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Riportiamo di seguito l’intervento della presidente del Cnf Maria Masi alla cerimonia di presentazione della Relazione sull’attività della Giustizia amministrativa.
Non posso esimermi, nel cominciare questo breve mio intervento, dal ricordare la figura del compianto Presidente Franco Frattini. In tanti hanno già richiamato la straordinaria professionalità e lo spirito di servizio con cui Franco Frattini ha sempre interpretato i ruoli istituzionali ricoperti.
Mi piace evidenziare lo stile di “governo dell’udienza” che i colleghi amministrativisti hanno potuto apprezzare: in particolare, una capacità di ascolto e un rispetto per la discussione degli avvocati che andavano ben oltre il formalismo e accedevano piuttosto alla consapevolezza del ruolo insostituibile della difesa per l’affermazione delle ragioni della giustizia sostanziale, e per la ricerca della verità processuale. Siamo sicuri che la stessa capacità di ascolto caratterizzerà il mandato del Presidente Luigi Maruotti, cui rivolgo – in occasione del suo insediamento – i migliori auguri di buon lavoro, a nome del Consiglio nazionale forense ma anche mio personale.
La Giustizia amministrativa ha già dimostrato la propria “resilienza”, nelle fasi peggiori della crisi pandemica, non facendo mancare al Paese la sua delicata funzione di controllo dell’operato dell’amministrazione e di tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini.
In questo contesto proseguirà dunque, il grande impegno della Giustizia amministrativa che deve contribuire, insieme a tutte le altre Istituzioni della Repubblica, a rendere possibile l’attuazione del PNRR.
In questa azione l’Avvocatura non manca e non mancherà di dare il proprio contributo ma ha anche il dovere di manifestare preoccupazione per gli annunciati provvedimenti d’urgenza che a cominciare dall’accentramento di competenza funzionale incideranno in maniera non trascurabile sulle funzioni della magistratura e dell’avvocatura in nome dell’economia.
Sotto il profilo degli strumenti concreti di realizzazione, dello smaltimento dell’arretrato, segnaliamo la delicatezza delle ordinanze con cui il Giudice amministrativo, molto prima dell’avvicinarsi del termine di perenzione, “interroga” le parti, circa la permanenza dell’interesse alla definizione nel merito del giudizio. A questo proposito, è opportuno sottolineare come il pieno rispetto del diritto costituzionale alla tutela giudiziale, imponga una interpretazione e soprattutto un’applicazione corretta di questi strumenti, affinché non si traducano in una prassi troppo onerosa per il difensore, o addirittura in una sorta di probatio diabolica. Diversamente, si rischierebbe di curvare le finalità complessive di questa metodologia in una sorta di pericolosa “tagliola”, in danno alla domanda di giustizia di cittadini ed imprese.
Al contrario, auspichiamo che le dichiarazioni di interesse che gli avvocati producono possano anche costituire, ove adeguatamente motivate, occasioni per promuovere l’accelerazione del giudizio, specie quando fatti nuovi, rilevanti per la causa, rendano più impellente il “bisogno” di risoluzione della controversia.
Il dialogico rapporto tra magistratura e avvocatura deve però continuare e svolgersi sia in udienza sia per ciò che concerne l’organizzazione concreta della giurisdizione, e la sua corretta programmazione, anche nella gestione operativa.
Prassi virtuose di consultazione informale tra i vertici degli uffici giudiziari e le rappresentanze istituzionali dell’avvocatura si sono andate affermando in via di fatto in diversi fori, ma ancora manca una cornice giuridica adeguata.
Organi analoghi, ai Consigli Giudiziari, ad esempio, dovrebbero essere costituiti presso ogni Tribunale amministrativo regionale e informata ai medesimi principi di lealtà e collaborazione, potrebbe essere prevista la partecipazione dell’Avvocatura, presso l’unico organo oggi dotato di competenze nella materia gestionale, il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa (CPGA).
Cogliamo, dunque, questa importante occasione per condividere questa proposta, fatta propria da tutta l’Avvocatura nell’ultimo Congresso nazionale, confidando nel fatto che possa essere recepita e considerata come una concreta disponibilità a realizzare, con più efficienza, quella leale collaborazione tra le parti del processo amministrativo che sappiamo stare a cuore anche ai magistrati amministrativi.
Infine, ci duole sottolineare, ancora una volta, l’eccessiva onerosità dell’accesso alla giustizia amministrativa per molte, troppe tipologie di giudizio. Il problema si presenta particolarmente grave nei giudizi in materia di contratti pubblici (art. 119, comma 1, lett. a, cpa) ed in quelli aventi ad oggetto l’impugnazione di provvedimenti di autorità indipendenti (art. 119, comma 1, lett. b, cpa).
Contributi unificati altissimi, sganciati, peraltro, da ogni collegamento con il valore della causa, implementano il rischio di un negato accesso alla giustizia per cittadini e imprese di piccole o anche medie dimensioni. Del tutto irrazionale, appare poi, la misura elevata del contributo unificato, prevista per i riti abbreviati e per i giudizi relativi all’accesso al pubblico impiego, specie se per questi ultimi, si considera che le analoghe controversie devolute al Giudice del lavoro scontano regimi notevolmente più favorevoli. Occorre al riguardo ribadire che il contributo unificato non può essere utilizzato per finalità deflattive del contenzioso, bensì deve essere riportato alle sue connotazioni originarie di imposizione fiscale, finalizzata a contribuire e a sostenere in parte – e non in toto – i costi complessivi della giustizia, senza pretendere che alimenti sé stessa, in una pericolosa ed errata deriva mercatista.
Con questa consapevolezza, e con la certezza che l’Avvocatura anche quest’anno saprà contribuire con responsabilità al corretto svolgimento della giurisdizione amministrativa, rinnovo gli auguri di un anno giudiziario proficuo ed operoso.