Sì ad una nuova perizia per Alessia Pifferi, la donna condannata all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di soli 18 mesi, che oggi non si è presentata in udienza dopo essere stata aggredita in carcere a Vigevano con un pugno in faccia da un’altra detenuta. La notizia è stata diffusa dall’avvocato Alessia Pontenani. «Alessia ha quattro punti in volto - ha dichiarato la legale -, è stata portata al pronto soccorso di Vigevano».

Non si tratta della prima aggressione per Pifferi, che in aula ha già denunciato di essere stata insultata e minacciata dalle altre detenute, che l’avrebbero anche picchiata, chiamandola “mostro” e augurandole la morte. Pontenani ha inoltre annunciato l’interruzione di ogni contatto con la sua assistita fino al termine delle nuove operazioni peritali disposte su sua richiesta dalla Corte d’Appello di Milano, che ha incaricato una squadra di esperti di accertare l’effettiva capacità cognitiva della donna.

«Io ho già detto ad Alessia che non ci sentiremo né vedremo più fino alla fine delle operazioni peritali visto tutto quello che sta succedendo. Io non ho più nessuna intenzione di andare a Vigevano di parlarle per evitare che qualcuno dica che io possa in qualche modo influenzare i test». Una precauzione che Pontenani ha deciso di adottare dopo essere finita sotto indagine per avere, secondo l’accusa, architettato un «piano» per aiutare Pifferi a sviare indagini e processo», dimostrando di essere «affetta da un ritardo mentale grave» per evitare almeno l’ergastolo, piano che avrebbe orchestrato insieme alle psicologhe del carcere - che avrebbero alterato il testo di Wais - e al proprio consulente Marco Garbarini.

Almeno secondo il pm Francesco De Tommasi, che ha sostenuto anche l’accusa contro Pifferi in primo grado. De Tommasi, lo scorso 15 febbraio, ha depositato nel fascicolo del processo di primo grado gli atti dell’inchiesta parallela, che ipotizza reati di favoreggiamento, false attestazioni all’autorità giudiziaria e concorso in falsa testimonianza, deposito del quale la Corte e la Procura generale non erano a conoscenza. Il difensore di parte civile Emanuele De Mitri - che assiste la madre e la sorella di Pifferi - ha chiesto di acquisire la documentazione relativa alla somministrazione del test di Wais.

«La detenuta non aveva mai avuto disturbi psichici -ha dichiarato - e questo test Wais è risultato non conforme, la stessa relazione clinica finale dello stesso è stata redatta da chi non aveva mai nemmeno visto di persona l’imputata». De Mitri ha quindi chiesto che «i nuovi periti conoscano tutto quello che è accaduto riguardo al test di Wais e questo è possibile solo acquisendo quegli atti depositati da De Tommasi». Richiesta alla quale si è opposta non solo Pontenani, ma anche il sostituto pg Lucilla Tontodonati: «Teniamo fuori da quest’aula tutti gli elementi che non riguardano questo procedimento, compreso il clamore mediatico non giustificato tra l’altro da un fatto di diffuso interesse sociale. Tutti atti che sono antecedenti alla sentenza di primo grado - ha dichiarato -. Ritengo inammissibile e tardiva questa richiesta, prodotta attraverso il deposito di atti in maniera anomala da chi, a mio parere, non ha titoli per interagire in questo nuovo grado di processo». Posizione che ha convinto la Corte d’Appello, che ha respinto la richiesta per «irritualità, irrilevanza e non decisività» della stessa, spiegando che si tratta di «fonti di prove già note alla pubblica accusa di primo grado eppure mai versate in atti, mai sottoposte al vaglio del primo giudice».

Per la nuova perizia, la Corte ha nominato lo psichiatra bresciano Giacomo Francesco Filippini, la professoressa di neuropsicologia e scienze cognitive dell’Università Bicocca Nadia Bolognini, e lo specialista in neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza Stefano Benzoni. I periti dovranno accertare se Pifferi «sia affetta da patologie psichiatriche» e «alterazioni clinicamente significative della sfera cognitiva» tali da avere «interferito sulla capacità di intendere e di volere escludendola del tutto o scemandola gravemente» al momento dei fatti e nelle due occasioni precedenti in cui la bimba è stata abbandonata in casa sopravvivendo (dal 2 al 4 luglio e dall’8 all’11 luglio dello stesso anno).

La perizia inizierà il prossimo 26 marzo nel carcere di Vigevano: gli psichiatri avranno 90 giorni di tempo per completare gli esami. Stando al quesito elaborato dal collegio presieduto dalla giudice Ivano Caputo, i periti potranno sottoporre Pifferi a colloqui e test e utilizzare tutta la «documentazione sanitaria e medica» sulla «condizione psichica» della donna, incluse le carte delle Unità operativa di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza che l’hanno avuta in carico, le trascrizioni o video registrazioni dei colloqui effettuati dal perito di primo grado, Elvezio Pirfo, o dal consulente della difesa Garbarini, i diari clinici penitenziari dal giorno del fermo (20 luglio 2022), le cartelle cliniche post parto e del successivo ricovero nel reparto di ginecologia all’ospedale San Gerardo di Monza.

«Con la nuova perizia finalmente sapremo se Pifferi è un’intelligente simulatrice o una persona con difficoltà - ha commentato Pontenani -. Vedremo se ha effettivamente un disturbo cognitivo e quindi questo è il motivo per cui poi ha fatto quello che ha fatto provocando la morte della figlia oppure se è una lucida e spietata assassina». A commentare la nuova perizia anche la sorella di Alessia Pifferi, Viviana. «Vivo il processo come un incubo da cui non ti svegli, sta diventando veramente un inferno ma veramente un inferno - ha dichiarato -. Io penso sempre che sia lucida. È una persona capace, questo lo dirò fino a prova contraria». Il processo riprenderà il prossimo 2 luglio per l’esame dei periti.