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Giuseppe Santalucia, presidente Anm, parlando a margine del Comitato direttivo centrale, ha lanciato dei segnali molto forti al ministro della Giustizia Nordio e al governo. «Noi abbiamo bisogno del ministro, del ministero della Giustizia, perché è l’organo costituzionalmente proposto ad assicurare alla giustizia – ha detto il presidente dell’Anm – i servizi necessari e quando il ministro dice che la giustizia è malata io quasi quasi penso a dargli ragione, perché quando entro nel mio ufficio non ho stampanti, non ho computer, sono difficoltà quotidiane. E parlo della Corte di Cassazione, quindi di uno degli uffici centrali, pensate agli uffici periferici, in cui ci sono difficoltà enormi da superare ogni giorno per poter fare il proprio lavoro. Allora io dico che se di malattia si deve parlare, sono le parole del ministro, io non userei questo linguaggio che evoca sfiducia, beh, questa è una malattia che ha come causa il ministero della Giustizia. Ci dia le risorse per poter lavorare bene e meglio, oggi la magistratura si dibatte in risorse che sono carenze strutturali, questo è il dato».
Santalucia difende il lavoro dei magistrati: «Tutte queste difficoltà si scaricano sui risultati e se i risultati buoni li stiamo avendo, perché è lo stesso ministro che lo riconosce, sono in gran parte frutto del sacrificio, più che di uno stanziamento adeguato di risorse. Fatevi un giro per gli uffici giudiziari. Nonostante ciò la giustizia non si ferma, quindi non parlerei di malattia, ma di un grande impegno di tutta la magistratura al servizio dell’utenza e su questo invochiamo l’aiuto del ministro».
Non meno dura l’analisi del presidente Santalucia sulle carceri e sul recente decreto. «Se oggi l’emergenza è il sovraffollamento, e lo diciamo in tantissimi, ci sono 50 suicidi che sono la prova piu forte della drammaticità della questione, beh non trovo nessun tipo di risposta in quel decreto legge. Non c’è nessun tipo di soluzione. Ce ne potevano esser tante. Non c’è nessun tipo di di strumento che consenta uno sfoltimento del numero dei detenuti. Il carcere così diventa criminogeno»
E spiega: «Il carcere deve privare solo della libertà non degli altri diritti se no diventa criminogeno, quando sarò restituito prima o poi alla società porterò dentro di me quel carico aggiuntivo di sofferenza. Qualcuno lo tradurrà anche in forme di ulteriore come dire eh commissione di illeciti. Il carcere deve essere il luogo della rieducazione della risocializzazione, non il luogo della sofferenza. Se lo trasformiamo in luogo di sofferenza avremo tutti noi come società una ricaduta negativa. Non si tratta di “svuota carceri”. Si tratta di impostare politiche carcerarie adeguate ai bisogni di sicurezza della società. Così non aumentiamo la sicurezza. La diminuiamo».