arriviamo appunto a qualche giorno fa e sull’ennesima presunta scoperta di rete di dossieraggio in Lombardia. Tra le accuse contestate c’è l'associazione per delinquere finalizzata all'accesso abusivo a sistema informatico, intercettazioni abusive, rivelazione del segreto d'ufficio e corruzione. Stando alle ipotesi della Dda di Milano sarebbero oltre 800mila le persone che potrebbero essere state spiate con accessi abusivi alle banche dati. Al momento si tratterebbe di una banda di spioni, composta anche da dipendenti dello Stato infedeli, dedita a rubare dati riservati a beneficio di clienti provenienti dal mondo dell'economia che conta. I bersagli principali? Imprenditori e le loro famiglie. I motivi? Affari e cuore. Infatti secondo l'accusa, ad esempio, Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica e tra gli indagati eccellenti, avrebbe fatto inoculare un trojan illegale nel cellulare della fidanzata per vedere con chi messaggiava. E sempre a suo favore era stato confezionato ad arte un dossier nei confronti del fratello Claudio. Ad essere oggetto di dossieraggio anche Ignazio La Russa e i suoi figli. A chiedere approfondimenti sulla seconda carica dello Stato, sarebbe stato Enrico Pazzali, socio di maggioranza della società di investigazioni Equalize srl al centro dell'inchiesta e presidente della fondazione Milano Fiera.