C’è un principio che, nel diritto di famiglia, è diventato negli ultimi anni sempre più centrale: l’interesse del minore. Ma cosa significa davvero tutelarlo? E chi dovrebbe stabilire – caso per caso – cosa è meglio per un bambino, soprattutto quando i suoi genitori sono stati condannati per averlo maltrattato? A queste domande ha provato a rispondere la Corte costituzionale, dichiarando incostituzionale la norma che imponeva automaticamente la sospensione della responsabilità genitoriale nei confronti di chi veniva condannato per maltrattamenti in famiglia.

La decisione riguarda l’articolo 34, secondo comma, del codice penale, ma tocca temi molto più ampi: l’equilibrio tra punizione e recupero, tra giustizia e affetti, tra norma astratta e vita concreta. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la parte dell’articolo 34 cp che prevede l’automatismo della sospensione della responsabilità genitoriale nei casi di maltrattamenti in famiglia ora sarà il giudice a valutare caso per caso se disporre o meno la sospensione, tenendo conto dell’interesse concreto del minore.

A sollevare la questione il Tribunale di Siena, che durante un processo per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 cp), ha riconosciuto la responsabilità penale di due genitori che avevano usato metodi educativi violenti e abituali nei confronti dei figli minori. Tuttavia, ha riscontrato che, nel frattempo, la situazione familiare si era stabilizzata: i genitori si erano ravveduti, il nucleo era stato ricomposto e non vi era più rischio di reiterazione dei maltrattamenti. Secondo l’articolo 34, secondo comma, del codice penale, però, in caso di condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità genitoriale, la sospensione della responsabilità genitoriale è automatica e ha durata fissa (pari al doppio della pena inflitta).

La Corte ha sottolineato che ogni caso è diverso: un conto è un abuso grave e reiterato, un conto è un episodio isolato seguito da ravvedimento. Il giudice deve dunque poter considerare se il minore trarrebbe giovamento dal mantenere il legame col genitore, piuttosto che interromperlo. L’interesse del minore non può essere deciso in astratto, automaticamente, ma solo alla luce delle circostanze concrete, anche successive al reato, considerando che «l’interesse del minore» può «risultare meglio protetto» mantenendo la relazione con il genitore, anche dopo una condanna.

Nella sua pronuncia la Corte fa riferimento ad altre sue decisioni passate: le sentenze 31/2012 e 7/2013, quando aveva già dichiarato incostituzionale togliere automaticamente la potestà genitoriale senza valutazione concreta; e la sentenza 102/2020, con la quale aveva bocciato l’automatismo nella sospensione della responsabilità genitoriale per il reato di sottrazione internazionale di minori. In continuità con queste sentenze, anche stavolta ha ribadito che l’interesse del minore deve essere valutato caso per caso.

A commentare la sentenza è Daniela Giraudo, consigliera del Cnf e coordinatrice della Commissione Famiglia: «La sentenza è assolutamente condivisibile - spiega -. L’automatismo non va bene, perché finisce per colpire non solo chi ha commesso il reato, ma anche altri soggetti, cioè i minori. I figli, infatti, sono coinvolti direttamente: diventano coprotagonisti inevitabili, anche se formalmente estranei al procedimento penale. E proprio su di loro, paradossalmente, questa misura può avere un effetto contrario alla tutela che si vorrebbe perseguire. È chiaro che si tratta di sanzioni rivolte a chi ha commesso qualcosa che certo non è lodevole. Ma proprio per questo è necessario un ragionamento: se esiste un percorso di recupero, come nel caso di specie, allora bisogna valutarlo. Se l’obiettivo è quello di ricostruire, risistemare, ridare a quel minore una famiglia - continua -, allora suona stonato che sia previsto un automatismo, persino nei confronti di chi ha dimostrato di voler fare un percorso. In questo ambito, quindi, non posso che condividere la decisione della Corte. È un passo che ormai si inserisce coerentemente nel contesto anche internazionale, nella logica del “best interest of the child”, che oggi – molto più di un tempo – è riconosciuto come principio centrale nel diritto di famiglia.

La sentenza sottolinea anche un altro passaggio importante: rimette al legislatore la valutazione se debba essere il giudice penale a compiere questo tipo di accertamento, o se non sia più adeguato che a farlo sia il tribunale per i minorenni. È un punto molto sensato. Perché forse è necessario uno spazio giurisdizionale specifico, più adatto a questo tipo di valutazioni. Detto questo, non bisogna dimenticare che l’interesse del minore può anche portare a concludere che la sospensione della responsabilità genitoriale sia opportuna. Forse, la conclusione più importante è che nel diritto di famiglia ogni caso è un caso a sé. Non si può generalizzare. L’auspicio è che ci si occupi delle famiglie con attenzione, che si riesca ad affrontare i problemi, a sostenerle dove possibile, e sempre a porre al centro il vero interesse del minore».