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I procuratori Melillo e Cantone
Prima la richiesta di essere auditi. Poi la scelta di declinare l’invito del Csm, che aveva fissato l’audizione per il 19 marzo. Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia, e Raffaele Cantone, procuratore di Perugia, hanno chiesto a Palazzo dei Marescialli di cancellare dall’agenda l’audizione precedentemente richiesta per parlare del presunto caso dossieraggi. La comunicazione è arrivata al Consiglio superiore il 15 marzo, ovvero il giorno l’invito a presentarsi nella sede dell’organo di autogoverno.
Melillo e Cantone, nella loro nota, hanno chiesto al Comitato di presidenza del Csm di «voler valutare l’opportunità di non dare corso alla richiesta audizione, essendo stati gli scriventi già auditi dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e dal Copasir». Così il “vertice” di Palazzo dei Marescialli Comitato ha deliberato il non luogo a procedere, dato il «venir meno» dell’interesse da parte delle due toghe e non ravvisando, dunque, profili di competenza consiliare. Negli ambienti antimafia, c’è chi definisce la scelta di Melillo e Cantone uno «schiaffo durissimo».
O forse lo schiaffo durissimo è stato quello di Sergio Sottani, procuratore generale di Perugia, che nelle scorse settimane aveva diffuso una nota definendo «inusuale l’iniziativa dei due colleghi» di farsi ascoltare dalla politica per parlare di un’inchiesta in corso, ribadendo, poi, il dovere di un «corretto bilanciamento tra il doveroso diritto dell’opinione pubblica a essere informata nella fase delle indagini e il rispetto della presunzione d’innocenza».
Difficile dunque non interpretare la rinuncia come un gesto di cautela – e forse anche distensivo – per evitare ulteriori polemiche, dopo una clamorosa fuga di notizie su un’inchiesta a dir poco delicata. Ma è vero anche che tra i componenti del Comitato di presidenza del Csm siede il pg di Cassazione, titolare dell’azione disciplinare nei confronti di tutti i magistrati e implicitamente chiamato in causa dai rilievi di Sottani. Ancora: stando ai rumors, la scelta di tenere il Csm come ultimo tra gli organi davanti ai quali presentarsi aveva provocato più di un brontolio a piazza Indipendenza, che nessuno, però, è stato disposto ad ammettere.
D’altra parte, molti erano rimasti perplessi per la scelta di chiedere l’audizione al Comitato di presidenza, al quale quasi tutti gli altri consiglieri – al 14 marzo le richieste erano 17 – hanno chiesto di poter partecipare, di fatto trasformando l’abortita audizione in un mini- plenum. Impossibile secretare l’incontro, a quel punto, dato l’obbligo dello stesso Comitato di riferire alle Commissioni competenti (altra questione sollevata: quale sarebbe la Commissione competente?). Un cortocircuito da cui è stato possibile uscire, dunque, solo con il passo indietro.