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Matteo Salvini ha trovato il primo avversario del 2019. Il guanto di sfida al ministro dell’Interno, proprio sul ddl Sicurezza che è stato il suo decreto- bandiera, arriva da Palazzo delle Aquile: il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha impartito «disposizione di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica».
In sostanza, Orlando punta a congelare gli effetti del decreto nella parte che riguarda i migranti e, per farlo, ha inviato una circolare al servizio anagrafe per «approfondire tutti i profili giuridici anagrafici» che derivano dall’applicazione delle norme. E, in attesa dell’approfondimento, a Palermo si applicheranno le precedenti regole per quanto riguarda la possibilità di iscriversi all’anagrafe e, quindi, di accedere a una serie di servizi sociali.
Immediata è arrivata, via social, la replica di Salvini: «Con tutti i problemi che ci sono a Palermo, il sindaco sinistro pensa a fare “disobbedienza” sugli immigrati». La battuta è pane per i denti del sindaco, che replica immediatamente: «Il nostro non è un atto di disobbedienza civile nè di obiezione di coscienza, ma la semplice applicazione dei diritti costituzionali. Smettiamola di dire che chi applica i diritti umani è eversivo», aggiungendo però di non aver intenzione di dibattere ulteriormente con il ministro dell’Interno: «Giochiamo due partite diverse su due campi diversi, lui gioca a cricket e io a volley. Non ho nessun motivo di replicare» . Schermaglie a parte, la tesi di Orlando è tutta politica: «Il governo ha buttato la maschera. Siamo davanti a una palese violazione dei diritti umani e a un provvedimento disumano e criminogeno, che, eliminando la protezione umanitaria, trasforma i legali in illegali. Ci sono migliaia, centinaia di migliaia di persone che oggi risiedono legalmente in Italia, pagano le tasse, versano contributi all’Inps e fra qualche settimana o mese saranno senza documenti. Questo significa incentivare la criminalità, non combatterla o prevenirla». Parole durissime contro il governo: la breccia aperta dal sindaco di Palermo mette in moto anche le altre città italiane. Il primo a prendere posizione in favore di Orlando è il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che ha rivendicato di aver da subito «schierato la mia città dalla parte dei diritti. Noi applichiamo le leggi ordinarie solo se rispettano la Costituzione repubblicana. Ci muoviamo in questa direzione anche per il sistema Sprar». Lo stesso ribadisce anche il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, che ha commentato: «Bisogna disobbedire perché è un decreto contro i diritti umani e la dignità degli esseri umani. Non è una novità: io l’ho già fatto e mi trovo in queste condizioni». Anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella, sposa la linea di Orlando: «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade». Dal Lazio, anche il presidente della regione, Nicola Zingaretti, sposa la battaglia del fondatore della Rete: «Mi sento vicino al sindaco Orlando, al suo impegno contro l’odio e capisco la sua fatica per porre rimedio a norme confuse scritte solo per l’ossessione di fare propaganda e che spesso producono caos, più diffidenza e insicurezza per tutti. Tutto sulle spalle dei territori e degli amministratori locali». Preoccupazioni, queste, condivise anche dall’ex grillino sindaco di Parma, Federico Pizzarotti: «Da subito abbiamo segnalato che questo decreto, per come è scritto, crea solo problemi, difficoltà nell'avere documenti e quindi nell'inserirsi in un percorso regolare, anche per avere un lavoro. Cercheremo di capire come si muovono gli altri Comuni, certo non basta una lettera di un sindaco per modificare il funzionamento dell'anagrafe».
E proprio questa sembra essere la prospettiva dell’iniziativa del sindaco di Palermo che, pur ribadendo di «non voler essere un modello», ha annunciato che invierà «una copia del testo all’Anci nazionale e ai sindaci più interessati dalla vicenda dell’immigrazione». Così, il primo intoppo al “governo del cambiamento” potrebbe arrivare dalla mobilitazione dei comuni.