«Un dipendente è stato licenziato perché sorpreso da un investigatore privato incaricato dal suo datore di lavoro «costantemente in luoghi pubblici e per tempi irragionevoli a degustare consumazioni e chiacchierare con i colleghi». Il virgolettato è della Corte di Cassazione che, il 24 ottobre scorso, ha confermato la sentenza di appello respingendo il ricorso del lavoratore che aveva contestato l'utilizzabilità degli accertamenti investigativi per una presunta carenza formale nell'autorizzazione alle 'indagini' affidate al detective.

Insieme a due colleghi, l'uomo si recava al bar in orario di lavoro, ovviamente non autorizzato, concedendosi pause anche di quasi un'ora. La Corte ha sottolineato che è da «escludere che la determinazione del tempo e della durata della pausa di riposo, da non confondere coi momenti di soddisfazione delle necessità fisiologiche, sia rimessa all'arbitrio del lavoratore».

Il massimo provvedimento sanzionatorio è stato ritenuto congruo anche perché il dipendente aveva importanti compiti dirigenziali e di coordinamento e tenendo conto che la percezione del cittadino nel vederlo «costantemente in luoghi pubblici e per tempi irragionevoli a degustare consumazioni e chiacchierare con i colleghi» nuoce «al decoro aziendale e all'immagine che si crea nella cittadinanza».