LO SCENARIO

D’accordo con Salvini e Meloni ha fatto cadere Draghi per avere una chance A 85 anni il Cavaliere non molla e tenta il blitz sfruttando il presidenzialismo

UNO. Berlusconi aspira a fare il presidente della Repubblica? E le sue frasi sulla necessità delle dimissioni di Mattarella per garantire il presidenzialismo ( e l’elezione al vertice dello Stato del Cavaliere) sono parte di questo progetto oppure quanto sta accadendo dimostra soltanto che, come sentenzia Carlo Calenda: «Non credo che Berlusconi sia più in sé» ? Procediamo con ordine. Berlusconi certamente aspira, e non da ora, alla poltrona più alta e prestigiosa della Repubblica. Per la Repubblica così com’è o per la Repubblica presidenziale a cui vuol dar vita il centrodestra. Ritiene che in qualche modo gli spetti. Un ringraziamento per quel che lui ha fatto, ritiene di aver fatto, a favore dell’Italia. Un giusto riconoscimento per il suo impegno. Entrerebbe nei libri di storia. Risarcito dall’umiliazione di essere stato scacciato dal Senato e condannato per aver imbrogliato sulle tasse. Vuole cancellarla la mortificazione subita ( lui ritiene ingiustamente) dell’espulsione dal Senato, costretto a svolgere attività alternative al carcere perché condannato ( a suo dire ingiustamente). Che questi siano i convincimenti di Berlusconi lo dimostrano fatti facilmente verificabili. Lo scorso gennaio, alla scadenza del settennato di Mattarella, Berlusconi si candidò al Quirinale. Si candidò per essere eletto presidente della Repubblica, convinto che ce l’avrebbe fatta e avrebbe avuto successo. Sul Giornale, il quotidiano di famiglia, il 19 gennaio, nel pieno svolgimento delle quirinalizie, il Cavaliere avvertiva: «Non deluderò chi mi ha dato fiducia». Affiorano dubbi? Tajani, che di Berlusconi è l’uomo di fiducia, mette in chiaro: «Il centrodestra è ancora tutto a sostegno di Berlusconi la cui candidatura al Quirinale non ha alternative». Nei giorni successivi è l’on. La Russa, il grande “consigliere” della Meloni, dal solito Giornale, a insistere: «Soltanto col Cavaliere al Quirinale ci sarà la pacificazione del paese». La candidatura, però, non quaglia. Berlusconi decide un passo indietro prima che la sconfitta diventi evidente. Avverte che si ritira per propria scelta e non per carenza dei voti necessari ad essere eletto. Le cose non stanno come il centrodestra fa credere, ma Berlusconi detta: «Ho verificato l’esistenza di numeri sufficienti per l’elezione. È un’indicazione che mi ha onorato e commosso». Perché non abbia insistito e abbia ritirato la candidatura non si capisce. È invece chiaro e si capisce il messaggio che è anche la sua giustificazione: non sono uno sconfitto, potrei fare il Presidente ( che significa anche: potrò fare il Presidente), sono io a rinunciare non gli altri a impedirmelo.

DUE. A 85 anni le persone di solito non fanno altri impegnativi ( e faticosi) progetti di vita. Ma Berlusconi, lo dimostra la sua intera esistenza e gli va dato atto, non è come tutti gli altri. Nelle scorse settimane è stato decisivo per far saltare il governo Draghi la cui caduta è stata “elaborata” e decisa nella villa sull’Appia Antica, la più recente dimora romana del Cavaliere. Un’operazione politica che ha rimesso insieme, nonostante i conflitti profondi che l’attraversano, l’intero centrodestra, perfino col vantaggio di addossare la responsabilità dell’accaduto all’incauto e confuso ex presidente Conte che ha pagato le sue manovre con la scomparsa di un bel pezzo del Movimento 5 Stelle. Nel vertice dell’Appia Antica erano concentrati interessi politici diversi. La Meloni aveva fretta a buttar giù Draghi perché il tempo lavorava contro di lei, titolare del vantaggio di essere l’unica opposizione a Draghi, ma anche costretta a fare i conti col possibile consolidarsi di altri scenari ( come ha poi dimostrato lo sfarinarsi di Forza Italia con l’abbandono di parti significative del moderatismo liberale). Salvini, dopo il suo fallimento come stratega per l’elezione del presidente della Repubblica, era costretto a registrare il proprio logoramento non soltanto nei sondaggi, ma anche per le critiche del cuore più antico del leghismo settentrionale che continua a vedere fermo l’obiettivo dell’Autonomia differenziata. Forza Italia sempre più debole e, per questo, sempre più subordinata a Salvini, sempre più in crisi col cuore liberaldemocratico della sua storia, ha dato il via al licenziamento di Draghi per non infragilirsi ancor di più. La notizia, a parlamento sciolto, che Berlusconi sarebbe stato candidato al Senato è stata immediata. Facile collegarla al fatto che la presidenza del Senato è la carica che viene subito dopo quella del Presidente della Repubblica. Berlusconi ha smentito di voler fare il presidente del Senato, ma s’è preoccupato di chiarire che il presidenzialismo, rilanciato con energia dal centrodestra e asse strategico della Meloni, prevede necessariamente le dimissioni di Mattarella. Difficile dargli torto. Calenda ritiene che Berlusconi non sia più in sé. Certo se la Meloni si presentasse all’Europa e al resto del mondo con Berlusconi presidente, per l’Italia le difficoltà aumenterebbero, e certo non sarebbero minori per la Meloni. Ma non è detto che Calenda abbia ragione.