Nel corso del processo in aula Occorsio a Roma sull’omicidio di Giulio Regeni, un testimone protetto, identificato come "Delta", ha rivelato dettagli inquietanti. «Ho sentito Regeni parlare italiano e un arabo non da madrelingua mentre veniva picchiato e torturato», ha raccontato visibilmente provato. L’uomo, un artigiano, è stato arrestato il 25 gennaio 2016, lo stesso giorno della scomparsa di Regeni, durante le proteste a Piazza Tahrir.

L’arresto e il trasferimento

«Mi hanno portato al commissariato di Dokki, poi in una sede della sicurezza dello Stato. Sono stato bendato e colpito. Regeni era con me fino a quando siamo stati separati: io nel reparto per locali, lui in quello per stranieri», ha spiegato il testimone.

Delta ha descritto il momento in cui vide Regeni per la prima volta: «Era in piedi, parlava italiano con un ufficiale. Gli hanno sequestrato il cellulare, il portafoglio e i documenti, chiedeva anche di poter avere un avvocato».

Le torture e il trauma

Delta ha raccontato di essere stato legato e sottoposto a scariche elettriche. «Ci hanno picchiato. Ho segni sul corpo, cicatrici sulla tempia e sul braccio, alcune nascoste dai tatuaggi», ha dichiarato.

Il testimone ha lasciato l’Egitto nel giugno 2016, mesi dopo le torture subite. «Non riesco a ricordare tutto, è un trauma che mi porto ancora dietro», ha spiegato, visibilmente scosso, al pm Sergio Colaiocco, che lo ha rassicurato sull'importanza della sua testimonianza.

Il ruolo degli imputati

Il processo vede imputati quattro 007 egiziani, accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore friulano Giulio Regeni. Le parole del testimone gettano nuova luce su quei giorni terribili.