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In questo mondo alla rovescia, dove i somari prendono a pugni gli educatori, gli ignoranti deridono i laureati, i politici vengono estratti a sorte e i falsi trasformati in verità, sembrava che almeno un assunto reggesse ai rovesci del terzo millennio, e cioè che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli. E ce n’era voluto un bel po’ per ribaltare il senso della tragedia greca dando torto ad Aristotele, Sofocle, a Edipo e pure alla Bibbia, che peraltro è sempre stata cerchiobottista: “Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” ( Es 20,5- 6); «Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato. ( Dt 24,16)». Dunque, l’assunto – che non è Leonardo il figlio del presidente Rai, Marcello Foa, inglobato leghisticamente nello staff di Salvini – ma nel senso di “tesi, argomento, tema, asserzione, affermazione” ci sta creando un sacco di problemi politici, etici e soprattutto identitari. Affannati come siamo a caccia della Colpa - dell’avversario, del premier, del governo e dell’opposizione, dell’Europa e dei mercati, dei migranti, gay o etero che siano -, ma senza senso di colpa, ne troviamo talmente tanta ma non sappiamo più darle il giusto valore, che ormai ci mancano sia il Credo che l’Ideologia. Fino a ieri la colpa era del Pd, l’altro ieri ci aiutava un po’ il Muro, ma ora che l’hanno fatto spinato non oscura più la vista come dovrebbe. La Cortina di ferro spinato è piena di spifferi. E’ così se ne sentono d’ogni colore. Il ministro dell’Interno ci ha già portati per mano sul sentiero giusto: «Se le colpe dei padri non ricadono sui figli, le colpe dei figli non devono ricadere sui padri. Ognuno passa il tempo come vuole... se mio figlio andasse in giro per barconi lo riporterei a casa per l'orecchio, ma ognuno fa come vuole». Salvini ha sistemato il problema causato dal figlio del ministro del Tesoro, Tria, di nome Stefano Paolo e di fatto impegnato come skipper su una nave di appoggio alla Mare Jonio, l'imbarcazione umanitaria di Mediterranea Saving Humans. Avere un figlio che salva vite nel Mediterraneo con le Ong è per il leader leghista come fare lo scafista, che lui li metterebbe tutti in galera. E pure il padre, diciamolo, è un rompiscatole: non allarga i cordoni del Tesoro per fare la flat tax e minaccia l’aumento dell’Iva per coprire il buco di bilancio da 23 miliardi. Il buco che rischia di inghiottire i conti della scialuppa Italia piena di falle. Il figlio salva i clandestini e il padre ci affonda: le colpe in questo caso sembrano ben distribuite. Certo, i tempi sono proprio cambiati. Quando Bossi tuonava contro i terun, a Verona gli striscioni dicevano “Forza Vesuvio” e a Napoli rispondevano che Giulietta era assai allegra. Oggi rischiamo “Forza Mediterraneo” e “Giulietta è islamica”. Poi Salvini ha scoperto che il figlio di Roberto Maroni, Fa- brizio, ventenne, si sta candidando in una lista civica che appoggia il sindaco Pd a Lozza, nel varesotto. Poteva dare automaticamente la colpa al Pd ma è stato zitto, che è inelegante attaccare un cotanto collega di partito che si è pure mostrato liberale per la scelta del figlio.
C’è figlio e figlio. Quello che spicca su tutti oggi è biondo, occhi verdi, al secolo Antonio Piccirillo, 23 anni, imprenditore. Figlio del boss della Torretta Rosario detto “o biondo”, noto come il padrino dei pontili di Mergellina a cui imponeva il pizzo ( che oggi sta scontando diverse condanne per riciclaggio, racket e usura nel carcere di Tolmezzo), il giovane ha fatto un clamoroso e magnifico coming out dichiarando di aver scelto una strada assai diversa da quella paterna e ieri ha parlato in piazza Nazionale durante la marcia «DisarmiAmo Napoli» : «Ho invitato i giovani come me, soprattutto i figli di camorristi, a ribellarsi a quel sistema malato che non porta a nulla». «La camorra? Mi ha sempre fatto schifo. Mio padre - e altri come lui hanno reso la vita difficile a noi figli e inevitabilmente ce l'hanno pregiudicata perché per la gente comune portiamo un marchio indelebile. Perciò ai giovani dico: dissociatevi da questo schifo e costruitevi il vostro futuro con la cultura e il lavoro». Non è solo un figlio che dà la colpa al padre, ma è una scomunica etica, un trionfo di ideali, di coraggio e il rifiuto di quell’omertà familiare che tiene unite le cosche, la camorra e le mafie. Chapeau.
Le colpe dei padri sono macchie indelebili, più di quelle dei figli. Almeno così sembra. Poi si rimane dubbiosi di fronte al caso della famiglia Renzi, di papà Tiziano e di figlio Matteo, dove non si capisce se la vera colpa fu della Consip e dell’essere uno dei più odiati premier dai social della Seconda Repubblica, oltre che dagli avversari. Altri figli hanno dovuto discolparsi per le colpe dei padri. Come Luigi Di Maio, quando hanno beccato il padre Antonio con strutture abusive, dipendenti in nero e dichiarazioni dei redditi da ben 88 euro, che manco un barbone sotto ponte Matteotti. Di lì scuse, demolizioni, pur di salvare la banda degli onesti. Anche Vittorio Di Battista, post fascista scatenato, ha dato da fare al figlio Alessandro, honestà, honestà, soci della Di. Bi. Tec con debiti e stipendi non pagati, 150 mila euro alle banche, 135 mila ai fornitori, 60 mila all’erario, quasi 8mila all’Inps. Vittorio disse d’aver votato per tre volte nei gazebo del Pd, per dimostrare che le primarie erano un imbroglio, ma quando si scoprì che votò con i seggi ancora chiusi venne sepolto di pernacchie. E dissero che era uno scherzo. Da allora non si è più ripreso, e anche il figlio, dopo i gilet gialli, le accuse a Macron e i flop in Abruzzo, Basilicata e Sardegna, si stava perdendo tra India e Africa, silenziato da Casaleggio. Si fa presto a incrociare le colpe dei padri e dei figli. Già ci stanno provando gli inglesi col royal baby di Meghan e Harry: la madre vuole andare sei mesi in Africa e poi a vivere in California, vicino alla nonna. Chissà se il “black prince” non diventerà un pulcino nero. Di chi la colpa?