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Processo a Filippo Turetta per l'omicidio di Giulia Cecchettin. Nella foto l'avvocato Giovanni Caruso
La difesa di Filippo Turetta, accusato dell’omicidio volontario aggravato di Giulia Cecchettin, ha preso la parola durante l’udienza davanti alla corte d’Assise di Venezia. L’imputato è sotto processo per sequestro di persona e occultamento di cadavere. I suoi legali, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, hanno contestato la ricostruzione del pubblico ministero Andrea Petroni, che ha richiesto la condanna all’ergastolo.
L’argomentazione della difesa
Giovanni Caruso ha aperto il suo intervento dichiarando la difficoltà del compito: «Difendo un imputato reo confesso di un omicidio efferato. Non è facile difendere chi ha tolto una vita e ha distrutto i sogni e i legami di una giovane donna». Il legale ha definito l’ergastolo una «pena inumana e degradante» che riflette una concezione punitiva e non rieducativa.
Caruso ha insistito sull’importanza del principio di legalità, affermando che la corte non deve emettere una «sentenza giusta» basata su emozioni o pregiudizi, ma una sentenza conforme alla legge. Ha paragonato il proprio ruolo a quello di un colibrì che cerca di spegnere un incendio con una goccia d’acqua, mentre i giudici, definiti «leoni», hanno il compito di preservare la foresta della legalità.
Premeditazione contestata
Uno dei punti centrali dell’arringa ha riguardato la premeditazione. La difesa ha rigettato l’ipotesi avanzata dal pm, sottolineando che gli elementi presentati non dimostrano un’intenzione lucida e costante di commettere il delitto. Caruso ha citato una lista trovata nel cellulare dell’imputato il 7 novembre 2023, contenente azioni come «calzino umido in bocca» e «bloccare le portiere». Secondo il legale, questa lista dimostra confusione più che premeditazione: «Non è un caso di scuola. La premeditazione richiede persistenza monolitica, non intermittenze emotive».
Caruso ha anche letto estratti del memoriale di Turetta, in cui l’imputato scriveva: «Pensavo a un eventuale momento futuro. Non c’era un’intenzione stabile».
Il ruolo della società e della pena
La difesa ha inoltre evidenziato che Turetta è consapevole del tempo che dovrà trascorrere in carcere. «La società oggi non è pronta ad accoglierlo, e lui lo sa», ha detto Caruso, aggiungendo che la pena deve riflettere il tempo necessario per rieducare, non per vendicare.
L’avvocato ha respinto le accuse di crudeltà, descrivendo il delitto come un atto compiuto in uno stato di alterazione emotiva: «Turetta ha agito in preda all’emotività, con coltellate date alla cieca. Non si può parlare di crudeltà premeditata».