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Il ministro Carlo Nordio nell’aula del Senato durante la relazione sull'amministrazione della giustizia, Roma, Mercoledì, 22 Gennaio 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Minister Carlo Nordio in the Senate during the report on the administration of justice, Rome, Wednesday, Jan. 22, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Sarà una riunione difficile. Non tutti saranno d’accordo con la linea di Carlo Nordio. Ma la tensione coi magistrati non è mai stata così alta, ed è proprio per spegnere l’incendio che il guardasigilli ha convocato il vertice «informale» di oggi. Vi parteciperanno i presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, insieme con i capigruppo di tutti i partiti del centrodestra. E sarà l’occasione per chiarire che la separazione delle carriere è così importante da imporre anche qualche rinuncia, temporanea almeno, ad altri dossier.
Mai l’attrito col potere giudiziario aveva raggiunto il picco di venerdì scorso, registrato con le reazioni furibonde del governo, Giorgia Meloni e Matteo Salvini in testa, alla sentenza della Cassazione sul caso Diciotti. Certo, c’era già stato, una settimana prima, lo sciopero dell’Anm. Ma a dare il senso di una tensione schizzata oltre i limiti è stata Margherita Cassano, che della Suprema corte è la presidente e che è una figura di assoluto equilibrio, non assimilabile al sindacalismo corporativo dell’Anm. Ebbene, la più alta giudice di Piazza Cavour, nel rispedire al mittente gli «insulti», ha fatto capire, indirettamente, che l’Esecutivo, con certi attacchi alle toghe, rischia un clamoroso autogol.
Nordio lo sa. Come lo ha ben compreso chi, a Palazzo Chigi, governa le sorti della giustizia: la premier Meloni, ovviamente, e il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano. Tutti e tre hanno chiara la necessità di raffreddare i toni, legata non solo all’impegno assunto, a riguardo, con Cesare Parodi, presidente dell’Anm, ma anche a un rischio concreto: spingere troppo il piede sull’acceleratore della giustizia, aggiungere altri carichi da novanta alla già incandescente separazione delle carriere, può far perdere al centrodestra il referendum, inevitabile, sulla riforma costituzionale.
Ecco il motivo per cui oggi Nordio, nell’incontro inizialmente in programma per la mattina e posticipato alle 18.30, chiederà un disarmo generale. Uno stop, per esempio, ai progetti come le modifiche sul trojan, la Giornata per le vittime degli errori giudiziari, l’indagine parlamentare sulla magistratura. Sarà un risultato, per Forza Italia, già portare a casa la “legge Zanettin” che limita a 45 giorni la durata ordinaria delle intercettazioni (sulla quale domani l’Aula di Montecitorio dovrebbe votare le questioni pregiudiziali).
Il resto va messo un attimo da parte, per non complicare il destino delle carriere separate. Perché se, per esempio, Nordio presentasse orea un disegno di legge per vietare ai pm l’uso dei trojan nelle indagini di corruzione, si otterrebbero due effetti devastanti, per il referendum sulla riforma costituzionale. Innanzitutto, si offrirebbe all’Anm un assist per sostenere che l’Esecutivo, con il “divorzio” tra giudici e pm come con le altre riforme, vuole indebolire la pubblica accusa. E soprattutto, si insinuerebbe nell’elettorato il sospetto che l’intera azione del centrodestra sulla giustizia sia concepita per “favorire l’impunità”, e che dunque la stessa separazione delle carriere abbia questo obiettivo. Proprio come sostengono gli avversari della riforma.
Nella riunione di oggi con i parlamentari della maggioranza, Nordio dovrebbe far presente che una lettura simile sarebbe immediatamente proposta dalle “controparti”: l’Anm e le sue correnti, ma anche le forze d’opposizione contrarie alle carriere separate, cioè Pd, M5S e Avs. Se si va avanti con proposte “pesanti” sulla giustizia, si rischia di non portare a casa il risultato più importante: separare i giudici dai magistrati dell’accusa, introdurre il sorteggio per i togati Csm e infliggere così il colpo definitivo al correntismo.
Sarà una riunione difficile, si diceva. Perché per esempio il capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri insisterà con la tesi secondo cui debbano andare avanti anche le proposte di legge ordinarie, a cominciare dalle modifiche sulle intercettazioni, come le nuove regole sui trojan e quelle sul sequestro degli smartphone. Ma se Nordio metterà sul tavolo l’analisi di cui sopra, della quale è convinto, sarà difficile, per gli interlocutori, dargli torto.
Ieri a dire che «con i magistrati noi siamo sempre disponibili al dialogo» è stato Andrea Ostellari, il sottosegretario che a via Arenula rappresenta la Lega, vale a dire il partito che ha più ferocemente apostrofato i giudici della sentenza Diciotti. Non è un caso. È il segno che ai vertici dell’Esecutivo, dopo la sfuriata di venerdì scorso, si è ragionato con un attimo di calma. E si è compreso come, da una guerra senza quartiere sulla giustizia, si rischierebbe di uscire con le ossa rotte.