Si è scatenata una curiosa tempesta mediatico-giudiziaria attorno a un tema un po’ laterale ma certamente non trascurabile: nel pieno del primo, decisivo passaggio sulla separazione delle carriere, una parte della magistratura ha innescato un allarme sui presunti ( e almeno in parte inesistenti) balbettii di “App”, la piattaforma per il deposito digitale degli atti nei procedimenti penali, che da Capodanno è strumento obbligatorio per un nuovo ulteriore slot di documenti.

I presunti disservizi hanno portato alcuni presidenti di Tribunale e procuratori della Repubblica ad avvalersi della “clausola di salvaguardia” introdotta dalla riforma Cartabia col nuovo articolo 175 bis del codice di rito: se il sistema informatico va in tilt, si provvede a ripristinare, per gli atti sottoposti all’obbligo di deposito digitale, l’alternativa analogica: la pec o, addirittura, il cartaceo.

In particolare si sono mossi subito, come riferito martedì sul Dubbio, Bari, Foggia e Rieti. Ma le onde telluriche hanno continuato a riverberarsi in tutta la geografia giudiziaria nazionale, a un certo punto con sfumature un po’ ambivalenti, segnalate ieri mattina da una spietata nota dall’Unione Camere penali: «Si apprende della pubblicazione, da parte di numerosi uffici giudiziari, di decreti aventi a oggetto la “sospensione temporanea dell’utilizzo dell’applicativo App”», provvedimenti che però «decretano la sospensione unilaterale (vale, solo per i cosiddetti “abilitati interni”, magistrati e cancellieri e non certamente gli avvocati).

La ragione di tali provvedimenti parrebbe risiedere non in un malfunzionamento “accertato ed attestato dal dirigente dell’ufficio giudiziario” ma, piuttosto, nella necessità di garantire “un adeguato periodo di sperimentazione delle funzionalità introdotte recentemente”. Si tratta», chiariscono brutalmente i penalisti, «all’evidenza, di decreti che esorbitano dal dato normativo ma che, allo stesso tempo, confermano quanto da tempo Ucpi va ripetendo: i soggetti “abilitati interni” non hanno svolto “quella necessaria attività didattica indispensabile ad assicurare che i diritti dei soggetti coinvolti in un procedimento penale possano essere esercitati con effettività, senza intralci tecnici o umani che pongano a rischio le attività difensive”».

Poi l’associazione presieduta da Francesco Petrelli se la prende pure un po’ con via Arenula, che avrebbe imposto il nuovo switch «con tempi e modi insensibili alle criticità segnalate e senza adeguata interlocuzione con gli utenti “abilitati interni ed esterni». Ma resta il nodo della “impreparazione digitale” che non può giustificare, per l’Ucpi, quei provvedimenti oltretutto «unilaterali».

Ne aveva parlato, con toni comunque collaborativi, anche la Capo di Gabinetto di via Arenula Giusi Bartolozzi, che martedì sera aveva inviato una lettera ai presidenti di tutti i Tribunali italiani per ricordare la nota della direzione “informatica” del ministero, risalente addirittura al 12 settembre, con cui i Capi degli uffici «sono stati invitati a trasmettere l’elenco del personale interessato a ottenere il dispositivo di c. d. firma digitale, previa compilazione dell’allegato modello. xls entro il 27 settembre 2024».

Seguono altri pro memoria sui successivi inviti a comunicare se vi fossero ancora giudici e pm “non loggati”, cioè non dotati dello “spid giudiziario”. Bartolozzi segnala anche che «per procedere alla profilazione degli utenti è necessario che siano gli uffici giudiziari ad avvalersi del portale di assistenza», e rammenta l’indirizzo web. Dopodiché via Arenula, «nell’ottica della leale collaborazione istituzionale», chiede di «assicurare il tempestivo adempimento degli incombenti connessi alla profilatura degli utenti e al rilascio della firma digitale, trattandosi di operazioni indispensabili per l’avvio ordinato del Ppt e, di riflesso, per il perseguimento del comune obiettivo di offrire un servizio giustizia di qualità alla generalità dei cittadini».

Non è bastato a evitare dopo poche ore uno stop al digitale anche nella Procura di Roma, a cui ha fatto seguito l’allarme dell’Ordine forense della Capitale. Ma forse provvedere semplicemente ad “abilitarsi” aiuterà i magistrati a non tornare alla vecchia “carta”. Anche il guardasigilli Carlo Nordio, dopo l’incontro con la premier Giorgia Meloni di ieri, ha ricordato che digitalizzare, e digitalizzarsi, è indispensabile. Vedremo se basterà.