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LaPresse
Clima teso negli uffici giudiziari di Firenze. Il motivo è legato alla vicenda che ha interessato qualche settimana fa l’avvocato Filippo Viggiano. Il 14 febbraio il professionista del Foro fiorentino nel visionare, in occasione di una udienza, il fascicolo del dibattimento ha rinvenuto una bozza di dispositivo (una “copia informe” datata 18 ottobre 2023) nella quale risultava la condanna del proprio assistito, un cittadino di origine marocchina. Da qui la ricusazione dei magistrati del collegio giudicante.
La singolare scoperta da parte dell’avvocato Viggiano e la conseguente segnalazione al Coa ha suscitato la reazione della Camera penale di Firenze. La bozza di dispositivo, si legge in una nota dei penalisti «è sfuggita dalle mani di qualcuno e solo il caso l’ha fatto rinvenire». «Il fatto – aggiunge la Camera penale – è oggettivamente grave e reca con sé una serie di considerazioni che, ormai, da troppo tempo, dimorano nella testa degli avvocati. Dalle decisioni giudiziali dipendono le vite delle persone; decisioni così difficili, così complesse e talvolta anche così umane da dover essere assunte, necessariamente dopo lunghe, serie e anche dolorose riflessioni. Quanto accaduto svilisce totalmente non soltanto la regola giuridica della immediatezza della decisione, ma l’essenza stessa della fiducia verso la magistratura, che, con queste evidenze, riesce a far decadere ogni forma di credibilità verso le decisioni giuste».
Il Coa di Firenze, presieduto da Sergio Paparo, con due delibere - del 21 e del 28 febbraio scorsi - ha segnalato quanto accaduto al presidente della Corte d’appello di Firenze e alla presidente del Tribunale, Marilena Rizzo. Nella delibera del 28 febbraio (la n. 6) il Coa ha rilevato che «l’autorizzazione da parte del pm d’udienza all’avvocato Viggiano per la consultazione del fascicolo denota la correttezza del comportamento tenuto dal difensore» e «che è un dato di fatto che all’interno del fascicolo processuale della vicenda oggetto della segnalazione fosse presente un dispositivo di sentenza datato 18.10.2023, redatto non in forma di mero appunto». Inoltre, l’Ordine degli avvocati ha rilevato, in riferimento alla circostanza della presenza di un dispositivo di sentenza, che la valutazione della eventuale illiceità «compete esclusivamente agli organi deputati all’esercizio della funzione ispettiva e disciplinare ai quali la segnalazione del Consiglio dell’Ordine del 22.02.2024 è stata rimessa da parte del presidente del Tribunale». Infine, il Coa di Firenze auspica che «gli organi titolari del potere ispettivo e disciplinare assumano quanto prima le determinazioni di loro competenza su una vicenda che desta comprensibili perplessità e preoccupazione circa il rispetto sostanziale, e non meramente formale, del ruolo essenziale della difesa nel processo penale».
In merito alle posizioni della magistratura, la presidente del Tribunale di Firenze ha autorizzato la richiesta di astensione del collegio della seconda sezione penale, richiedendo una relazione scritta alla presidente del stesso collegio, Anna Favi, che è stata redatta e trasmessa poco dopo. Nel documento, come evidenzia la presidente del Tribunale di Firenze nell’interlocuzione con il presidente del Coa, «non risultano violazioni né a carico della presidente del collegio né del collegio giudicante, mentre non altrettanto sembra potersi ritenere avuto riguardo alla condotta dell’avvocato Viggiano, che ha visionato e fotografato il contenuto di degli appunti inseriti nel fascicolo cartaceo lasciato momentaneamente sullo scranno nell’imminenza dell’udienza, assenti i cancellieri e i giudici, e quindi senza autorizzazione (il pubblico ministero, non essendo titolare del fascicolo, certamente non era abilitato ad esprimersi al riguardo)».
La replica dell’avvocato Viggiano non si è fatta attendere. «Vorrei ricordare a giudici tanto attenti ai profili di competenza autorizzativa – afferma - che l’art. 470, comma 1, del codice di procedura penale attribuisce al pubblico ministero la disciplina dell’udienza in assenza del giudice. Quindi il soggetto a cui mi sono riferito è quello correttamente individuato. Aggiungo, per completezza, che mi sarei rivolto al pubblico ministero anche in presenza del cancelliere parendomi doveroso fare riferimento al titolare del potere di disciplina dell’udienza. Oppure, opinando diversamente, qualcuno postula che al permesso del pubblico ministero, alter ego del giudice in quel momento, il cancelliere potesse sottrarsi se in disaccordo? Mi pare che i tratti grotteschi della vicenda non abbiano bisogno essere moltiplicati sine necessitate tanta è, già ad oggi, l’abbondanza che li caratterizza».
Viggiano si sofferma su un altro particolare dell’udienza del 14 febbraio scorso: «Si fa riferimento ad un plico spillato; ebbene delle due l’una o si ritiene che vi fosse una sorta di busta chiusa, plico spillato appunto, che avrei aperto e allora, molto semplicemente, la circostanza è destituita del benché minimo fondamento, oppure si intende che ci fosse qualche spilla o graffetta attaccata alla copertina allegata dalla dottoressa Favi e questo non lo ricordo e comunque non posso escluderlo. Invece escludo, e nel modo più categorico, di aver posto in essere un’azione di ricerca più incisiva del mero sfogliare. Trovato l’atto ho appoggiato il fascicolo e ho fotografato a scopo, per così dire, cautelativo nei riguardi degli interessi del mio assistito».
Sulla vicenda è intervenuta anche l’Associazione italiana giovani avvocati (Aiga). «Da quanto si apprende – è scritto in una nota -, un avvocato ha rinvenuto all’interno del fascicolo processuale il dispositivo della sentenza già predisposto, con tanto di condanna già determinata prima ancora dello svolgimento dell’udienza di discussione finale. È per vicende come questa che i cittadini hanno sempre meno fiducia nella giustizia italiana, di ogni giurisdizione e ad ogni livello. Non può passare sotto silenzio o nascondersi dietro le sterili giustificazioni della magistratura fiorentina un simile episodio, radicalmente contrario ai precetti costituzionali sul giusto ed equo processo, oltreché ai fondamenti più basilari del processo penale. L’Aiga chiede con forza che sulla questione si esprima il Consiglio superiore della magistratura, assumendo i dovuti provvedimenti, anche disciplinari, nei confronti del giudice titolare del processo in questione. È necessario tutelare l’immagine e la credibilità dell’intero sistema giustizia, soprattutto agli occhi degli imputati e dei loro difensori, che vedono, ancora una volta, svilita la propria funzione difensiva».