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Gli atti di nascita dei bambini con due mamme non si toccano, almeno per ora. Il maxiprocesso civile di Padova si chiude con una prima vittoria per le famiglie composte da coppie omogenitoriali: il tribunale ha dichiarato inammissibili gli oltre trenta ricorsi presentati dalla procura, che chiedeva la rettifica degli atti di nascita già registrati rimuovendo il riconoscimento della cosiddetta madre “intenzionale”, cioè colei che non ha partorito il figlio.
Lo scorso novembre, dopo un cambio di guardia al vertice, la procura aveva in parte cambiato posizione, aderendo alla richiesta della difesa di rimettere gli atti alla Corte Costituzionale. Che, in un senso o nell’altro, avrebbe potuto mettere un punto alla questione già sollevata nella sentenza 32 del 2021, con la quale la Consulta aveva sollecitato il legislatore a colmare il “vuoto di tutela” in materia.
In generale, quando si parla di due mamme, il nodo riguarda il riconoscimento del genitore che abbia condiviso un percorso di fecondazione medicalmente assistita con il partner che porta avanti la gravidanza: se il riconoscimento non avviene automaticamente, la madre “intenzionale” può richiedere l’adozione in casi particolari. Con tempi lunghi e incerti, rispetto al verdetto del giudice, e con la possibilità che il genitore biologico revochi il proprio consenso.
Nei casi in esame a Padova la situazione è analoga ma si è risolta in maniera puramente “tecnica”. Aderendo alla tesi della difesa, il giudice ha infatti ritenuto non applicabile la procedura utilizzata dall’allora pm per impugnare gli atti: per contestare l’iscrizione dell’ufficiale di stato civile la procura avrebbe dovuto agire con un’azione “di stato”, invece che con un’azione di “rettificazione”, dal momento che lo status di figlio di questi bambini era già acquisito, e da anni, in alcuni casi.
Dunque il tribunale ha riconosciuto la necessità di utilizzare una procedura «ben più ricca di garanzie sostanziali e processuali», come sottolinea la Rete Lenford - Avvocatura per i diritti Lgbti, che assiste diverse famiglie omogenitoriali pro bono e ha avviato contestualmente una campagna per rimettere la parola alla Consulta. Ma se per il sindaco di Padova Sergio Giordani, che dal 2017 aveva intrapreso la strada delle registrazioni, la decisione di oggi segna una vittoria a favore «dell’amore e l’interesse primario delle piccole e dei piccoli», gli avvocati restano cauti.
Se è improbabile che la procura, dopo il cambio di rotta, decida di presentare ricorso, la decisione del tribunale potrebbe invece essere impugnata dall’Avvocatura distrettuale, che in questo caso rappresenta anche il sindaco di Padova, in quanto espressione del ministero dell’Interno. Il tribunale sul punto ha risolto il “paradosso” riconoscendo la legittimità del primo cittadino a difendere il proprio operato rivendicando la facoltà del Comune di avvalersi dell’Avvocatura Civica, contro le stesse conclusioni del Viminale.
Se i casi finiranno in Corte d’appello a Venezia, la Rete Lenford è pronta a sollevare nuovamente la questione di legittimità costituzionale, come spiega l’avvocato Stefano Chinotti. Il quale sottolinea come le conclusioni di Padova siano le stesse del tribunale Milano, “smentito” a sua volta dalla Corte d’appello che ha invece ritenuto illegittimi gli atti con due mamme, così come del resto ha stabilito successivamente la sentenza della Cassazione n. 4448 del febbraio 2024.
«Ancora una volta, la tutela delle bambine e dei bambini di famiglie omogenitoriali passa per un Tribunale, che conferma l’operato di un sindaco coraggioso e capace di ascoltare la loro domanda di riconoscimento e giustizia», commenta in una nota la segretaria del Pd, Elly Schlein, ricordando le proposte di legge sul tema presentate dalle opposizioni. Mentre per il Sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari «non ci sono vittorie da festeggiare né sconfitte di cui rammaricarsi. La questione resta aperta e andrà definita con gli atti necessari».
In assenza di una norma che regoli i riconoscimenti di questi bimbi, la questione resta infatti in balia dei sindaci e dei tribunali, con orientamenti diversi e decisioni a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Soprattutto dopo l’ormai nota circolare del Viminale, che nel gennaio 2023 aveva imposto lo stop ai riconoscimenti sulla base della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del dicembre 2022, relativa (esclusivamente) al riconoscimento dei bambini nati tramite gestazione per altri. Diverso è il caso dei bimbi nati da due donne tramite fecondazione eterologa: sul punto la Cassazione ammette pacificamente la trascrizione degli atti formati all’estero, ma nega la possibilità di formare gli atti in Italia. Proprio come nei casi di Padova, dove la procura (diversamente da altre) aveva deciso di impugnare tutti gli atti formati dal 2017. Salvo poi cambiare idea.