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Quante volte ci siamo lamentati: “Giustizia cilecca!”, “sentenze non attuate!”, “processi flop!”. C’è un campionario vasto. Tutti casi in cui si deplora l’inefficacia della macchina giudiziaria. Ebbene. Immaginiamo i magistrati seri, che lavorano con pazienza, tenacia, rigore, quanti rospi debbano ingoiare, a sentir rappresentata la loro categoria come un’accolita di perditempo. E dev’essere per questo, proprio per questo, che il consigliere estensore della sentenza numero 35183 del 2022 emessa dalla Suprema corte di Cassazione, seconda sezione penale, nel concludere l’atto che respinge il ricorso di un imputato per truffa ai danni dello Stato avverso la confisca di un’automobile (un’Opel Astra), alla fatidica formula finale che introduce la decisione, formula che, per chi non lo sapesse, è “P.Q.M.”, cioè “per questi motivi”, abbia aggiunto uno stentoreo liberatorio, definitivo “cazzo”.
“Per questi motivi cazzo” la seconda penale “dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali”: suona così, letto in sequenza. Non un semplice rafforzativo: quasi un’imprecazione. Uno sfregio. A tutti quelli che insultano la magistratura. Una parolaccia liberatoria, appunto.
Ps: noi ce lo spieghiamo così. Poi vedrete, fioriranno altre ipotesi (anche perché la sentenza esemplare, seppur depositata non proprio ieri, è diventata nel giro di poche ore una vera e propria “hit”, almeno sui social frequentati da avvocati, giuristi, operatori del diritto e naturalmente magistrati), si avanzeranno le spiegazioni più esoteriche. Eppure, noi restiamo convinti che dietro quell’apparente folle intrusione turpiloquiale ci sia un sacrosanto atto rivoluzionario.