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Da una parte, la Prima commissione del Csm, competente fra l’altro sulle “pratiche a tutela” dei magistrati, è un perfetto esempio di pluralismo: ne fanno parte consiglieri di tutte e quattro le correnti rappresentate in plenum, e in più la componente laica vi esprime sia un consigliere indicato dall’attuale maggioranza parlamentare di centrodestra, il presidente Enrico Aimi di FI, sia un membro voluto dall’opposizione, nello specifico dai 5 Stelle, grazie ai quali è stato eletto il laico in questione, Michele Papa.
Insomma, l’organismo del Csm in cui ieri è stata votata a maggioranza l’apertura della pratica a tutela di Iolanda Apostolico è uno specchio fedele di tutte le “bandiere” dell’attuale consiliatura.
Dall’altra parte, la Prima commissione è quasi un’oasi di tranquillità rispetto al plenum e soprattutto rispetto alla litigiosissima Anm. Ed è solo con la necessaria distinzione fra l’organo istituzionale della magistratura, il Csm con le sue commissioni appunto, e il “sindacato” dei giudici, che si può comprendere il fatto politico più rilevante registrato ieri a Palazzo dei Marescialli: il voto favorevole all’apertura della pratica a tutela della giudice Apostolico espresso (anche) dal consigliere Eligio Paolini, che in Prima commissione rappresenta Magistratura indipendente, il gruppo dell’Anm accusato (dalle correnti “di sinistra”) di collaborazionismo filo governativo, Ecco, ieri non è che sia avvenuto chissà che, sul piano formale: si è deciso di aprire effettivamente la pratica pro- Apostolico. Poi, per completarla, ce ne vorrà: prima bisognerà trovare un testo che metta d’accordo tutti nella commissione, una delibera che vada bene anche al consigliere Paolini, per intenderci.
Poi quella stessa delibera dovrà affrontare la prova del plenum. Dove “Mi” è rappresentata, oltre che da Paolini, da altri 6 consiglieri. E dove se, per assurdo ( almeno allo stato attuale dei fatti), “Mi” non dicesse sì al documento pro Apostolico, vedrebbe sommati i propri voti a quelli dei 7 laici di centrodestra. Che sono 7 se vi si conteggia anche il vicepresidente Fabio Pinelli, il quale d’altronde non è tipo da dissimulare il proprio dissenso: ieri, tanto per dire, è stata uno dei tre soli consiglieri ad astenersi sul parere assai critico votato dal plenum sul decreto Caivano.
Basterebbe trovare un solo altro voto in plenum (quello del laico di Italia Viva Ernesto Carbone, per esempio), e il testo a sostegno della giudice di Catania non passerebbe, o ne uscirebbe comunque assai depotenziato.
È un quadro delicatissimo anche alla luce dell’altro segnale forte arrivato ieri dalla Prima commissione sull’apertura della pratica a tutela di Apostolico: l’astensione, l’unica ( tutti gli altri 5 componenti hanno votato a favore) del presidente della commissione Aimi, eletto al Csm, come detto, su indicazione di Forza Italia. Sembra la conferma di come i consiglieri di centrodestra restino convinti che non vi siano le condizioni per schierare Palazzo dei Marescialli a difesa di Apostolico.
La giudice del Tribunale di Catania, il 29 settembre e l’ 11 ottobre scorsi, aveva annullato, per otto migranti richiedenti asilo tunisini, il trattenimento nel Cpr di Pozzallo, inizialmente ordinato in base al decreto Cutro. Già dopo il primo provvedimento di mancata convalida firmato da Apostolico si scatenò un’offensiva mediatica durissima, orchestrata in particolare da Matteo Salvini e culminata con la pubblicazione via social del video che ritrae la magistrata in una manifestazione al porto di Catania il 25 agosto del 2018 per il caso Diciotti.
È rispetto a questo conflitto tra maggioranza di centrodestra e magistratura che va letto l’altro scontro, quello tra le correnti dell’Anm. Nello scorso fine settimana, com’è noto, il “sindacato” delle toghe ha approvato a propria volta un documento “politico” pro- Apostolico. Contro quel testo, si sono schierati gli 8 rappresentanti di “Mi” nel parlamentino Anm. Ne è seguito un velenoso scambio di comunicati fra la stessa “Mi” e Area. Col voto di ieri in Prima commissione, quella ferita sembrerebbe almeno in parte ricomposta. Ma come detto, siamo all’inizio: la relatrice della pratica, Mimma Miele, togata di Magistratura democratica, avrà la responsabilità di proporre agli altri consiglieri della “Prima” un testo che dovrà essere sì fermo sulla difesa dell’indipendenza dei magistrati ma inattaccabile sul piano dell’equilibrio.
Solo così, di qui a una decina di giorni, si potranno avere buone possibilità che Paolini, il togato di “Mi”, voti anche a favore del vero e proprio documento, e che poi in plenum tutti i rappresentanti della corrente moderata facciano lo stesso. In gioco c’è la compattezza dell’ordine giudiziario nel dire no ai dossieraggi contro le toghe sgradite alla politica, tanto per intenderci. Se questo risultato non arrivasse, i guai per la magistratura sarebbero assai più seri di una rissa tra gruppi rivali nel parlamentino dell’Anm.