Due giorni fa si è celebrata a Roma la penultima udienza del secondo processo d’appello per l’omicidio del vice brigadiere Cerciello Rega. Il 3 luglio ci sarà la sentenza che deciderà il destino dei due statunitensi Finnegan Lee Eder e Gabriel Natale Hjorth. Non si tratta di caso assurto alla cronaca giudiziaria come accadde per l’omicidio di Meredith Kercher, tuttavia è un processo dalla rilevanza internazionale che descrive una doppia tragedia: quella di un giovane carabiniere morto appena tornato dal viaggio di nozze e quello di due ragazzi appena maggiorenni al momento del drammatico evento, da cinque anni in custodia cautelare in un Paese straniero. Eppure il mondo dell’informazione si è dimenticato del processo, o meglio di una parte di esso.

Andando ad analizzare la rassegna stampa relativa alle quattro udienze che si sono tenute fino ad oggi quello che risalta agli occhi è che tutti gli articoli hanno dato notizia solo alle richieste di condanna del procuratore generale. Nulla sulle arringhe delle difese. Ovviamente quando ci sarà la sentenza l’aula del Tribunale capitolino sarà gremita, come lo è stata il primo giorno di ogni processo. Questo conferma che l’informazione giudiziaria è parziale, appiattita sulle tesi dei pubblici ministeri e manca, di conseguenza, della narrazione di tutte le udienze, quando le difese fanno emergere le loro tesi.

Le nostre non sono suggestioni ma considerazioni supportate da dati. Una ricerca condotta qualche anno fa dall’Osservatorio Informazione Giudiziaria dell’Unione Camere Penali, sotto la direzione dell’avvocato Renato Borzone, in collaborazione con il dipartimento di statistica dell’Università di Bologna, ha rilevato, analizzando gli articoli di cronaca giudiziaria, “acquiescenza pregiudiziale alle tesi dell’accusa, inadeguato distacco dal ‘ potere’ giudiziario, a volte ideologicamente – quanto acriticamente – considerato un ‘ contropotere’ del male assoluto, ‘ la politica’”.

Il contenuto degli articoli, poi, “è fondato essenzialmente su fonti di carattere accusatorio ( circa il 70% degli articoli non riporta la difesa quale fonte di informazione), e comunque larga parte del contenuto è, ancora una volta, modellato sulle tesi d’accusa, siano esse oggetto di apprezzamento e consenso o di mera esposizione”. Inoltre, oltre il 60% delle notizie riguardava l’arresto e le indagini preliminari, solo l’ 11% la sentenza.

Questo quadro fa venir fuori tutta l’ipocrisia che ha caratterizzato il dibattito sulla norma di recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza e più recentemente quello sul presunto bavaglio per lo stop alla pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare. Come mai ci si impegna tanto ad informare sulla fase delle indagini e sulle richieste dell’accusa in Aula ma si disertano poi le udienze del processo? Dov’era la bellicosa stampa, per esempio, quando, per causa covid, diversi procedimenti si sono tenuti a porte chiuse? Nessuno ha gridato al bavaglio o alla censura. Una delle conseguenze di questo modo di fare cronaca giudiziaria sarà l’incapacità di spiegare ai cittadini la sentenza.

Ad esempio, più sarà mediatizzata la tesi accusatoria, più farà scandalo una assoluzione o una derubricazione del reato nei vari gradi del processo. 20 gennaio 2019: la Prima Corte di Assise d’Appello di Roma, riqualificando il reato di omicidio volontario con dolo eventuale in omicidio colposo con l’aggravante della colpa cosciente, condanna a 5 anni di reclusione (rispetto ai 14 anni decisi in primo grado) Antonio Ciontoli.

Alla lettura della sentenza scoppia il caos dentro e fuori l’Aula con le grida di protesta nei confronti della Corte da parte dei familiari e degli amici della vittima e di persone arrivate da tutta Italia per chiedere la condanna della famiglia Ciontoli: “Vergogna, è uno schifo! – Giudici venduti, non c’è Stato per Marco!”. 15 luglio 2022: la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino assolve la famiglia Mottola dall’accusa di aver ucciso Serena Mollicone.

Appena i giudici terminano la lettura del dispositivo in Aula si odono urla contro i togati: “Vergogna, vergogna” e contro gli imputati “Assassini, vergogna, come fate a dormire stanotte?”. Molti colleghi hanno commentato queste decisioni con parole simili a quelle delle tricoteuse dei social: “vergogna per una giustizia che non fa giustizia”. Chi si occupa di cronaca giudiziaria dovrebbe, prima di esprimere un parere sulla sentenza che senza dubbio può essere criticata, spiegare ai lettori e al pubblico televisivo quali sono le regole del processo e perché la Corte è arrivata a quella decisione. Ma se fino a quel momento si è prestato l’orecchio solo alla tesi della Procura e non si è seguito il processo sarà quasi impossibile motivare sui giornali o in televisione l’assoluzione. Ingiustizia è fatta.