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È davvero emerso dalle intercettazioni di Riina al 41 bis che il capo dei capi ammise di essere stato fermato dai Madonia per proteggere l'ex commissario Arnaldo La Barbera? Assolutamente no, e stiamo parlando di un ennesimo malinteso che si verifica nelle aule dei tribunali. Questo richiama alla mente il processo d'appello sulla trattativa, quando il sostituto procuratore affermò che dalle intercettazioni emergeva che Riina aveva un'agenda poi sottratta dai carabinieri. In quel caso, Il Dubbio sottolineò l'errore, e il procuratore ammise correttamente di aver interpretato male le intercettazioni. Si ripeterà lo stesso scenario nel processo d'appello contro Mario Bo e altri?
L’udienza
Ma procediamo con ordine. Durante l'udienza di martedì scorso, il sostituto procuratore Maurizio Bonaccorso, impegnato nel processo di appello contro i poliziotti, ha informato il presidente Giovanbattista Tona e le parti di un nuovo deposito contenente le intercettazioni nel carcere di Opera, registrate l'8 novembre 2013, tra Riina e Alberto Lorusso, boss della Sacra Corona Unita. Durante questa conversazione, emerge “un progetto omicidiario, insieme al cognato Leoluca Bagarella, nei confronti di La Barbera, lamentando il fatto che i Madonia si erano opposti e sostanzialmente si erano messi di traverso”.
Cosa dice l’intercettazione
Probabilmente c'è stata una lettura frettolosa da parte del pubblico ministero, ma l'intercettazione è chiara. Riina smentisce categoricamente questo assunto, non suo, ma del pentito Onorato, che il giorno prima aveva testimoniato nel processo trattativa Stato-Mafia. Riina è furioso. Commenta insieme al suo compagno d'ora d'aria la deposizione di Giovanni Brusca (accusandolo di essere un "pallista") e del pentito Onorato sentito al processo trattativa il 7 novembre 2013. Riportiamo integralmente il passaggio del capo dei capi incriminato (ma evidentemente non compreso): “Perché..., io ora lo dico a voi, se io avessi avuto contatti, se noi altri avessimo avuto contatti con questi... sbirri, come ieri..., ammettere..., l'avvocato mi ha detto ma lei, ma chi i Madonia, Nino Madonia, i fratelli Madonia...? Ma che cos'è..., che i Madonia erano confidenti dei Servizi Segreti, c'era una legge che interessava a loro..., e loro convincevano Riina a lasciare La Barbera, il Commissario La Barbera, gli dicevano non lo dovete toccare. Dice, ma poi come mai non l'hanno ucciso..., dice, non lo so ma lo vorrei sapere perché non l'hanno ucciso. Il Poliziotto... Carabiniere... inc... ammazzare e non l'hanno ammazzato. Il Carabiniere con uno di Caltanissetta si..., dei Servizi Segreti, abitavano a Milano, allora”.
Fin qui, cosa ha detto Riina? Non sono sue affermazioni, ma ha riportato ciò che in sostanza ha riferito il pentito durante il processo. Affermazioni che lo hanno fatto infuriare, tanto è vero che prosegue: “Ti giuro sui miei figli, sui picciriddi miei, sono cornuti e sbirri..., e che avessimo avuto contatti con questi terroristi, questi pentiti..., ci spareremmo tutti..., la mafia palermitana, la mafia palermitana si sparerebbe tutta..., si sparerebbe loro stessa”. Ecco svelato l'arcano. Riina smentisce che i Madonia erano confidenti dei servizi segreti e che addirittura lo avrebbero fermato per proteggere La Barbera. Non solo. Riina dice che se fosse vero, si sparerebbe. E si sa. Chi ha un minimo di conoscenza dell'allora mafia corleonese, è consapevole che Riina mai e poi mai accetterebbe consigli da altri poteri. Lui si sentiva al di sopra. Ecco perché smentisce questa balla.
Sempre durante il suo colloquio con il compagno di socialità al 41 bis, aggiunge: “Se avessi avuto contatti con questi, con queste spie, spie che dicono loro, questi spiani sono loro, gli spiani sono loro, le spie sono loro. Le spie erano Saro Riccobono, Tano Badalamenti, Stefano Bontate..., questi collaboravano tutti però, questi. Perciò, invece di dire che eravamo spiani noialtri, questi erano quelli che combattevano a noialtri ed a questi politici, perché in galera questi erano liberi”. Riina difende i corleonesi, dice che loro erano diversi dai “veri spioni” della vecchia mafia, quella che hanno sconfitto e che secondo lui sono diventati collaboratori e “spioni”.
Riina fu fermato dai Madonia? Una fake news...
Quindi, come scrivono tutti i giornali senza un minimo di verifica, è completamente errato dire che Riina voleva morto La Barbera, ma fu fermato dai Madonia. Il sostituto procuratore Maurizio Bonaccorso ha chiaramente preso un abbaglio. Può succedere, e non è la prima volta, visto che è accaduto anche al processo trattativa. Ma la questione più grave è che si sta diffondendo l'idea che i Madonia fossero addirittura confidenti dei servizi segreti. E ciò si fa per aggravare la situazione dell'ex poliziotto La Barbera. Di colpe ne ha avute, se pensiamo alla gestione dello pseudo pentito Scarantino. Ma sarebbe una disonestà intellettuale trascurare la verità dei fatti pur di seguire una tesi prestabilita.
I Madonia furono indicati dai servizi segreti fin dall'inizio per la questione delle stragi. Il primo a farlo è stato Bruno Contrada, all'epoca funzionario del Sisde. Non solo. Basterebbe leggere il primo verbale di interrogatorio di Leonardo Messina reso a Borsellino il 30 giugno 1992. Ecco cosa disse: “Al Madonia io avevo rilevato di essere stato contattato da elementi del Sisde i quali mi avevano offerto la somma di 400 milioni perché io li facessi catturare. Naturalmente i Madonia, avendo appreso che io non mi ero lasciato indurre a tradirlo, mi presero ulteriormente in considerazione”. E infatti, come premio, lo introdussero nel mondo degli appalti. Questo dovrebbe essere sufficiente per capire quanto sia completamente surreale pensare che i numeri 2 dei corleonesi fossero al soldo dei servizi segreti. Si comprende la rabbia di Riina quando sente che al processo trattativa dei pentiti raccontano questa evidente balla.