Niente è cambiato? Così fa credere il gioco di prestigio della comunicazione politica. Ma il voto con cui ieri la Camera, e la maggioranza tutta, hanno recepito la direttiva Ue sulla presunzione d’innocenza nella legge di delegazione europea può essere sottovalutato solo per comodità. Dal punto di vista del Movimento 5 Stelle conviene non enfatizzare il cambio di passo garantista sulla giustizia. Ma in fondo persino chi come Forza Italia, Azione e Italia viva si batteva da mesi per l’accoglimento del testo comunitario, non è che avesse chissà quale convenienza, a spiegare davvero cosa potrebbe derivarne per il processo mediatico all’italiana. A strombazzare la realtà si correva il rischio di irrigidire oltremodo la posizione contraria dei pentastellati. Eppure basterà poco per verificare il peso del via libera compatto ( 427 favorevoli, Fratelli d’Italia compresa, un solo contrario e 11 astenuti) arrivato ieri a Montecitorio. Aderire alla direttiva europea 343 del 2016 rischia di avere conseguenze concrete notevolissime sul comportamento delle Procure. Il testo è fin troppo esplicito: all’articolo 4 comma 1 vincola gli «Stati membri» ad assicurare che «le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole».

ALTRO CHE PASSAGGIO SCONTATO E INNOCUO

Adesso, molti, nel Movimento 5 stelle, ripetono: la presunzione d’innocenza è già all’articolo 27 della Costituzione. Vero: eppure finora i pm non hanno mai avuto l’impressione di violare una legge dello Stato, quando hanno detto in conferenza stampa di aver «sgominato una cricca» o «scovato i colpevoli». D’ora in poi sarà diverso: una legge ordinaria li obbliga a cambiare linguaggio. A parlare di “presunti colpevoli” e di “ ipotesi di reato”. Altrimenti violano quella legge. Il che, per un magistrato e per un procedimento penale, può avere conseguenze imprevedibili.

Certo è che Marta Cartabia, con la soave fermezza di chi ha la Costituzione alle spalle, ha impresso alla maggioranza del governo Draghi una direzione completamente diversa da quella dei due esecutivi guidati da Conte. Tra chi tiene a farlo notare c’è il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia, secondo il quale «il metodo Cartabia funziona: coniuga dialogo e decisione politica. Il governo delle competenze», dice Sisto al Dubbio, dimostra di saper essere anche il governo dell’efficienza». Che il voto di ieri ( a cui dovrà seguire a breve un altro passaggio dell’intero ddl europeo a Palazzo Madama) non sia privo di senso politico lo ricorda pure un altro azzurro, Pierantonio Zanettin: «C’è stata una battaglia a tratti anche aspra in commissione Giustizia ma stavolta il parere di governo e relatore sul nostro emendamento è favorevole». E poi: «Vogliamo ringraziare la ministra, siamo dinanzi a una svolta, a quel famoso punto di discontinuità rispetto al giustizialismo manettaro che noi abbiamo contrastato in questi primi tre anni di legislatura». Zanettin rivendica per Forza Italia anche il merito di aver «sollevato per prima il problema del recepimento della direttiva europea con un emendamento» . Chi prova a leggere il caso in ottica più pacificatoria è il Pd, con i capigruppo nelle due commissioni coinvolte, Alfredo Bazoli alla Giustizia e Piero De Luca agli Esteri: «Un grande spirito unitario ha caratterizzato il confronto». Ma neppure nascondono il «passo avanti deciso verso l’affermazione di princìpi europei di civiltà e garanzia giuridica, di cui la presunzione di innocenza costituisce un cardine imprescindibile».

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LA LETTURA ALTERNATIVA DEL MOVIMENTO 5 STELLE

Sono i 5 stelle a offrire una lettura diversa. Lo fa innanzitutto la sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina: «Il recepimento secco della direttiva europea sulla presunzione d’innocenza nulla toglie e nulla aggiunge. È stato un passaggio scontato, che si limita a registrare la condivisione di un principio costituzionale già ben declinato nel nostro ordinamento». Macina esprime «soddisfazione per il risultato, reso possibile dal ritiro di quegli emendamenti estranei alla discussione che avrebbero rappresentato una spiacevole forzatura». Si riferisce soprattutto al capogruppo di Azione in commissione Giustizia Enrico Costa, che in alternativa al “recepimento secco” aveva proposto la declinazione puntuale delle implicazioni contenute nella direttiva, fino a una sanzione per le Procure non rispettose del principio. In casi estremi il procedimento sarebbe stato trasferito dinanzi a un Tribunale diverso. Va detto che ieri Fratelli d’Italia ha riesibito la tattica dell’opposizione ultragarantista già adottata con gli ordini del giorno sulla prescrizione: ha proposto in altri emendamenti le sanzioni per gli inquirenti che favoriscono fughe di notizie. Il no della maggioranza sembrerebbe avvalorare l’analisi pentastellata, anche quella di Mario Perantoni, che della commissione Giustizia è presidente: parla di «saggia mediazione» della guardasigilli che «ha riportato il tema entro i confini corretti, facendo sì che si eliminassero forzature o interpretazioni unilaterali». Con un’ulteriore nota, i componenti cinquestelle della commissione parlano di «recepimento senza forzature: abbiamo disinnescato tentativi di inserire, sotto le mentite spoglie della direttiva, norme che impedirebbero ai cittadini di avere una corretta informazione sulle inchieste in corso» . A meno che non si volesse intendere che sarebbe corretto dare per colpevole una persona solo indagata, si tratta, come si è visto, di un’interpretazione un po’ evasiva: i limiti ai pm scatteranno eccome, anche se Costa non è riuscito a inserirli in uno specifico richiamo.

COSTA PERFIDO: «ECCO COSA AVETE DAVVERO VOTATO...»

Non a caso proprio il deputato di Azione, festeggiatissimo dal suo leader Carlo Calenda, una volta incassato il via libera dell’Aula diffonde un comunicato della serie “mo’ vi spiego cosa avete votato, cari 5 stelle”: «L’approvazione unanime dell’emendamento di Azione e + Europa sulla presunzione d’innocenza è un grande risultato: uno stop forte e chiaro al processo mediatico, alle conferenze stampa dei pm, ai video degli atti di indagine, ai nomi con cui si battezzano le inchieste, alle intercettazioni spiattellate sui giornali».

Basterà poco per rendersi conto che così è. Certo, tutto lascia credere che i garantisti da prima linea come Zanettin, Costa e Lucia Annibali ci riproveranno di qui a qualche giorno, con gli emendamenti al ddl sul processo penale. C’è chi quasi lo confessa, come il deputato radicale di Più Europa Riccardo Magi: «Auspichiamo che il governo sappia cogliere questa occasione per rafforzare le norme a garanzia della presunzione di innocenza, che a parole viene riconosciuta e enunciata da tutti, ma nei fatti viene spesso travolta, e con essa la vita e la dignità di troppi cittadini». Più che il governo, finirà per agire la maggioranza. O meglio, una sua parte. Non sarà un tentativo indolore. Ma non importa se avrà successo. Perché solo una comprensibile ma impropria lettura minimalista può pretendere che il vento sulla giustizia non sia cambiato.