I processi civili a Padova contro le famiglie con due mamme si aprono con un colpo di scena. Cioè con una mossa inaspettata da parte della procura, che dopo aver impugnato quasi 40 atti di nascita di bimbi nati a partire dal 2017, oggi ha chiesto al Tribunale di inviare gli atti alla Corte Costituzionale per tutti i casi in esame.

Se la richiesta sarà accolta, la Consulta dovrà pronunciarsi sulla legittimità della legge 40 sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita, nella parte in cui questa impedisce - secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione - di formare in Italia gli atti di nascita di bimbi nati da due donne. Uno scenario, questo, fortemente auspicato dalla difesa di alcune delle mamme che ora si trovano alla sbarra, come spiega al Dubbio l’avvocato Stefano Chinotti, legale della Rete Lenford - Avvocatura per i diritti Lgbti+, che assiste pro bono 11 famiglie nell’ambito della campagna “Affermazione costituzionale”. Un manifesto lanciato dalla Rete lo scorso giugno proprio per chiedere l’intervento della Consulta. La cui decisione sarebbe di enorme portata perché finirebbe per colmare il “vuoto di tutela” già richiamato dalla stessa Corte con la sentenza 32 del 2021, e sul quale il legislatore non è mai intervenuto.

In ballo c’è il destino di moltissime famiglie e di altrettanti bambini - alcuni appena nati, altri tra i cinque e i sei anni - che ora rischiano di perdere il proprio status di figlio. Bimbi cresciuti con due mamme, che hanno il doppio cognome, e che così risultano iscritti all’asilo. La svolta della procura «rischia di allungare un po’ i tempi», spiega al Dubbio Barbara Giovine, avvocata e mamma di un bimbo di quasi 5 anni registrato a Padova nel 2019, che ora rischia di perdere il secondo cognome. Quello del cosiddetto genitore “intenzionale”, colei che non ha un legame biologico con il bimbo.

Giovine ha accolto «positivamente» la decisione di oggi, perché «la questione viene rimessa a un organo decidente». Ma non si fa troppe illusioni: l’esito è comunque incerto, e se si risolverà in maniera negativa dovrà spiegare a suo figlio questo furto d’identità. «Mi è dispiaciuto vedere altre mamme in una situazione di sopraffazione», racconta Giovine a margine delle udienze. In quanto legale è abituata a frequentare i tribunali, ma ciò non vale certo per tutte coloro che si sono ritrovate alla sbarra «senza aver commesso un reato», nel tentativo di «difendere qualcosa di primario, tanto quanto la salute». 

Nel frattempo, per il nostro ordinamento le due mamme sono genitori a tutti gli effetti, perché tali sono state riconosciute dal sindaco di Padova Sergio Giordani dal 2017, anno a partire dal quale l’amministrazione di centrosinistra ha scelto questa strada. Lo scorso giugno però la procura di Padova ha deciso di impugnare tutti gli atti con l’indicazione di due mamme, chiedendone la rettifica: per i pm sarebbero dei “meri errori” commessi dall’ufficiale di stato civile.

Come ci si è arrivati? Tutto comincia lo scorso gennaio, con l’ormai nota circolare Piantedosi. Con la quale il Viminale è intervenuto sulla questione alla luce della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del dicembre 2022 relativa (esclusivamente) al riconoscimento dei bambini nati tramite gestazione per altri. Diverso è il caso dei bimbi nati da due donne tramite fecondazione eterologa: sul punto la Cassazione ammette pacificamente la trascrizione degli atti formati all’estero, ma nega la possibilità di formare gli atti in Italia, come nel caso di Padova.

Il quadro si fa parecchio confuso. Alcuni prefetti interpretano la circolare in maniera estensiva, negando i riconoscimenti per tutte le ipotesi di filiazione. I Comuni vanno nel panico, e ne segue un braccio di ferro tra il governo e alcuni “sindaci ribelli”. Il clamore mediatico fa il resto. E alcune procure cominciano ad impugnare gli atti: quella di Milano solo quelli successivi alla circolare, quella di Padova tutti. Si arriva così alle prime udienze di oggi, che dovrebbero terminare entro Natale. Per allora il tribunale di Padova deciderà se dare la parola alla Consulta.