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Nel 2023 sono stati 15 i magistrati condannati in sede disciplinare dal Csm: 8 con la censura, la sanzione più lieve. Sono questi i numeri contenuti nell’ultima relazione del procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, titolare, insieme al ministro della Giustizia, dell’azione disciplinare nei confronti delle toghe. Non tutte le segnalazioni che arrivano ai due uffici determinano, va ricordato, l’avvio dell’azione disciplinare: la stragrande maggioranza di esse, infatti, verrà archiviata nel cosiddetto “predisciplinare” da parte dello stesso pg che, a suo insindacabile giudizio, decide quale procedimento mandare avanti e quale no.
Nel 2023 il numero delle azioni disciplinari avviate è stato di 90, in aumento rispetto al 2022 e in calo rispetto alla media del quinquennio precedente. È diminuito invece il numero dei procedimenti definiti, passando da 124 nel 2022 a 84 nel 2023. Tale dato va comunque preso in esame unitamente a quello dei procedimenti pendenti, pari a 89 rispetto agli 83 del 2022. Nel numero dei procedimenti pendenti ci sono poi 54 procedimenti sospesi per pregiudizialità penale.
Nel dettaglio, il totale delle azioni disciplinari proposte nel 2023 si compone per il 26,7 per cento di richieste del ministro ( pari a 24, nel 2022 erano 17) e per il 73,3 per cento di richieste del pg ( in tutto 66, con un incremento dell’ 8,2 per cento rispetto alle 61 del 2022). Nel quinquennio 2018- 2022 la media delle azioni disciplinari annue del pg era pari a 71. L’ 11,1 per cento delle ordinanze di non luogo a procedere ( 27) è stato emesso per cessata appartenenza all’ordine giudiziario.
Il restante 85,2 per cento delle ordinanze di non luogo a procedere ha visto l’esclusione degli addebiti. Tra le sentenze di non doversi procedere, 3 sono state emesse per cessata appartenenza all’ordine giudiziario, 2 per dispensa dal servizio e una per estinzione del procedimento, mentre tra le sentenze di assoluzione, circa il 40 per cento ( 8 su 20) hanno visto l’applicazione dell’esimente della scarsa rilevanza del fatto. In tutto 15, come detto, sono state invece le sentenze di condanna. Esse hanno comportato nel 53,3 per cento dei casi la sanzione della censura, nel 26,7 per cento la perdita di anzianità, nei restanti casi sanzioni più gravi, tra cui due rimozioni. I nomi dei magistrati condannati, va ricordato, non sono ostensibili in quanto per legge coperti dal segreto.
E veniamo alle percentuali delle toghe “indisciplinate”. Nel 2023 i magistrati in servizio erano 8.882, di cui 2.202 requirenti e 6.680 giudicanti. I tassi specifici di incolpazione risultano più alti per i magistrati requirenti, 13 ogni 1.000, rispetto ai magistrati giudicanti, 10 ogni 1000. I magistrati incolpati nel 2023 lavoravano nell’ 80,6 percento dei casi in uffici di primo grado, nel 15,1 percento in uffici di secondo grado, e nel 4,3 percento in Cassazione.
La distribuzione per area geografica relativa al 2023 mostra ancora una volta come la percentuale dei magistrati incolpati, circa la metà, si concentri nei distretti del Sud. La Puglia e il Lazio sono le regioni in cui presta servizio il maggior numero di magistrati incolpati, la cui percentuale complessiva è pari addirittura al 30,1 per cento del totale. Segue la Lombardia con il 12,9 per cento, e la Sicilia con l’ 11,8 per cento.
E veniamo alla “materia” delle incolpazioni: 59 hanno riguardato violazioni del dovere della correttezza, 62 il dovere di diligenza, e 23 comportamenti al di fuori dell’attività giudiziaria. Le violazioni del dovere della correttezza riguardano essenzialmente l’abuso della qualità e della funzione, l’affidamento indebito di attività proprie del magistrato, l’astensione e omissione di atti dovuti, comportamenti pregiudizievoli/ vantaggiosi per una parte, corruzione, interferenza, inosservanza di norme che regolano il servizio giudiziario, rapporti dei magistrati con altri magistrati. Tra le violazioni della diligenza si considerano il difetto di motivazione, il ritardo nel deposito di provvedimenti, ritardi e negligenza nelle attività dell’ufficio, la violazione di norme processuali penali e civili, provvedimenti abnormi o contenenti gravi e inescusabili errori, tardiva o mancata scarcerazione, travisamento dei fatti (dal 2016) e omessa segnalazione delle interferenze (dal 2019). Costituiscono illeciti disciplinari al di fuori dell’esercizio delle funzioni, infine, l’abuso della qualità, l’ingiuria o la diffamazione, rapporti con privati ed enti vari, l’attività extragiudiziaria non autorizzata, l’iscrizione e/ o attività relative a un partito politico, l’uso strumentale della qualità di magistrato diretta a condizionare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste.
«Se noi guardiamo alle sanzioni disciplinari che sono state irrogate negli ultimi anni vediamo che non sempre sono conformi alle aspettative rispetto alla gravità del comportamento tenuto», ha detto Nordio. «Al di là delle sanzioni disciplinari vorrei andare oltre e riprendere in mano i fascicoli di quei magistrati poi oggetto di sanzioni severe: sono tutti bravissimi ed eccellenti», ha poi aggiunto il ministro, riferendosi al fatto che il 99,9 per cento delle toghe italiane ha una valutazione di professionalità positiva.