Sono ore d’attesa, a Palazzo Bachelet, da dove oggi pomeriggio alle 17 il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli è partito alla volta del Quirinale, per incontrare il Capo dello Stato dopo l’ennesimo scandalo in seno all’organo di autogoverno. Una storiaccia che, per molti, rappresenta la conferma di un sistema tutt’altro che guarito, dopo l’affaire Palamara che ha fatto pronunciare al Presidente Sergio Mattarella le parole «modestia etica», con riferimento al mercato delle nomine che ha inquinato il sottobosco di Palazzo Bachelet.

Ora di mezzo c’è l’incontro tra Rosanna Natoli, consigliera laica del Csm eletta in quota FdI, e la giudice Maria Fascetto Sivillo, sottoposta a un procedimento disciplinare, alla quale avrebbe dato alcune “dritte” sulla sua posizione. Un incontro che Fascetto Savillo ha registrato, audio poi spedito dal Comitato di presidenza in procura a Roma. In quella registrazione, la laica di FdI – che ha tirato pure in ballo un’altra componente del Consiglio, Claudia Eccher, in quota Lega, che le avrebbe chiesto «un occhio di riguardo su tante cose» - ammetteva di aver violato la camera di consiglio, spiegando alla toga che il suo intento, nel procedimento disciplinare precedentemente chiuso, era quello di proporre la censura. E di essere stata anche capace di convincere il resto della Commissione, che però ha poi optato per la perdita di anzianità di due anni a causa delle dure parole pronunciate da Fascetto Savillo in aula nei confronti di alcuni colleghi. Intoccabili, sostiene ora Carlo Taormina, difensore della toga, al punto da spingere qualcuno ad invitare la toga incolpata a desistere.

Mattarella non potrà certo chiedere a Pinelli le dimissioni di Natoli, ma potrà limitarsi ad un lavoro di moral suasion. E si è detto molto «irritato» dalla vicenda, prospettando l’addio di Natoli come unica soluzione possibile. Ma tale “invito” non è detto che produca effetti, dato che ad influire sulla scelta di Natoli potrebbe essere anche la parola del suo “mentore”, ovvero Ignazio La Russa, presidente del Senato e colui che l’ha voluta al Csm.

«Domani salta il Csm», ha intanto profetizzato domenica sera su X Taormina. Un concetto ribadito anche su Facebook, dove aveva lasciato intendere di avere altro materiale per le mani, dato anche il riferimento di Natoli a Eccher. «Poiché c’è qualcuno che pensa di fare il furbo e di scaricare solo su altri le responsabilità che sono di tutti - aveva scritto Taormina -, lunedì l’intera sezione disciplinare del consiglio superiore della magistratura, non soltanto un solo componente sul quale si è speculato additandolo come unico colpevole, sarà denunciata alla procura di Roma per falso ideologico in atti pubblici. La ormai nota trascrizione dell’incontro tra un magistrato sottoposto a procedimento disciplinare e un componente della sezione disciplinare che la aveva voluta contattare nella assoluta inconsapevolezza del magistrato incolpato dà conto che in camera di consiglio nella quale era stato formulato un verdetto di applicazione della censura nei confronti del medesimo magistrato incolpato, ne fu scritto un altro di condanna alla perdita di due anni di anzianità per punire, e quindi con una perversa intenzionalità, il magistrato incolpato per aver, nel corso dell’udienza poco prima conclusasi, accusato magistrati di Catania che non si desiderava che accusasse. Il dispositivo, pertanto, era ideologicamente falso, recando una sanzione diversa da quella deliberata per come espressamente e chiaramente confessato dal componente al magistrato incolpato che volle incontrare nello studio di un avvocato di Paternò. Poiché il falso ideologico è stato consumato a Roma nella camera di consiglio del Consiglio superiore della magistratura e si tratta di reato più grave della violazione del segreto d’ufficio consumato dal componente che fece di tutto per incontrare il magistrato incolpato, il processo si farà a Roma e quindi fuori da quella Catania in cui maturò la persecuzione nei confronti dello stesso magistrato incolpato». Detto, fatto: Taormina si è presentato in procura con sei pagine, con le quali denuncia l’intera Commissione Disciplinare.

Ma la sua mossa, spiegano i tecnici, dal punto di vista tecnico desta perplessità: ammesso che le cose siano andate come raccontato da Natoli a Fascetto Sivillo, il falso non sarebbe comunque contestabile, perché ipotetiche discussioni in corso di processo sarebbero state comunque precedenti alla decisione, quando si è optato per la perdita di anzianità. Natoli, dal canto suo, ieri ha deciso di non partecipare ai lavori della Settima Commissione, di cui pure fa parte. Un gesto, questo, interpretato da alcuni come una possibile volontà di resa.

Intanto in Consiglio viene respinta con forza la teoria del complotto: nessuna pressione su Natoli affinché non si presentasse in plenum per il voto sul nuovo procuratore di Catania, ma una semplice comunicazione da parte di alcuni consiglieri, praticamente sotto shock per quanto accaduto in commissione disciplinare. Data la gravità della situazione, hanno fatto presente alcuni inquilini di Palazzo Bachelet, in caso di sua presenza molti dei togati avrebbero abbandonato l’aula, creando anche un problema di numero legale.

Nessun tentativo di boicottare la nomina del candidato di Unicost, dunque, non con questa mossa almeno: i supporters di Giuseppe Puleio, d’altronde, avrebbero potuto optare per la richiesta di “rinvio di cortesia”, pratica di certo non sconosciuta in consiglio. Un’opzione che non è stata presa in considerazione, forse anche per un mero errore di calcolo: nessuno, infatti, aveva pensato che il laico Michele Papa potesse astenersi, dando per scontato il voto per Puleio, e che il togato Dario Scaletta di Mi si sarebbe allontanato dall’aula non partecipando ai lavori.

Il tentativo delle ultime ore, però, è quello di ribaltare la situazione, come se quanto fatto da Natoli - gesto che probabilmente ha una rilevanza penale e comunque sotto il vaglio della magistratura - fosse meno grave del presunto tentativo di boicottare una nomina. Insomma, il classico slogan “toghe rosse in azione”, qualunque cosa voglia dire, oltre al tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto per questioni di scuderia politica.

Mentre, sul fronte della Commissione disciplinare, è stato costituito un nuovo collegio che deciderà sulla ricusazione dei giudici, la discussione ruota intorno alle possibili soluzioni della vicenda. Qualora Natoli resistesse alla richiesta di dimissioni, ci sarebbe da risolvere il dibattito interpretativo sul regolamento. Secondo alcuni, il Consiglio, con maggioranza di due terzi, può sospendere la consigliera, che però non potrà essere sostituita. Secondo altri, però, se anche Natoli fosse iscritta per qualche reato a Roma o a Catania, il nuovo 335 del codice di procedura penale escluderebbe il pregiudizio amministrativo della sospensione (irrogata per regolamento interno del Csm) solo per il fatto della mera iscrizione. Stando al nuovo testo, infatti, «la mera iscrizione nel registro [degli indagati] di cui all'articolo 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito».

In altre parole, la sola iscrizione non è sufficiente ad aprire un procedimento consiliare di sospensione e lei rimarrebbe saldamente al suo posto, salvo dimissioni. E qui si inserisce la riflessione di Enrico Costa, deputato di Azione. «Suggerisco grande attenzione a ciò che accade al Csm. Dopo le accuse ad una consigliera, alcuni consiglieri togati hanno minacciato di non partecipare al plenum se la stessa fosse stata presente. Lei non si è presentata e la nomina del procuratore capo di Catania è passata per un voto. Ora si invocano le dimissioni dal Csm della consigliera in questione: se si dimetterà, il Parlamento dovrà sostituirla. Ma per eleggere il successore ci vorranno i 3/5 delle Camere, ossia i voti di maggioranza ed opposizione. Difficile l’accordo su un nome condiviso. Si genererebbe un'inerzia finalizzata a lasciare il Csm senza un consigliere laico, mutando gli equilibri attuali. Insomma, grandi manovre e ribaltone in vista. Ps: pare che la procura competente a valutare le accuse contro la consigliera del Csm sia quella di Catania».

Per il togato indipendente Andrea Mirenda, «il Consiglio superiore, per ritrovare quel prestigio e quell’autorevolezza pesantemente incisi dai troppi scandali che sin qui si sono succeduti, dovrà muoversi nel rigoroso solco delle regole, evitando ogni condotta improntata a logiche clientelari di ricerca del consenso e di piazzamento dei sodali di turno. Difficile, tuttavia, sperare che ciò possa accadere senza il sorteggio dei suoi componenti e senza la rotazione dei magistrati negli incarichi direttivi, vero nucleo ghiotto - quest’ultimo - su cui prospera il malaffare correntizio, supportato dalla componente laica di volta in volta politicamente allineata. Immutati gli ingredienti, le pietanze resteranno fatalmente le stesse».