Che la fine della pesca a strascico con l'approvazione definitiva della riforma alle intercettazioni non piaccia ai pubblici ministeri e di conseguenza ai sindacalisti della Anm è normale, vista la loro fisionomia sempre più conservatrice. Del rigetto verso ogni cambiamento in favore dei diritti dei cittadini da parte del Movimento cinque stelle, non curat praetor. Quello che fa cascare le braccia è l'ormai quotidiana pervicace totale subalternità dei partiti di sinistra , in particolare Pd e Avs, in tema veramente di giustizia, al grillismo e alle toghe.

La maggioranza che nella notte di mercoledì scorso, con 147 voti favorevoli e 67 contrari, ha approvato la modifica dell'articolo 267 del codice di procedura penale, ha segnalato un solo astenuto tra le opposizioni, il senatore di Azione. Evidentemente per loro tutto quello che è accaduto in questi anni, con il controllo per mesi e anni dell'intimità di persone che spesso saranno poi prosciolte o assolte, senza che la legge ne ponesse un limite temporale, va bene così come è. E, a proposito del legame stretto con un'altra riforma, quella ancora in fieri sulla separazione delle carriere , vogliamo ricordare come sono andate fino a ora le cose? Ripassiamo la situazione esistente, come disciplinata dagli articoli 266 e 267 del codice di procedura penale. Og già il magistrato può intercettare per 15 giorni, prorogabili per altri 15 e poi ancora, all'infinito , non essendoci limiti al numero di proroghe. E spesso la continuità è garantita da giudici delle indagini preliminari che usano un prestampato con scritto “visto, si autorizza”. E' un gesto troppo di frequente automatico, compiuto da una toga che sta nell'ufficio contiguo a quelli del pm, con cui ha condiviso gli studi, il concorso, spesso l'amicizia.

Il merito del cambiamento di questa procedura che aveva radicata nel proprio corpo l'ingiustizia nei confronti dei cittadini e uno smisurato potere agli investigatori, va a Forza Italia e al senatore Pierantonio Zanettin . Agli altri gruppi della maggioranza, in particolare la Lega e Fratelli d'Italia, che si sono associati al voto, è stato delegato, in un certo senso, il compito di pensare alle eccezioni. Si tratta dei famosi “salvo che” con cui spesso sono state annacquate le buone riforme. Anche in questo, come in altri casi, abbiamo il doppio binario delle procedure. Primo binario: intercettazioni non oltre i 45 giorni , con l'unica possibilità di proroga di fronte all' “assoluta indispensabilità” determinata dall'insorgere di nuovi elementi “specifici e concreti”. Che dovrà essere oggetto di “espressa motivazione”. Regole piuttosto stringenti, che saltano quando compare la parola destinata a vanificare qualunque tentativo di violazione, l'” antimafia” .

È in quel terreno di sacralità che nascono i doppi binari, e anche le praterie dello smisurato potere dei pm e spesso il totale asservimento dei gip. La nuova legge non si sottrae alla regola della totale deregulation in tema di reati di mafia terrorismo e simili. Per “simili” si intendono, secondo la normativa “antimafia”, anche sequestro di persona, traffico illecito di rifiuti, gravi reati informatici e altri di allarme sociale. A questo va aggiunto quel che ha stabilito nel 2022 una sentenza della Cassazione, che ha qualificato come “antimafia” tutti i reati associativi correlati alle specie più diverse di criminalità organizzata. Non ci sarebbe nulla di cui scandalizzarsi per questo ennesimo doppio binario della procedura. Se non fosse per il fatto che, nonostante le proteste della magistratura associata, anche nella voce del mite presidente Cesare Parodi contro la riforma, troppi pubblici ministeri e troppi gip loro associati sanno benissimo come muoversi tra i due binari.

Succede tutti i giorni nei processi delle regioni del sud, in particolare in Calabria, dove ancora due giorni fa abbiamo assistito all'ennesima assoluzione del 50% degli imputati di un processo istruito da Nicola Gratteri, sulla base di centinaia di intercettazioni . Ma è capitato anche l'anno scorso in Liguria, nell'inchiesta che ha convolto Giovanni Toti e determinato la caduta della giunta. Il presidente ei suoi coimputati sono stati intercettati per tre anni e mezzo e con corsie preferenziali sulla base del fatto che a La Spezia, dove tutto era cominciato, e in seguito a Genova, ad alcuni degli indagati è stato contestato il reato di associazione mafiosa, reato di cui per altro non si è più saputo nulla, a un anno di distanza. Risultato delle leggi speciali. I magistrati lo sanno benissimo, che potranno continuare a navigare come pesciolini nel mare delle intercettazioni, anche tra quei fascicoli che il ministro Nordio ha qualificato come “virtuali” o ” clonati”, piuttosto che “antimafia”. Lo sa bene l'astuto Luca Tescaroli , che a Firenze ben si destreggiava tra le inchieste su Silvio Berlusconi e quelle nei confronti di Matteo Renzi , e che oggi, stuzzicato dal Fatto quotidiano sui reati contro la Pubblica amministrazione, ci ha tranquillizzati. Se quei reati non prevedono una pena massima inferiore a cinque anni, ha detto il procuratore di Prato, sono regolati alla pari di quelli della criminalità organizzata. Si può dunque intercettare un gogo. Eppure si lamentano. Benvenuta nuova legge, nonostante tutto, comunque.