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Tutti assolti perché il fatto non sussiste. Il processo “Ruby Ter” a carico di Silvio Berlusconi e altri 28 imputati si è chiuso così, dopo due ore di camera di consiglio e quasi sei anni di udienze. L’ex premier era accusato di corruzione in atti giudiziari, mentre Karima el Mahroug, nota alle cronache come Ruby, all’epoca dei fatti 17enne, era accusata di corruzione e falsa testimonianza. L’assoluzione è arrivata anche per le altre ragazze ospiti delle “cene eleganti” ad Arcore, mentre tre posizioni minori si sono chiuse con il proscioglimento per prescrizione. «Sono stato finalmente assolto dopo più di undici anni di sofferenze, di fango e di danni politici incalcolabili, perché ho avuto la fortuna di essere giudicato da magistrati che hanno saputo mantenersi indipendenti, imparziali e corretti di fronte alle accuse infondate che mi erano state rivolte», ha commentato Berlusconi sui social dopo l’assoluzione. «Spero, possiamo definitivamente, visto che siamo a tre assoluzioni su tre, chiudere», ha aggiunto ai cronisti l'avvocato Federico Cecconi.
A spiegare le ragioni dell’assoluzione, ancor prima del deposito delle motivazioni - previsto tra 90 giorni - è il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, che poco dopo la pronuncia ha diffuso una nota. Nella quale il magistrato chiarisce che le ragazze imputate, sentite nei due processi sul caso Ruby, «non potevano legittimamente rivestire l'ufficio pubblico di testimone», in quanto andavano indagate già all'epoca e sentite alla presenza di un avvocato. Inutilizzabili in dibattimento, dunque, i verbali raccolti nei primi due processi in veste di testimoni, situazione che ha inciso sulla stessa possibilità di configurare la falsa testimonianza e di sostenere l’accusa nei confronti dell’ipotizzato corruttore. «Per giurisprudenza costante, la persona che testimonia assume un pubblico ufficio e le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che il giudice chiamato ad accertare la fattispecie correttiva deve verificare se il dichiarante che si assume essere stato corrotto sia stato o meno correttamente qualificato come testimone», ha chiarito Roia. L’errore della procura ha dunque fatto venire meno un elemento costitutivo del delitto corruttivo, come avevano contestato due anni fa le difese, che si videro dare ragione dal Tribunale. C’è chi lo chiama cavillo, in realtà si tratta di uno strafalcione macroscopico. Senza il quale non è escluso che Berlusconi, comunque, potesse incassare l’ennesima assoluzione: l’accordo corruttivo tra l’ex premier e le ragazze, infatti, non è mai stato individuato.
Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio hanno comunque continuato a sostenere la validità delle accuse: pur venendo meno il reato di falsa testimonianza, avevano evidenziato i due magistrati, l'accusa di corruzione giudiziaria sarebbe rimasta in piedi, essendo provati i versamenti di Berlusconi, a cui veniva contestato di avere «promesso e successivamente corrisposto beni e altre utilità» a una ventina di testimoni tra il 2011 e il 2015 per ammorbidire le loro dichiarazioni in aula. El Mahroug avrebbe invece falsamente negato i rapporti sessuali con il Cavaliere «e di avere accettato la promessa da Berlusconi di ricevere ingentissime somme di denaro per “passare per pazza”, cioè per mentire» nel corso di Ruby uno e Ruby bis. In cambio avrebbe incassato 5 milioni di euro, «anche per aprire un'attività e trasferirsi in Messico col compagno Luca Risso».
Tutto ciò, secondo la procura, sarebbe avvenuto nel contesto di un «patto corruttivo» provato da messaggi e telefonate tra le ragazze con l'ex premier, che avrebbe assicurato loro 2500 euro al mese, una casa e altri benefit. Accuse dalle quali Berlusconi si è sempre difeso parlando di «generosità»: i suoi versamenti rappresentavano una forma di ristoro per le ragazze, la cui reputazione era stata travolta dall’inchiesta Ruby.
La procura aveva chiesto la condanna per 27 imputati e l’assoluzione per Luca Pedrini, ex collaboratore di Nicole Minetti, tra cui sei anni per Berlusconi e la confisca di oltre 10 milioni (ritenuti il prezzo della corruzione) e 5 anni per El Mahroug (oggi 30enne). Al processo non c’era nessuna parte civile: Ambra Battilana e Chiara Danese erano state escluse nel gennaio del 2019 assieme a Imane Fadil, la modella marocchina morta per una rara forma di aplasia midollareper, morte sulla quale inizialmente si era anche ipotizzato potesse trattarsi di omicidio. Solo pochi giorni fa, infine, la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva revocato la richiesta di costituzione di parte civile: un gesto inusuale, praticamente senza precedenti.
Berlusconi era già stato assolto due volte per i soldi versati ai musicisti Danilo Mariani e Mariano Apicella, poiché non fu mai dimostrato che quel denaro servisse per corromperli. «Non è una gara, non è una sconfitta ma un'assoluzione, che è cosa differente - ha commentato dopo la sentenza l’aggiunta Siciliano -. Abbiamo portato delle prove valutandole in maniera evidentemente difforme dal tribunale, attendiamo le motivazioni del collegio che oggi ha deciso e che gode della nostra assoluta stima. Le prove dal nostro punto di vista ovviamente conducevano senza dubbio alcuno al fatto che ci fossero fatti di corruzione. La nostra lettura continua a rimanere questa». Secondo la magistrata, le ex olgettine «hanno sicuramente mentito. Lo hanno accertato due sentenze passate in giudicato. Ora c'è un tema squisitamente giuridico, ovvero se hanno mentito nella veste di testi o di soggetti che avrebbero dovuto avere un'altra qualifica e quindi non tenuti a dire la verità».
Dopo la lettura della sentenza a sfogarsi è stata anche El Mahroug, che ha parlato della «fine di un incubo». «Ruby è stata tutta un'invenzione, il mio nome rimane Karima», ha puntualizzato. Lo stesso che dà il titolo al suo libro, consegnato alla procuratrice aggiunta Siciliano al termine del processo. «Ho fatto bene a credere nella giustizia. Ho aspettato tutti i vostri tempi, ma ci tengo che sappia la storia dall'inizio», ha detto.