Voto rimandato e accese polemiche sulla proposta di modifica della legge istitutiva della Bicamerale, atta a normare il possibile conflitto di interessi di alcuni parlamentari. La notizia è arrivata al termine di un lungo confronto che si è tenuto ieri negli uffici di presidenza della Commissione: la presidente dell’Antimafia, l’esponente di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo, ha deciso di proseguire con l’iter che porterà alla modifica della legge per stabilire l’obbligo di astensione dei membri della Commissione, abbandonando così definitivamente la possibilità di procedere alla modifica del regolamento, così come chiesto da alcuni esponenti dell’opposizione, a eccezione del Movimento 5Stelle, che si è detto contrario.

La proposta della presidente Colosimo verrà presentata alla Camera dal vicepresidente della Commissione Mauro D’Attis e al Senato dal segretario di Commissione Antonio Iannone. L'obiettivo della modifica è quella di andare a disciplinare tutti i casi in cui i commissari, deputati e senatori, che si trovano in una situazione di conflitto di interessi in relazione a fatti oggetto di inchiesta della Commissione, devono astenersi sia dai lavori che dalla consultazione degli atti: questo per far sì che il lavoro della Commissione, vista la delicatezza dei temi trattati e i casi evidenti emersi, non venga inficiata in termini di trasparenza e obiettività.

«L'auspicio – si legge in una nota dei primi firmatari Riccardo De Corato (Fdi), Pietro Pittalis (FI), Pino Bicchielli (Nm), Giampiero Zinzi (Lega) e Francesco Gallo (Misto) - è che, data la rilevante necessità di intervenire su questi casi in linea generale, ci sia la condivisione anche di altri gruppi». Secondo la proposta originaria della Colosimo «i componenti che, per la carica ricoperta o per le attività svolte, anche non attualmente, si trovino in una situazione di conflitto di interessi in relazione a determinati fatti oggetto di inchiesta da parte della Commissione, hanno l'obbligo di astenersi dalla partecipazione ai lavori e dalla consultazione della documentazione sui fatti medesimi, qualora ciò possa recare pregiudizio alla obiettività delle indagini e degli accertamenti svolti dalla medesima».

Inoltre si prevede che la Commissione esamini «le comunicazioni e le segnalazioni, assicurando il contraddittorio con il parlamentare interessato, e approva una relazione con le relative conclusioni in ordine alla sussistenza della situazione di cui al comma 1 e all'eventuale conseguente obbligo di astensione». Allo stesso tempo, però, la presidente Colosimo ha dichiarato la sua «disponibilità a ritirare la proposta» nel caso in cui «dall’opposizione arrivasse un testo migliorativo della legge» che vada esattamente nella direzione auspicata. Ma molto probabilmente una soluzione che metta d’accordo tutti sarà difficile da raggiungere, date le premesse.

La questione, com’è noto, è nata con la presenza in Commissione dei due ex magistrati, ora rispettivamente senatore e deputato del Movimento Cinque Stelle, Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho e con la loro eventuale incompatibilità, dato che nella Bicamerale si sta discutendo di indagini relative alla loro attività di magistrati. In merito al primo la settimana scorsa, il quotidiano La Verità ha riferito di un’intercettazione in cui l’ex magistrato Gioacchino Natoli, indagato a Caltanissetta per favoreggiamento della mafia in relazione ai fatti del ’ 92, nel prepararsi a deporre dinanzi alla Bicamerale sembrerebbe farsi “assistere” proprio da Scarpinato, che pure, nell’indagine conoscitiva di Palazzo San Macuto, dovrebbe essere “giudice”. Martedì l’ex pm aveva chiesto di secretare il materiale e rinviarlo a Caltanissetta in attesa dell’udienza- stralcio, che potrebbe escludere parte di quelle “captazioni” dal procedimento su Natoli.

E due sere fa proprio Scarpinato, durante una trasmissione condotta da Massimo Giletti, si era difeso attaccando: «Il motivo per cui mi voglio fare fuori dalla commissione Antimafia è questo: io sono tra i pochi magistrati che non ha mai accettato che le stragi di Capaci e via D'Amelio, nonché gli attentati di Roma, Firenze e Milano del 1993 fossero stati fatti solo dalla mafia. Io e alcuni colleghi abbiamo fatto delle indagini che dimostrano che dietro quelle stragi ci sono uomini potenti della politica, della massoneria e della destra eversiva. Alcuni di noi hanno subito procedimenti disciplinari, altri sono stati buttati fuori dall'Antimafia, altri ancora non hanno fatto carriera».

A queste parole hanno replicato ieri i membri di Forza Italia della Commissione: «Abbiamo assistito con grande meraviglia a una singolare esibizione in una parte di una trasmissione diffusa da Rai 3, nel corso della quale delicate vicende sono state descritte da un controverso protagonista in modo non completo e a tratti inesatto, con grave pregiudizio delle attività in corso nella commissione Antimafia. Il senatore Scarpinato ha potuto, in solitudine, offrire una lettura di fatti antichi e più recenti, che non trova corrispondenza in quanto è avvenuto ed è documentato. I documenti che stiamo esaminando dimostrano il contrario di quanto è stato affermato. E atti pervenuti alla commissione Antimafia e coperti da segreto non possono essere liquidati dall'interessato negandone i contenuti. Che vanno in tutt'altra direzione rispetto alla versione esposta in uno spot promozionale del tutto fuori luogo».

De Raho, invece, dirigeva la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo nel periodo in cui il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano avrebbe effettuato degli accessi abusivi, sui cui sta indagando la Procura di Perugia e su cui la commissione Antimafia ha svolto e svolgerà diverse audizioni. Ci ha spiegato il senatore dem Walter Verini, componente della Commissione: «Abbiamo ribadito la nostra forte contrarietà alla proposta della presidente Colosimo, così come formulata, perché rischia di apparire mirata contro due magistrati antimafia, come Scarpinato e De Raho. Altra cosa invece, se si volesse definire nei dettagli cosa significa “conflitto di interesse” per particolari situazioni (per esempio indagati, danno alle indagini, collusioni con ambienti della criminalità organizzata o del malaffare). In questo caso sarebbe possibile discutere seriamente.

L’annuncio - successivo alla seduta - della presentazione della proposta originaria da parte delle sole forze di maggioranza è per noi irricevibile». L’obiettivo del Pd è dunque quello di tipizzare giuridicamente il concetto di “conflitto di interesse” e lo farà nei prossimi giorni mettendo a disposizione della Commissione una proposta volta a individuare con precisione dei criteri e a ribadire che la decisione sulla incompatibilità dovrà ottenere almeno il voto due terzi della Commissione per evitare che ci possano essere discrezionalità derivanti dalle maggioranze di turno. Contrario il forzista Pietro Pittalis: «La proposta del Pd è assolutamente irricevibile, perché demanda al pubblico ministero la decisione di verificare chi può consultare o no gli atti che trasmettono in Commissione».